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Il Piede e la Caviglia rappresentano un vero e proprio organo di movimento. Senza un corretto appoggio plantare l’intero organismo va incontro ad uno scompenso funzionale creando e aggravando patologie a carico di altre articolazioni come ginocchia, anche e colonna lombare.
Il piede inoltre è spesso il punto di arrivo di patologie sistemiche o sovrasegmantarie, basti pensare alle artriti, il diabete, la gotta o patologie vascolari di origine cerebrale o sindromi compressive della colonna lombare. Per tale motivo è necessario avere professionisti dedicati del settore, affinché venga istituita una diagnosi precoce e corretta e individuato il percorso di cura adatto.
La necessità inoltre di avere un team multidisciplinare che Integri diverse specialità e alla base dell’idea del Centro.
In questo la Fondazione Policlinico Gemelli grazie alla possibilità di poter integrare professionisti a vari livelli e la disponibilità di risorse tecnologiche avanzate garantisce la possibilità che si possa ottenere il massimo della multidisciplinarità, fondamentale per la gestione di ogni singolo caso.
Le aree di maggior interesse del Centro sono rappresentate da:
- Trattamento miniinvasivo con tecniche percutanee di quarta generazione
- Chirurgia ricostruttiva e protesica delle deformità post traumatiche, dell’artrosi e delle patologie artritiche
- Trattamento con tecniche mini invasive e medicina rigenerativa delle patologie tendinee di origine degenerativa e nello sport
- Traumi del piede e della caviglia (lesioni legamentose e fratture)
- Cura e prevenzione mediante ortesi plantari su misura con valutazione funzionale dell’appoggio plantare
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Alluce valgo
Cos’è l’ alluce valgo
E’ spesso descritto come una protuberanza ossea (esostosi) che sporge all’interno del I dito. In realtà si tratta di qualcosa di più complesso.
La protuberanza rappresenta l’esito di cambiamenti a carico della struttura ossea dell’avampiede. Il I dito devia lateralmente verso il II causando un male allineamento delle dita vicine e producendo cosi l’alluce valgo. Si tratta in ogni caso di una malattia progressiva. Iniziando da una lieve deviazione del dito si procede alla comparsa della protuberanza ossea e al progressivo deformarsi delle dita vicine. I sintomi compaiono spesso tardivamente quando l’avampiede è ormai scompensato.
Cause
L’alluce valgo è spesso causato da una ereditaria alterazione della struttura del piede. Non è l’alluce valgo ad essere ereditario, ma alcune forme di piede che predispongono all’alluce valgo. Sebbene le scarpe in se, non sia dimostrato essere causa assoluta della deformità, spesso rappresentano il motivo per una rapida progressione della stessa. I sintomi possono comparire precocemente già in età giovanile.
Sintomi
I sintomi generalmente sono legati all’attrito della protuberanza ossea con la calzatura e includono:
- Dolore
- Rossore e infiammazione dell’esostosi
- Bruciore
- A volte perdita della sensibilità locale
I sintomi si verificano spesso quando si indossano scarpe strette e con tacchi alti. Questo spiega in parte come mai le donne soffrono più degli uomini.
Diagnosi
La diagnosi è molto semplice già visivamente. Comunque per una corretta interpretazione della patologia sono importanti le radiografie dei piedi sotto carico per valutare il grado di deviazione e i cambiamenti ossei che si sono sviluppati nel tempo come le deformità associate. Siccome l’alluce valgo è una malattia progressiva, non sparisce da solo, anzi peggiora nel tempo. Tuttavia non tutte le deformità sono uguali, alcune progrediscono in tempi diversi da altre. Una volta fatta la diagnosi il chirurgo stabilirà il trattamento adeguato secondo necessità del paziente, sintomi e stadio della deformità.
Trattamento conservativo
In alcuni casi basta la semplice osservazione clinica ed eventualmente radiografie periodiche per valutare l’evoluzione. In molti casi invece è necessario un trattamento. I trattamenti precoci consistono nell’alleviare il dolore, ma non faranno rientrare mai la patologia. Essi consistono in:
- Modifica delle calzature: Indossare la scarpa giusta è molto importante. Scegliere scarpe che abbiano la punta larga e tacco non troppo alto.
