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Una rivoluzione chiamata endoscopia. Osservare e curare i problemi dall’interno

7 Ottobre 2020
Assistenza

Curare le malattie chirurgiche con un tubo luminoso (e i suoi ‘accessori), al posto dell’invasiva lama del bisturi. È l’intuizione dell’endoscopia chirurgica che ha portato a curare malattie non facilmente diagnosticabili e un tempo aggredibili solo con metodiche molto invasive. Enormi le ricadute di questa rivoluzione tecnologica in termini di riduzione di complicanze e mortalità, di rapidità della ripresa, ma anche di risparmi per i budget sanitari. Ma quella dell’endoscopia chirurgica è una narrativa non ancora del tutto compresa in termini di potenzialità e di costi. Un problema non da poco che ne limita la piena applicazione. Vediamo allora qualche esempio concreto insieme al professor Guido Costamagna, ordinario di Chirurgia Generale all’Università Cattolica, campus di Roma e direttore dell’UOC di Endoscopia digestiva chirurgica della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS.

Professor Guido Costamagna

Calcolosi del coledoco (oltre 400 procedure/anno). E’ forse l’esempio più emblematico della rivoluzione che l’endoscopia ha portato nel campo delle malattie dell’apparato digerente, soppiantando di fatto l’approccio tradizionale chirurgico. “La sfinterotomia endoscopica e l’estrazione dei calcoli - ricorda il professor Guido Costamagna - è stata introdotta nel 1973, quindi ha ormai quasi mezzo secolo. Anche la mia storia personale è molto legata a questo. Fui inviato a inizio anni ’80 a Bruxelles, allora uno dei centri pionieristici per questa tecnica, per imparare la colangiopancreatografia endoscopica (CPRE) e le manovre terapeutiche annesse, in primis l’estrazione dei calcoli. Quelli endoscopici sono interventi a basso rischio di complicanze, anche nei pazienti anziani con tante patologie. Per questo, di fronte ad un paziente con calcoli biliari, l’intervento di scelta è oggi senza dubbio quello endoscopico. Nel tempo si sono inoltre sviluppate tante tecniche ancillari, quali la litotrissia (frammentazione dei calcoli) o la colangioscopia che consente di andare a cercare i calcoli per poi romperli col laser o con altri sistemi. Ormai siamo in grado di affrontare qualsiasi calcolosi delle vie biliari di qualsiasi dimensione e anatomia, in maniera mininvasiva. Purtroppo non c’è un’adeguata comprensione dell’impatto di queste tecniche che hanno ridotto mortalità, morbilità, degenza ospedaliera (questi pazienti restano in ospedale 24-48 ore poi vanno a casa, dopo l’intervento tradizionale restavano ricoverati almeno una settimana), durata della convalescenza (che praticamente non c’è dopo l’intervento endoscopico e durava almeno un mese dopo l’intervento chirurgico tradizionale) e quindi i costi non vengono riconosciuti. Tra avere un sospetto di calcolosi, fare un’ecografia e mandare a casa il paziente oppure fargli l’ecografia e curarlo in endoscopia, prima di mandarlo a casa, il rimborso è lo stesso. Un paradosso che alla fine dell’anno ci costa…”.

Resezione per via endoscopica delle lesioni neoplastiche (oltre 400 procedure/anno).  È un’acquisizione più recente che è stata sviluppata all’inizio in Estremo Oriente (in particolare in Giappone, Corea del Sud e in Cina) perché qui è molto più frequente il tumore dello stomaco e quindi si fanno programmi di screening a tappeto per la diagnosi precoce, che consente di effettuare una terapia tempestiva. Quando queste lesioni sono in fase iniziale e sono localizzate nella mucosa, il rischio di metastasi linfonodali è assente. Quindi l’asportazione locale per via endoscopica di queste lesioni, guarisce il paziente senza dover resecare l’organo, lasciando intatta l’anatomia e senza le possibili complicanze legate alla chirurgia. Queste tecniche negli ultimi anni hanno avuto un’evoluzione straordinaria e oggi siamo in grado di asportare lesioni anche di dimensioni importanti (15-20 cm), soprattutto nel colon e nel retto. Il paziente che può andare a casa il giorno dopo, con risparmio delle strutture intorno alla lesione e della funzione d’organo. L’alternativa è rappresentata da interventi invasivi come l’amputazione addomino-perineale nei tumori del retto che portava alla colostomia definitiva o, nel caso di tumori dello stomaco, significava vivere con mezzo stomaco ricostruito. Interventi mininvasivi che non compromettono l’esito, anche sul fronte sopravvivenza, se effettuati su tumori intramucosi, non a rischio di diffusione metastatica. Queste tecniche possono essere applicate a livello di esofago, stomaco, duodeno, colon retto. Anche in questo caso, l’unico risvolto negativo è che interventi di questo genere vengono rimborsati come l’asportazione di un polipetto di un cm che si toglie in un attimo in colonscopia, mentre interventi di questo genere sono molto complessi e possono arrivare a durare anche diverse ore.

