La gioia di un figlio dopo il trapianto di rene
Un convegno internazionale organizzato al Policlinico Gemelli fa il punto sull’argomento ‘trapianto di rene e gravidanza’. Anche se la maggior parte dei trapiantati ha più di 50 anni, alcune giovani donne possono andare incontro al trapianto per una malformazione congenita delle vie urinarie o una nefrite lupica. Il trapianto di rene può restituire loro anche la possibilità e la gioia di diventare madri. Ma è fondamentale un approccio multidisciplinare, presso un centro ad elevata specializzazione.
Anche i giovani (e addirittura i bambini) possono aver bisogno di un trapianto di rene. Certo, in lista trapianto non ce ne sono tantissimi rispetto agli ultra50enni. E peraltro, i giovani sono costretti ad una attesa in lista più lunga perché sono pochi gli organi disponibili per questa fascia d’età. “Ma i trapianti nei giovani vanno in genere molto bene – spiega il professor Jacopo Romagnoli, responsabile della UOS Trapianto di Rene di Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS e docente di Chirurgia Generale all’Università Cattolica del Sacro Cuore, campus di Roma - anche perché hanno meno fattori di rischio. E quando diciamo che il trapianto renale restituisce a una vita normale, questo vale anche per quanto riguarda il desiderio di genitorialità”. Una donna in età fertile che abbia ricevuto un trapianto di rene insomma, può ambire a una gravidanza. E a questo argomento è dedicato un importante convegno internazionale, “Pregnancy & renal transplantation” che si tiene presso la Fondazione Policlinico Gemelli il 23 e il 24 gennaio. “Che la gravidanza sia possibile nelle donne trapiantate di rene - lo sappiamo da almeno 30 anni – ricorda il professor Romagnoli, tra gli organizzatori del convegno insieme al professor Giuseppe Grandaliano, direttore UOC di Nefrologia del Policlinico Gemelli e Ordinario di nefrologia presso l’Università Cattolica, e al professor Antonio Lanzone, direttore della UOC di Ostetricia e Patologia Ostetrica del Gemelli e ordinario di Ginecologia e Ostetricia all’Università Cattolica-. Ma certo, nel tempo i risultati del trapianto sono molto migliorati, per cui oggi le donne in età fertile, che abbiano ricevuto un trapianto di rene possono affrontare una gravidanza con maggior serenità. Altro mito da sfatare è che la donna trapiantata non possa allattare. Studi recenti dimostrano che invece è possibile”. Nel corso del convegno saranno presentati i risultati di una survey nazionale organizzata dal Gemelli sull’andamento delle gravidanze nelle donne con trapianto renale negli ultimi 15 anni. “Su circa 30.000 trapianti di rene effettuati in questo lasso di tempo – ricorda il professor Romagnoli - poco più di 3.000 riceventi erano donne in età fertile, dunque possibili candidate ad una gravidanza. Tra queste però sono state registrate appena 228 gravidanze, una percentuale bassissima, non tanto per le controindicazioni mediche, ma per una scarsa conoscenza dell’argomento. Per questo è necessario fare cultura e formazione ed è questo uno dei motivi che ci hanno portato ad organizzare questo congresso”. “Una serie di patologie, in parte congenite (ad esempio malformazioni importanti delle vie urinarie) o geneticamente determinate o immuno-mediate (come vasculiti e nefrite lupica) – spiega il professor Giuseppe Grandaliano - possono portare a una malattia renale terminale, che richiede una terapia dialitica o il trapianto renale. Queste donne finché rimangono in dialisi non sono fertili; una gravidanza in queste condizioni è impossibile e il trapianto è dunque ancora più importante perché consente a queste giovani donne di affrontare una gravidanza”. La terapia anti-rigetto in gravidanza sarà un altro degli hot topic del congresso. “Uno dei timori più diffusi delle trapiantate – spiega il professor Romagnoli - è di avere un deterioramento della funzione renale o addirittura un rigetto, andando a toccare la terapia immunosoppressiva. Si tratta tuttavia di timori infondati”. “La gravidanza naturalmente va programmata – prosegue il professor Grandaliano - perché