- Tutori: Utilizzare una protezione nell’area dell’esostosi può aiutare a ridurre il dolore.
- Modifica delle attività: evitare di stare in piedi per lunghi periodi.
- Ghiaccio: applicare il ghiaccio spesso aiuta a ridurre l’infiammazione.
- Infiltrazioni: nei casi in cui si sviluppi una forte infiammazione sopra l’esostosi (borsite) eseguire un’infiltrazione con cortisone localmente può essere di grande beneficio.
- Plantari: possono migliorare il passo e il dolore agendo sulla deformità di base.
Quando è necessario il trattamento chirurgico?
Il trattamento chirurgico si rende necessario principalmente per 2 motivazioni. La prima consiste nel dolore e la seconda nella difficoltà ad indossare le calzature. Molto spesso le due problematiche coesistono ovviamente e portano il paziente a richiedere una soluzione. In molti casi i pazienti affetti da alluce valgo non si rivolgono al medico per il dolore sull’alluce ma magari per dolore sotto la pianta del piede (metatarsalgia) che spesso accompagna il quadro clinico.
Negli anni il trattamento chirurgico ha avuto diverse evoluzioni alla ricerca di un intervento che sia sicuro, con il minor rischio di complicanze, riproducibile e che mantenga una buona funzionalità dell’alluce operato con minima possibilità di recidiva.
Dalle tecniche tradizionali a cielo aperto si è passati alle tecniche percutanee pure. Tuttavia sia l’una che l’altra presentano dei problemi legati l’uno all’invasività e l’altro alla mancanza di stabilità dei segmenti ossei che vengono corretti (osteotomie) con il rischio spesso di complicanze legate ad una cattiva consolidazione ossea con rischio di recidiva, rigidità e soprattutto di metatarsalgia secondaria.
Negli ultimi anni si è cercato di unire i vantaggi dell’osteosintesi (utilizzo di viti per stabilizzare i frammenti ossei corretti) usata nelle tecniche tradizionali e della mini invasività usata nelle tecniche percutanee. Nasce appunto la tecnica MICA (Minimal Invasive Chevron Akin). Tale tecnica viene eseguita in via percutanea con impiego di osteosintesi per stabilizzare l’osteotomia.
Facendo così si ottiene una migliore articolarità postoperatoria, meno gonfiore, più rapida ripresa funzionale.
Inoltre a differenza della tecnica percutanea di vecchia generazione non è importante il bendaggio che spesso se fatto male o per vari motivi non è efficace e può condizionare il risultato chirurgico.
Intervento e post-operatorio
L’intervento viene effettuato in anestesia locale, in day hospital. Se bisogna intervenire anche sui metatarsi e le piccole dita il ricovero si può estendere a 1 notte.
Dopo l’intervento si applica un bendaggio compressivo per 15 gg e il paziente è autorizzato a caricare sul piede con scarpa postoperatoria bassa. A 15 gg vengono rimossi i punti (3-4 punti dei fori cutanei eseguiti), il bendaggio e si esegue una leggera fasciatura. Il paziente può iniziare a camminare con il piede piatto mantenendo la scarpa postoperatoria. A 30 gg si rimuove la scarpa dopo aver visto le rx di controllo e si autorizza il paziente a camminare con scarpe comode e si prescrive se serve della fisioterapia.
Alluce rigido
Si tratta di un problema artrosico con progressiva distruzione della cartilagine articolare.
Tale patologia è molto debilitante in quanto l’alluce viene utilizzato non solo per camminare ma anche per saltare, salire e scendere fino a stare semplicemente in piedi.
Spesso i pazienti vengono dallo specialista pensando si tratti di un alluce valgo.
In realtà queste sono due patologie molto differenti con trattamenti diversi.
Cause alluce rigido
La causa comune di questa patologia è una inadeguata biomeccanica del piede o un’anomalia strutturale che progressivamente portano ad un’artrosi.
Per esempio, pazienti con piede piatto e pronazione eccessiva del piede sono soggetti a sviluppare un alluce rigido.
In alcuni casi la patologia è familiare nel senso che si eredita una particolare anomalia del piede che porta all’artrosi. In altri casi la patologia è collegata ad un sovraccarico o ad un trauma diretto in compressione sull’alluce.
