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Tumore del seno: tutte le novità dal congresso ESMO 2025

4 Novembre 2025
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Come ogni anno, gli esperti di Fondazione Policlinico Gemelli commentano le principali novità presentate al congresso annuale della Società Europea di Oncologia Medica (ESMO), quest’anno nettamente dominate dagli studi sul tumore del seno e in ambito urologico (vescica e prostata). La prima parte di questo speciale è dedicata agli studi sui tumori del seno.

_ll cosiddetto ‘tumore della mammella’ è in realtà un insieme di tumori diversi per caratteristiche biologiche e possibilità di trattamento. E forse mai come quest’anno dal congresso dell’ESMO arrivano ottime notizie per tutti i principali fenotipi di tumore del seno: quello ormono-sensibile (HR+), la malattia HER2 positiva (HER2+) e quella triplo negativa (TNBC). Il Gemelli è in prima linea su tutte le novità di trattamento, sia come offerta terapeutica per i pazienti, che nella ricerca. La dottoressa Alessandra Fabi, docente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e Responsabile della Medicina di Precisione in Senologia, Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS, è tra gli autori di alcuni tra gli studi più importanti presentati all’ESMO 2025: il DESTINY Breast 11, pubblicato su Annals of Oncology e l’ASCENT 03, pubblicato sul New England Journal of Medicine.

Le belle notizie per i tumori HER2 positivi

I tumori che esprimono sulla loro superficie la proteina HER2 sono particolarmente aggressivi e fino a vent’anni fa per queste pazienti c’era solo la chemioterapia, che dava risultati deludenti. L’arrivo degli anticorpi anti-HER2 ne ha rivoluzionato il trattamento, migliorando sensibilmente la loro prognosi. Ma non è tutto. “Negli ultimi tempi, l’arrivo degli anticorpo-farmaco coniugati (ADC) ha migliorato ulteriormente le chance di sopravvivenza di queste pazienti – afferma la dottoressa Fabi-. Questi farmaci sono fatti di un anticorpo monoclonale anti-HER2, legato ad un chemioterapico, che viene rilasciato all’interno della cellula tumorale, distruggendola. Il trastuzumab deruxtecan aveva già dato risultati clamorosi per le pazienti in fase metastatica e in adiuvante (dopo l’intervento chirurgico), con un impatto significativo sulla sopravvivenza delle pazienti con malattia in fase avanzata. Al congresso ESMO 2025 sono stati presentati i risultati dello studio DESTINY Breast 11 (pubblicati anche su Annals of Oncology) nel quale la somministrazione di questo ADC è stata anticipata in fase precoce, cioè prima dell’intervento chirurgico (terapia neoadiuvante), insieme al trattamento standard pre-operatorio (antracicline, taxano e anti-HER2); questa strategia ha prodotto una risposta patologica completa, cioè la scomparsa del tumore dopo 6 mesi di terapia nel 67% dei casi (e nell’83% delle pazienti HER2+ e non ormono-sensibili), prima dell’intervento. Non avevamo mai visto finora un risultato del genere”.

Lo studio DESTINY Breast 05 ha valutato invece l’effetto del trastuzumab deruxtecan, confrontato con il TDM1 (trastuzumab emtansine, il primo ADC, disponibile da una decina d’anni) nelle pazienti con residuo di malattia, che non raggiungono cioè una risposta completa patologica al trattamento standard pre-operatorio (anti-HER2 e taxano) e che quindi hanno un rischio maggiore di avere una ricaduta di malattia nel tempo; in questo caso il trastuzumab deruxtecan ha prodotto una aumento della sopravvivenza libera da progressione di malattia del 50%, rispetto al TDM1. “Siamo insomma di fronte ad un’innovazione terapeutica – commenta la dottoressa Fabi – che ci porterà ad anticipare ACD nelle fasi precoci di malattia, permettendoci di puntare all’obiettivo della guarigione per queste pazienti. Le pazienti HER2 positive vanno seguite nel tempo perché a 5 anni circa il 20% di loro presenta una ricaduta; ma oggi stiamo sempre più assottigliando questa fetta del 20%, grazie a farmaci come il trastuzumab deruxtecan. Gli ADC sono una ‘chemioterapia intelligente’ che dà risultati nettamente superiori sia alla chemioterapia tradizionale, che ai trattamenti biologici da soli e con meno effetti indesiderati”.

