Medicina, perché i tre premi Nobel
I vincitori del Nobel per la Medicina 2019 sono William G. Kaelin Jr, Sir Peter J. Ratcliffe e Gregg L. Semenza. I tre scienziati hanno studiato a lungo le reazioni delle cellule in presenza di cambiamenti dei livelli di ossigeno. Ma perché sono così importanti le loro ricerche sul “respiro della cellula”? Ce lo spiegano i professori Andrea Urbani, direttore Area Diagnostica di Laboratorio del Policlinico Gemelli e direttore dell’Istituto di Biochimica e Biochimica Clinica dell’Università Cattolica, Maurizio Genuardi, direttore dell’UOC di Genetica Medica del Policlinico Gemelli e docente di Genetica Medica alla facoltà di Medicina e Chirurgia della Cattolica, e Ornella Parolini, docente di Biologia Applicata alla facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica.
Il commento del professor Andrea Urbani
L’ossigeno è una molecola centrale per garantire la produzione di energia chimica all’interno delle nostre cellule. La maggioranza degli organismi viventi trasforma l’ossigeno molecolare in acqua all’interno dei mitocondri associando questa reazione chimica alla produzione di ATP. Nel corso dell’ultimo secolo lo studio dei meccanismi molecolari che sottendono al controllo dell’ossigeno nel nostro organismo ha portato ad importanti scoperte. A partire dal premio Nobel ad Otto Warburg per la Medicina e Fisiologia del 1931 al riconoscimento odierno a William G. Kaelin Jr., Sir Peter J. Ratcliffe e Gregg L. Semenza si sono avvicendate una serie di fondamentali ricerche con grande impatto in molte patologie quali il cancro, l’ictus e l’infarto del miocardio tra le più comuni. La definizione del meccanismo molecolare operato da alcune proteine chiave quali HIF-1alpha , VHL, ARNT ed EPO è stato il lavoro centrale di questi ricercatori che hanno potuto dimostrare come la fine rete di interazioni molecolari tra proteine e proteine-DNA possa operare un controllo metabolico centrale per la vita di una cellula. Di particolare pregio l’impiego di tecnologie di proteomica, ai loro arbori nel 2001, nella definizione della codifica di informazione chimica alla base del meccanismo di segnalazione basato sulla idrossilazione dell’aminoacido prolina della proteina HIF-1alpha (Science 20 Apr 2001: Vol. 292, Issue 5516, pp. 468-472 DOI: 10.1126/science.1059796).
Il commento del professor Maurizio Genuardi
I tre vincitori del Premio Nobel per la Medicina nell’anno 2019 hanno fornito contributi fondamentali per l’individuazione di un importante e complesso meccanismo cellulare di rilevazione della concentrazione di ossigeno. Al fine di poter disporre di un’adeguata quantità di ossigeno, elemento necessario per la vita dell’individuo e delle singole cellule che lo compongono, è attiva una sorta di sensore cellulare, chiamato HIF1A (da Hypoxia Inducible Factor 1 alfa), che segnala la riduzione della tensione di ossigeno. Quando HIF rileva la situazione di potenziale pericolo, viene attivata una catena di reazioni biochimiche che porta all’attivazione di una serie di processi finalizzati a riportarla nella norma, come l’angiogenesi, la dilatazione dei vasi e la secrezione di eritropoietina. Quest’ultima stimola la produzione di globuli rossi, aumentando così la capacità di trasporto dell’ossigeno ai tessuti. Questo meccanismo, che è regolato in maniera molto fine da una serie di sostanze attivatrici e inibitorie, è responsabile della eritrocitosi (aumento dei globuli rossi) compensatoria che si osserva in persone che vivono in montagna ad alta quota. Alterazioni di specifiche componenti di questo processo sono coinvolte in alcune rare patologie genetiche (la sindrome di von Hippel-Lindau, policitemia di Chuvash), così come nello sviluppo e nella progressione di diversi tipi di tumori. L’importanza di queste scoperte è quindi da un lato connessa alla comprensione di importanti processi fisiopatologici cellulari e dall’altro alla prospettiva di sviluppare nuove strategie terapeutiche personalizzate in grado di agire su questa via di segnalazione intracellulare.
Il commento della professoressa Ornella Parolini
Il Nobel per la medicina e la fisiologia 2019 va al trio di scienziati William G. Kaelin Jr, Sir Peter J. Ratcliffe e Gregg L. Semenza, che hanno avviato, ormai oltre 30 anni fa, ricerche pioneristiche sui meccanismi cellulari e molecolari che consentono alle cellule di percepire ed adattarsi alle variazioni dei livelli di ossigeno. In particolare, i tre scienziati hanno orignariamente scoperto il ruolo del gene HIF-1 (hipoxia-inducible factor -1), attivato in condizioni di ipossia, e dell’eritropoietina, stimolata da HIF-1 ed a sua volta in grado di stimolare la produzione di globuli rossi nel midollo e regolare il trasporto di ossigeno nel sangue. Una volta attivato, HIF-1 attiva una cascata di segnale che culmina nel legame al DNA nel nucleo della cellula per attivare altri geni. I loro studi hanno di seguito consentito di identificare proprietà fondamentali che consentono alle cellule di rimanere in vita ed in buona salute, adattandosi a variazioni nell’ambiente tissutale che le circonda. Oltre ad aver aperto la strada alla comprensione dei meccanismi alla base di numerose malattie, compresi i tumori, le ricerche di questo virtuoso trio confermano la centralità della cellula, con le sue proprietà di adattamento, nella vita dell’intero organismo umano, in quanto unità funzionale per qualsiasi organo e funzione biologica. Ci piace quindi sottolineare la lieta concomitanza dell’assegnazione di questo premio Nobel 2019 per la Medicina e l’inizio del corso di laurea in Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore per l’anno accademico 2019-20, che si inaugura con la prima lezione di Biologia Cellulare (tenuta dalla Prof Parolini), come base della comprensione delle scienze mediche.