è necessario adeguare la terapia immunosoppressiva e quella antipertensiva. Per quanto riguarda la terapia immunosoppressiva, gli inibitori della calcineurina (ciclosporina e tacrolimus) non causano problemi; più a rischio invece i farmaci anti-proliferativi come il micofenolato e gli inibitori di m-TOR, che possono creare problemi di sviluppo fetale e vanno dunque sospesi nel momento in cui si programma il concepimento (questo vale non solo per le donna, ma anche per gli uomini trapiantati); questi farmaci vanno sospesi a partire da un mese prima del concepimento e vanno tenuti sospesi per tutta la gravidanza ed eventualmente l’allattamento. Durante la gravidanza i controlli nefrologici devono essere più serrati, con un monitoraggio mensile della funzionalità renale e della proteinuria e un controllo stretto della pressione arteriosa. Anche alcuni farmaci antipertensivi vanno infatti sospesi in gravidanza; gli ACE-inibitori, che sono il gold standard della terapia nefrologica, possono avere effetti teratogeni e vanno dunque sospesi quando si programmi una gravidanza. Semaforo verde invece per i calcio-antagonisti, l’alfa-metil dopa, la clonidina e alcuni beta-bloccanti come il labetalolo”. La gravidanza nelle donne trapiantate di rene presenta qualche rischio aggiuntivo, in genere però ben controllabile, se seguite presso centri specializzati. “I rischi maggiori per la madre – ricorda la dottoressa Angela Botta della UOC di Patologia Ostetrica di Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS – sono quelli legati a un aumento di pressione, dunque l’ipertensione gestazionale (che riguarda il 24% delle donne trapiantate, contro il 3-5% delle gravidanze nella popolazione generale) e la pre-eclampsia (15% versus 1-2% di tutte le gravidanze); leggermente aumentato anche il rischio di diabete gestazionale (11% contro il 6-7% delle altre gravidanze). I rischi per il feto sono soprattutto la prematurità (l’epoca gestazionale media di parto nelle gravidanze delle trapiantate è di 35 settimane, contro le 39 della popolazione generale) e il basso peso alla nascita (i neonati da madri trapiantate hanno un peso medio di 2,5 Kg rispetto ai 3,3 Kg della popolazione generale). Il rischio di abortività è invece solo leggermente aumentato (19% contro il 15% della popolazione generale). Per contenere al massimo questi rischi – prosegue la dottoressa Botta - è bene programmare la gravidanza a distanza di 1-2 anni dal trapianto, in un momento in cui il rene trapiantato mostra una buona funzionalità ed eliminando tutti gli altri possibili fattori di rischio (come fumo, obesità, alcol, sedentarietà). Fondamentale è la gestione multidisciplinare di queste pazienti che vanno seguite in maniera seriata da un team costituito da nefrologi, trapiantologi ed esperti di medicina materno-fetale. Queste competenze, coordinandosi tra loro e valutando i rispettivi campi, contribuiscono a un outcome favorevole della gravidanza, sia per la mamma che per il feto. Sul fronte dell’allattamento – conclude la dottoressa Botta - c’è ancora poca consapevolezza e chiarezza, tanto che molte donne abbandonano l’idea di allattare per paura che i farmaci immunosoppressivi possano passare nel latte materno e causare un danno al neonato. In realtà la letteratura dimostra che, utilizzando un adeguato profilo di terapia immunosoppressiva (la stessa che usiamo in gravidanza) a base di corticosteroidi, inibitori della calcineurina e azatioprina, l’allattamento è possibile ed è sicuro per il neonato”. I centri di riferimentoper le donne trapiantate che vogliano affrontare una gravidanza sono quelli ad alto volume, come quello del Gemelli che, per i trapianti di rene da vivente, è tra i primissimi in Italia. Insieme al dottor Romagnoli, fanno parte del team chirurgico di trapianto di rene da vivente le dottoresse Patrizia Silvestri e Maria Paola Salerno. “Negli ultimi 15 anni – conclude il dottor Romagnoli - abbiamo seguito al Gemelli 15 donne trapiantate che hanno avuto una gravidanza (alcune addirittura più di una gravidanza) che sono andate tutte bene”.
Maria Rita Montebelli