Grandi progressi per le pazienti con tumori triplo negativi

I cosiddetti tumori ‘tripli negativi’ (cioè privi dei recettori ormonali e di quello per HER2) erano fino a qualche anno fa i tumori più difficili da trattare perché non avevano a disposizione ‘bersagli’ per le terapie. L’arrivo dell’immunoterapia ha aperto nuove possibilità di trattamento per queste pazienti, nel setting adiuvante e soprattutto in quello metastatico; ma ci sono donne non candidabili a questa forma di trattamento perché non esprimono la proteina PD-L1 (sono le cosiddette pazienti ‘quadruple negative’). Dall’ESMO 2025 anche per le pazienti triplo negative, in fase metastatica e non candidabili all’immunoterapia, arrivano novità molto importanti per il trattamento di prima linea; anche in questo caso le buone notizie arrivano dagli anticorpi-farmaco-coniugati (ADC), diretti contro la proteina TROP-2, che è iper-espressa in oltre il 90% delle cellule tumorali nei tumori tripli negativi. L’anticorpo lega il farmaco al bersaglio (TROP2) espresso sulla superficie delle cellule tumorali e rilascia al loro interno un carico (payload) di chemioterapia molto potente. “Nell’ASCENT 03, presentato all’ESMO 2025 e pubblicato in contemporanea sul New England Journal of Medicine  – ricorda la dottoressa Fabi, che è tra gli autori anche di questo studio – è stato utilizzato per la prima volta in prima linea un ADC nelle donne con tumore triplo negativo metastatiche, non candidabili all’immunoterapia; in queste pazienti, il sacituzumab govitecan ha ridotto del 38% il rischio di morte o di progressione di malattia, rispetto alla chemioterapia”.

Nello studio TROPION Breast 02 sulla stessa tipologia di pazienti (tumore del seno triplo negativo metastatico, non trattabile con l’immunoterapia) è stato utilizzato in prima linea di trattamento il datopotomab-deruxtecan; anche in questo caso, risultati molto positivi per questo ADC che ha ridotto il rischio di progressione di malattia o di morte del 43% rispetto alla chemioterapia.

“L’ESMO 2025 è stato dominato da una ‘pioggia’ di ADC – commenta il dottor Armando Orlandi, dirigente medico presso la UOC di Oncologia Medica di Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS, diretta dal professor Giampaolo Tortora, ordinario di Oncologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore) – che rappresentano sicuramente la novità terapeutica più importante degli ultimi 5-10 anni. Ormai, quasi ad ogni congresso internazionale vengono presentati dati su un nuovo ADC (molti anche dalla Cina). Sono la ‘chemioterapia intelligente’, perché non è somministrata ‘libera’ nel sangue, ma veicolata con precisione sul suo bersaglio, risultando così più efficace contro le cellule tumorali, ma meno tossica per i tessuti. Il futuro potrebbe prevedere la sinergia ADC-immunoterapia perché queste chemioterapie ‘smart’ riescono anche molto bene a ‘riscaldare’ i tumori ‘freddi’ (quelli che non rispondono all’immunoterapia perché non sono infiltrati da cellule del sistema linfatico) e dunque a potenziare anche l’immunoterapia. Tra le novità dei prossimi anni, anche gli anticorpi monoclonali bispecifici e biparatopici, che legano molecole diverse o antigeni diversi nella stessa molecola ‘avvicinando’ le cellule del sistema immunitario alle cellule tumorali, rendendo anche in questo caso più efficace l’immunoterapia, oppure bersagliando un target oncologico con maggior efficacia colpendolo in due punti diversi”.

Le novità per i tumori con recettori ormonali positivi (HR+)

Si conferma per questi tumori l’efficacia degli inibitori delle cicline-chinasi dipendenti (o CDK4/6 inibitori) nel setting adiuvante.  “Lo studio monarchE – ricorda il dottor Orlandi, – ha migliorato la sopravvivenza delle pazienti con tumori ormono-sensibili (HR+), trattate dopo l’intervento chirurgico (in adiuvante) con abemaciclib per due anni insieme alla terapia ormonale tradizionale. Abemaciclib ha ridotto il rischio di morte del 15,8% rispetto alla sola terapia ormonale e ha dato un miglioramento sostenuto nel tempo della sopravvivenza libera da malattia invasiva (IDFS) e della sopravvivenza libera da recidiva a distanza (DRFSI). Lo studio riguardava pazienti ad alto rischio (cioè con coinvolgimento di oltre 4 linfonodi o con malattia presente in 3 linfonodi associata ad altre caratteristiche di rischio clinico). Da sottolineare anche i risultati aggiornati a 5 anni dello studio NATALEE su un altro CDK4/6 inibitore, il ribociclib, che ha ridotto del 30% le ricadute di malattia; il dato di sopravvivenza in questo caso non è ancora conclusivo, ma i risultati attuali sono molto promettenti”.

Maria Rita Montebelli

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