Videocapsula per l’intestino tenue (oltre 200 procedure/anno).  È uno strumento che consente di effettuare un viaggio al centro del corpo a bordo di una capsula, contenente una minuscola telecamera che registra le immagini durante il tragitto. Le immagini vengono in seguito scaricate e studiate sul computer. “E’ la prima tecnica che ha permesso di studiare l’intestino tenue – spiega il professor Costamagna -  e noi siamo stati i primi in Italia a utilizzarla. Oggi abbiamo anche altri mezzi, come l’enteroscopia assistita da vari sistemi (pallone singolo, doppio pallone o spirale), che permettono di esplorare il tenue, ma in modo più invasivo. La videocapsula è invece un esame di secondo livello che consente ad esempio di individuare la fonte di un’emorragia intestinale (dovuta in genere ad angiodisplasie, piccole malformazioni vascolari che possono portare a sanguinamento e anemizzazione) non evidenziabile con i comuni esami endoscopici. Con la videocapsula si fa la diagnosi, poi con l’enteroscopia si vanno a cauterizzare le lesioni. Purtroppo la videocapsula, nonostante sia stata aggiunta all’interno dei LEA nell’ultima revisione della Regione, non è ancora rimborsata e costa circa 400 euro.

Ecoendoscopia (EUS) (oltre 2.000 esami/anno). Anche questa metodica dovrebbe entrare nei LEA, i Livelli essenziali di assistenza; in tante Regioni viene interamente rimborsata, da noi viene ancora rimborsata come l’equivalente di un’ecografia e una gastroscopia. Ma in oltre la metà dei casi viene utilizzata anche per fare delle biopsie, per le quali si usano degli aghi che costano 300-400 €. E questa è una grande limitazione perché questa tecnica consente di effettuare esami istologici in punti difficilmente raggiungibili se non in maniera invasiva, come il pancreas ad esempio, ma anche linfonodi, masse mediastiniche, rene, surrene di sinistra, fegato. Questa tecnica ha anche dei risvolti interventistici e consente ad esempio di drenare pseudocisti pancreatiche, di posizionare drenaggi biliari, di effettuare terapie locoregionali (laserterapia, radiofrequenza) in caso di tumori localmente avanzati. Riteniamo che la parte diagnostica sia di un’utilità fondamentale e irrinunciabile. Noi siamo ormai a oltre 2 mila esami l’anno.

Le nuove frontiere: dalla miotomia transorale per l’acalasia (oltre 100 procedure/anno) e per la gastroparesi diabetica, all’endoscopia bariatrica (oltre 150 procedure/anno). L’acalasia è una patologia rara che veniva trattata per via chirurgica fino al 2011, quando è stata messa a punto questa tecnica che consente di sezionare il muscolo dell’esofago (miotomia dello sfintere esofageo inferiore) con la stessa precisione della chirurgia tradizionale, ma in modalità mininvasiva, attraverso la bocca. “Questo – commenta il professor Costamagna - semplifica il decorso post-operatorio per il paziente e riduce i costi. Applicando lo stesso principio a livello del piloro (il punto di passaggio tra lo stomaco e il duodeno), più di recente abbiamo cominciato a trattare patologie come la gastroparesi diabetica, facilitando lo svuotamento gastrico. Un altro settore che stiamo sviluppando è quello dell’endoscopia bariatrica, un campo importantissimo. In particolare stiamo lavorando alla sutura dello stomaco per via endoscopica”.

Imparare l’endoscopia al Gemelli: lo European Endoscopy Training Center. Il Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS è un vero centro d’eccellenza e di riferimento. Non basta avere la tecnica, bisogna essere un centro ad alto volume per offrire determinate garanzie ai pazienti. “Siamo tra i primi centri in Italia come volume per interventi endoscopici diagnostico-terapeutici – ricorda il professor Costamagna che è anche direttore dello European Endoscopy Training Center – e abbiamo fatto almeno una ventina di ‘prime’ assolute italiane di interventi endoscopici. La nostra scuola internazionale, fondata nel 2003 è frequentata da studenti provenienti da tutto il mondo. Se negli anni ’80 si andava a Bruxelles, oggi si viene a Roma per imparare le tecniche endoscopiche. Abbiamo avuto studenti anche da tutta Europa (Belgio compreso), oltre che dal Giappone, Cina, India, Sud America, Stati Uniti e da tutta Italia. Sono numerosi i corsi che vengono organizzati ogni anno. La onlus F.Ri.End, grazie al lascito di Monsignor Alessandro Plotti, offre ogni anno due borse di studio a ragazzi provenienti da Paesi in via di sviluppo”. Tra gli strumenti utilizzati per velocizzare la curva di apprendimenti ce n’è anche uno messo a punto dall’équipe del Gemelli, il trainer ‘Boškoski- Costamagna. “E’ un simulatore meccanico che abbiamo sviluppato di recente e che ha avuto un successo internazionale incredibile. Si basa su un principio molto semplice ma efficace, ed è dedicato a chi inizia ad utilizzare il duodenoscopio a visione laterale e non è abituato a vedere di lato ma frontalmente, come accade col gastroscopio e con il colonscopio. E’ utilizzato ormai in tutto il mondo, dall’Australia, agli Usa ed è stato validato da una serie di lavori, come quelli della Erasmus University di Rotterdam”.

L’attività congressuale. Appuntamento ormai consolidato da 25 anni è EndoLive, la manifestazione dedicata a dimostrazioni dal vivo di procedure di endoscopia diagnostico-terapeutica. Negli ultimi anni sta riscuotendo un successo crescente e ha ormai raggiunto gli oltre 800 iscritti da tutto il mondo. EndoCare è invece la prima e per il momento unica manifestazione al mondo dedicata interamente agli infermieri che si occupano di endoscopia.

Maria Rita Montebelli

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