Sintomi alluce rigido
I sintomi iniziali includono:
- Dolore e rigidità dell’alluce durante l’attività
- Dolore aggravato dal freddo
- Difficoltà in alcune attività (correre, squat)
- Gonfiore e infiammazione articolare nelle fasi avanzate si può osservare
- Dolore anche a riposo
- Difficoltà ad indossare alcune scarpe per la presenza di escrescenze ossee che compaiono sul dorso del dito (esostosi)
- Dolore al ginocchio, anca e colonna per lo squilibrio meccanico
Diagnosi alluce rigido
Più la diagnosi è precoce, più facile sarà il trattamento.
Di conseguenza bisognerà consultare il chirurgo del piede appena cominciano i sintomi. Nel momento in cui compaiono le esostosi il trattamento diventerà difficile.
Nel fare la diagnosi verrà esaminato il movimento del dito clinicamente e radiograficamente si valuterà il grado di artrosi.
Trattamento conservativo
In molti casi un trattamento tempestivo eviterà la necessità di chirurgia ( alluce rigido protesi).
Si procederà a:
- Modifica delle calzature. Molto utile sarà usare scarpe con avampiede largo, suola rigida o a dondolo
- Plantari
- Farmaci antinfiammatori.
- Infiltrazioni. Si userà sia cortisone per ridurre il dolore e l’infiammazione che l’acido ialuronico per la cartilagine articolare.
- Fisioterapia.
Trattamento chirurgico (alluce rigido protesi)
In alcuni casi, la chirurgia sarà l’unico rimedio. I trattamenti chirurgici sono molteplici a seconda del grado di artrosi, all’età e al grado di attività.
Il trattamento va dalla semplice rimozione delle esostosi (cheilectomia) a procedure di decompressione articolare con osteotomie.
Nei casi avanzati il trattamento va dall’impiego di protesi articolari all’artrodesi.
Negli anziani con basse richieste funzionali anche la semplice artroplastica (Keller) sarà una valida opzione.
Protesi di caviglia
Questo tipo di intervento può rendersi necessario in seguito a patologie artrosiche degenerative della caviglia come, ad esempio, l’artrosi.
L’intervento consiste generalmente in tagli, resezioni dei capi articolari che consentono l’impianto di modelli e protesi metalliche.
Anatomia della caviglia
L’articolazione della caviglia è costituita da tre ossa: la tibia, il perone e l’astragalo (o talo). La faccia inferiore della tibia distale costituisce la maggior parte della superficie articolare. Il malleolo mediale è un processo osseo nella parte distale e mediale della tibia; la porzione più distale del perone costituisce il malleolo laterale. I malleoli, con i loro legamenti, stabilizzano l’astragalo al di sotto della tibia. La struttura osteo-legamentosa che si si viene così a creare, formata dalla tibia e dai due malleoli, è chiamata “mortaio tibio-peroneale”. Tutte le superfici ossee che compongono questa complessa articolazione sono rivestite da cartilagine articolare.
L’articolazione della caviglia è un’articolazione sinoviale: questo tipo di articolazione è il tipo più comune e quello dotato di maggiori gradi di mobilità. L’articolazione sinoviale consente il movimento nel punto di contatto tra le superfici ossee.
In un’articolazione sinoviale riconosciamo le seguenti strutture:
- Cavità sinoviale – cioè uno spazio tra le ossa contenente il liquido sinoviale;
- Capsula articolare – una struttura, in continuità con il periostio, che circonda l’articolazione e unisce le strutture ossee. La capsula articolare è costituita da due strati, uno più esterno, formato da tessuto fibroso, e uno strato più interno, chiamato membrana sinoviale, che produce il liquido sinoviale. La capsula articolare è altamente innervata ma non vascolarizzata (mancando vasi sanguigni e linfatici) e riceve il nutrimento dai tessuti circostanti, sia per diffusione, sia per convezione;
- Cartilagine articolare – le superfici ossee che compongono l’articolazione sono coperte da cartilagine ialina che ne riveste l’estremità distale. Questo strato di cartilagine ha la funzione di ridurre l’attrito durante il movimento e di assorbire i microtraumi trasmessi all’articolazione. La cartilagine articolare non è visibile sugli esami radiografici (RX). La presenza della cartilagine nella caviglia è dimostrata dalla presenza di uno spazio tra la tibia e l’astragalo.
Patologie della caviglia
Il termine artrite significa letteralmente infiammazione di un’articolazione. L’infiammazione è un termine che descrive una condizione caratterizzata da dolore, rigidità, arrossamento e gonfiore (tumefazione). Esistono più di 100 tipi diversi di artrite, che nel complesso sono un’importante causa di disabilità, colpendo milioni di individui in tutto il mondo.
L’osteoartrite (o osteoartrosi) è il tipo prevalente. Si verifica quando la cartilagine articolare inizia ad assottigliarsi e a degenerare. La cartilagine è una componente essenziale dell’articolazione: infatti non solo assorbe gli shock e i microtraumi, ma consente all’articolazione di muoversi in maniera più fluida, riducendo gli attriti tra le superfici ossee. Questa condizione può interessare tutte le articolazioni, ma sono maggiormente colpite le articolazioni che sono sottoposte a carichi maggiori (anca, ginocchio e caviglia). Generalmente si distinguono due tipi di osteoartrosi: una primaria, che insorge in individui adulti-anziani, in assenza di una chiara causa apparente, ed una forma secondaria (post-traumatica) che si sviluppa come conseguenza di un trauma all’articolazione (che ha prodotto un danno più o meno importante alla cartilagine). Questo secondo tipo di artrosi può presentarsi in individui di qualunque età.
Con l’osteoartrosi la cartilagine viene erosa determinando dolore, rigidità e tumefazione articolare. Spesso l’articolazione è maggiormente rigida la mattina, tale condizione dura circa 15-20 minuti. Mentre il processo di degenerazione articolare procede con il tempo, l’articolazione lentamente si deforma, diventando progressivamente più grande
Il dolore è generalmente il primo sintomo e tende progressivamente a peggiorare con il tempo (mesi o anni). Inizialmente il dolore compare solo dopo attività particolarmente faticose ed impegnative. Successivamente invece può comparire anche durante lo svolgimento di attività più leggere ed associarsi a riduzione del movimento articolare e a crepitii o scrosci articolari.
Per la diagnosi di artrosi non esiste un singolo esame o test specifico. Un ruolo importante è giocato dalla storia clinica e dall’esame obiettivo. Se i segni e i sintomi sono indicativi di artrosi saranno necessari degli esami radiografici per avvalorare la diagnosi. In caso di artrosi lo spazio articolare sarà ridotto (per la perdita della cartilagine articolare) e le superfici ossee potrebbero presentare delle irregolarità (osteofiti).
L’artrite reumatoide (RA) è un tipo di artrite infiammatoria a probabile carattere autoimmune. In questa malattia la risposta immunitaria è diretta verso l’organismo stesso e in particolare il bersaglio principale è la membrana sinoviale che riveste le articolazioni. Ciò causa tumefazione, dolore e progressiva distruzione dell’articolazione stessa. Generalmente inizia lentamente, colpendo le piccolo articolazioni (in genere quelle delle mani) e successivamente tende a coinvolgere un numero maggiore di articolazioni. Caratteristico è il coinvolgimento simmetrico delle articolazioni.
La diagnosi viene posta in base alla storia clinica, all’esame obiettivo, agli esami del sangue e agli esami radiografici.
Trattamenti
Un ruolo molto importante nel trattamento delle patologie della caviglia è giocato dal paziente stesso. In particolare è fondamentale mantenere un sano e corretto stile di vita ed evitare attività che possano provocare un’ulteriore danno all’articolazione ottenendo un corretto equilibrio tra attività fisica e riposo. L’obiettivo del trattamento è quello di ridurre il dolore e gli altri sintomi garantendo un buon recupero funzionale.
Il trattamento comprende farmaci analgesici ed antinfiammatori, fisioterapia per il recupero ed il mantenimento del movimento articolare, terapia fisica (TECAR, magnetoterapia, CEMP, ed altri) ed infine trattamenti chirurgici quali l’artroscopia, la sostituzione protesica e l’artrodesi.
In particolare l’artroscopia è una valida alternativa ad un intervento chirurgico “classico”. Viene eseguita per diagnosticare e trattare patologie quali lesioni osteocondrali dell’astragalo, impingement anteriore o posteriore, sinoviti e forme iniziali di artrosi. Nei casi più avanzati invece è consigliata la sostituzione protesica oppure, in ultima istanza, l’artrodesi.
Condizioni che rendono necessario l’intervento di protesi di caviglia
L’artrosi della caviglia è un’artropatia cronica a carattere evolutivo, consistente inizialmente in alterazioni regressive della cartilagine articolare e secondariamente in modificazioni delle altre strutture peri-articolari (osso, sinovia, capsula). Solitamente questa condizione è il risultato di un trauma o una malattia infiammatoria. Quando la cartilagine è degenerata, il movimento della caviglia e talora anche il semplice stare in piedi producono dolore. In questi casi si rende necessario un trattamento che può comprende farmaci, tutori e interventi chirurgici quali artrodesi e protesi.
L’artrodesi (fusione) della tibiotarsica, sebbene rappresenti ancora un intervento affidabile per il trattamento delle gravi forme artrosiche o infiammatorie della caviglia con un’alta percentuale di buoni risultati, altera in maniera irreversibile il movimento, la deambulazione e determina un sovraccarico delle articolazioni adiacenti con fenomeni di usura articolare ed artrosi secondaria.
La protesi di caviglia (ci si riferisce alla “protesi totale di caviglia”) viene utilizzata dal 1970 e, negli ultimi 40 anni, i nuovi design e modelli protesici sviluppati riproducono più fedelmente la normale anatomia e biomeccanica della caviglia mostrando ottimi risultati clinici e funzionali.
Anche se alcuni punti sono tuttora controversi esistono tuttavia delle linee guida condivise sulle indicazioni e relative controindicazioni all’impiego della protesi di caviglia. In generale, soggetti con un’artrosi di caviglia che lamentano dolore e riduzione del movimento articolare che non migliorano con trattamenti non chirurgici, sono candidati alla protesizzazione. I pazienti devono avere una buona condizione locale della cute, non mostrare segni di infezione locali o generalizzati e un buon controllo muscolare della caviglia e del piede. La protesizzazione della caviglia si pone come indicazione elettiva nei casi in cui il mantenimento di un certo grado di articolarità sia una richiesta fondamentale, negli esiti di lesioni osteocondrali senza gravi deviazioni e deformazioni articolari e in assenza di rigidità presente da lungo tempo.
L’intervento di protesi di caviglia viene eseguito attraverso un’incisione cutanea di circa 10 cm centrata sulla caviglia. Utilizzando uno strumentario specifico vengono preparati la tibia e l’astragalo e successivamente vengono impiantate le componenti protesiche. La caviglia viene poi immobilizzata in un gambaletto gessato o tutore per 4-6 settimane.
L’elemento età, di fronte al sempre maggiore numero di pazienti giovani che richiedono soluzioni chirurgiche che mantengano il più possibile la funzione articolare, ha portato al perfezionamento delle tecniche chirurgiche e dei modelli protesici, permettendo di affrontare con successo situazioni precedentemente ritenute al limite dell’indicazione.
Artroscopia di caviglia
L’artroscopia di caviglia posteriore permette di trattare molteplici patologie che si localizzano nel retro del piede. Le più comuni tra questi sono l’ os trigonum, l’ impingement sinoviale e le patologie del Flessore Lungo dell’Alluce.
Le patologie trattabili con l’ artroscopia della caviglia sono molto più comuni di quanto sembra e in particolare interessano gli sportivi che per la loro attività eseguono spesso una flessione massima del piede e che così facendo mettono sotto sforzo le strutture ossee e molli del retropiede.
Piede piatto dell’adulto
Il tendine del tibiale posteriore serve da struttura portante del piede, aiutandolo a svolgere la propria funzione durante il passo. Quando il tendine del tibiale posteriore inizia a deteriorarsi questo determina una perdita progressiva dell’arco plantare che diventa piatto.
Si parla così di disfunzione del tibiale posteriore.
Sebbene di solito interessi un piede solo in alcuni casi può essere bilaterale.
La disfunzione tende ad essere progressiva, ciò vuol dire che va trattata in fretta senza aspettarne un peggioramento.
Cause Piede piatto
Nella maggior parte dei casi è dovuta ad un sovraccarico.
Infatti i sintomi spesso insorgono a seguito di attività che sollecitano il tendine come corsa, lunghe camminate, o salire le scale.
Diagnosi Piede piatto
La diagnosi è fondamentalmente clinica.
La radiologia sia tradizionale ma anche la risonanza magnetica però risulta di valore fondamentale per stabilire lo stato del tiabiale posteriore e il coinvolgimento articolare.
Immagine in cui si nota l’edema attorno al tibiale posteriore con associata lesione dello stesso
Sintomi
I sintomi più comuni includono dolore, gonfiore, appiattimento dell’arco plantare, e intrarotazione della caviglia.
Man mano che la patologia progredisce, i sintomi peggiorano determinando una progressivo deterioramento del tendine fino alla completa rottura.
Immagine in cui si nota l’edema attorno al tibiale posteriore con associata lesione dello stesso
Il tendine del tibiale posteriore risulta completamente rotto per cui si effettua il transfer Flessore lungo le dita.
Piede piatto Triplice artrodesi
Si tratta di un intervento riservato ai casi molto avanzati di malattia in cui alla deformità ormai non più riducibile, si associa un quadro di artrosi diffusa.
L’impiego oggi di viti in titanio a compressione ha ridotto notevolmente le complicanze di mancata fusione ossea.
Grave caso di piede piatto dell’adulto con crollo totale dell’arco plantare.
In questi casi non andremo alla ricerca di una correzione ma la fusione delle ossa mantenendo il valgismo permetterà di ridurre notevolmente la sintomatologia dolorosa. La ricerca di una correzione necessità ampie resezioni ossee con il rischio di notevoli complicanze.
Neuroma di Morton
Il neuroma è un ispessimento del nervo che può presentarsi in qualsiasi parte del corpo.
Come detto, il neuroma più frequente nel piede è il Neuroma di Morton, che si presenta nel III spazio interdigitale (tra III e IV dito).
L’ispessimento e l’ingrossamento del nervo è causato da compressione e irritazione dello stesso.
Nel tempo la compressione creerà un danno permanente del nervo.
Cause del neuroma di Morton
Qualsiasi cosa causi una compressione o irritazione del nervo è potenzialmente causa del neuroma. Una delle cause più comuni è l’impiego di scarpe appuntite o con tacchi alti.
Soggetti con deformità del piede (alluce valgo, dita a Martello, piedi piatti), sono a rischio elevato di sviluppare un neuroma.
Altre cause sono attività che causano una irritazione ripetitiva dell’avampiede, come la corsa.
Sintomi
Chi soffre di Neuroma di Morton avrà uno o più dei seguenti sintomi:
- Bruciore, perdita di sensibilità, formicolio
- Dolore
- La sensazione di avere qualcosa sotto l’avampiede
- La sensazione di avere qualcosa come un sassolino dentro la scarpa.
Il Neuroma di Morton presenta una progressione dei sintomi.
Diagnosi
Per effettuare la diagnosi risultano fondamentali la storia clinica e l’esame obiettivo.
L’RMN è l’esame di scelta sebbene vi siano parecchi falsi negativi.
Una diagnosi precoce è importante per evitare il trattamento chirurgico.
Trattamento conservativo
La scelta del trattamento dipende dallo stadio della malattia. Nelle forme lievi e moderate il trattamento include:
- Ghiaccio
- Plantari
- Modifica delle attività fisiche
- Modifica delle scarpe
- Farmaci
- Infiltrazioni. Si usa il cortisone, anestetici e altri farmaci
Trattamento chirurgico
Il trattamento chirurgico in presenza del neuroma di Morton si rende necessario quando fallisce il trattamento conservativo.
Consiste nel liberare il nervo dalla compressione attraverso un taglio dorsale.
Nei casi inveterati in cui si è sviluppato un Neuroma di grosse dimensioni e il nervo è danneggiato verrà asportato anche il neuroma.
L’intervento viene effettuato in anestesia locale in Day Hospital.
Nel post-operatorio verrà usata una scarpa ortopedica per 3 settimane seguita da scarpe comode con plantare morbido per altre 3 settimane.