Safer Internet Day, il Covid 19 non ferma bullismo e cyberbullismo.
Nella giornata dedicata alla sicurezza in rete il punto su alcune attività di ricerca e cliniche condotte dagli esperti dell’Università Cattolica, campus di Roma e della Fondazione Policlinico Gemelli: Gabriele Sani e Lucio Rinaldi. Un ambulatorio per Interventi Precoci in Adolescenti e Giovani Adulti e un progetto di ricerca condotto dal Dipartimento di Neuroscienze dell’Università Cattolica, campus di Roma insieme all’Istituto Superiore di Sanità e il Ministero della Salute.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), la pandemia Covid-19 sta mettendo a dura prova il benessere psicologico e la salute mentale della popolazione. Su questo presupposto, l’OMS invita i Governi ad affrontare con urgenza il problema, potenziando le azioni specifiche di assistenza sul territorio ma anche i progetti di prevenzione. A questo proposito il professore Lucio Rinaldi, ricercatore di psichiatria e psicologia dell’Universita Cattolica e psichiatra dell’UOC di psichiatria clinica e d’urgenza della Fondazione Policlinico Agostino Gemelli IRCCS all’interno dell’attività di ricerca svolta presso il Dipartimento di Neuroscienze dell’Università Cattolica, campus di Roma, in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità, ha recentemente elaborato un “Modello di prevenzione multidisciplinare ed integrato (mediante interventi assistiti con gli animali, orticultura, mindfulness) per definire modalità di intervento su soggetti vulnerabili, nell’ambito dell’emergenza sanitaria Covid-19”. Nell’ambito di tale progetto, l’Università Cattolica, campus di Roma coordinerà il programma formativo e la strutturazione della didattica relativa al modello di intervento sviluppato. Il progetto sperimentale, approvato per l’anno 2021, si avvarrà della collaborazione di esperti del settore e di Associazioni con elevato know how, così come richiesto dall’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile 17 dell’Agenda 2030.
Il modello elaborato comporta la possibilità di sviluppare in aree verdi (attraverso la relazione con la terra e la coltivazione dell’orto, l’interazione con gli animali, esperienze di consapevolezza dei propri stati emotivi e dei propri funzionamenti psichici) attività rivolte a sostenere la socializzazione, il contatto emotivo, la progettualità, l’accudimento e soprattutto l’empatia (cioè il riconoscere le emozioni degli altri come se fossero proprie, calandosi nella realtà altrui per comprenderne punti di vista, pensieri, sentimenti, emozioni e “pathos”). Questo progetto, sarà esteso in tutto il territorio nazionale, proposto nella scuola e più in generale nei luoghi del vivere dei giovani, per prevenire forme del disagio che possono portare ad espressioni di gravi fenomeni come il cyber bullismo o a ridurne l’impatto psicologico e traumatico nei giovani.
Proprio il cyberbullismo è uno dei temi di maggiore e crescente impatto di rete che merita grande attenzione e che è presente anche durante la pandemia. Il bullismo è una forma di comportamento violento, di natura fisica ma anche psicologica, attuato nei confronti di soggetti identificati dal gruppo come deboli e incapaci di difendersi. Nei fenomeni di bullismo il gruppo ha le caratteristiche di un branco, che quando è riunito, come pure accade nel caso dei cani o dei lupi, esprime al massimo la sua violenza primitiva. Nel cyberbullismo, il bullismo condotto attraverso strumenti telematici, il gruppo acquisisce le dinamiche fluide della rete, in cui le identità si confondono e l’aggressività si moltiplica. Come è cambiato il bullismo in tempi di Covid-19? In questo ultimo anno, nell’ Ambulatorio per gli Interventi Precoci in Adolescenti e Giovani Adulti della UOC di Psichiatria Clinica e d’Urgenza della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, diretta dal professore Gabriele Sani, in cui le equipe di medici, coordinati da Delfina Janiri, e di psicologi, diretti da Daniela Chieffo “ci siamo resi conto che nulla è cambiato in termini di urgenza per quanto riguarda i comportamenti di bullismo e cyberbullismo – dice Sani”. Il distanziamento fisico, le misure restrittive e la didattica a distanza non hanno diminuito la frequenza e l’intensità del fenomeno, ma hanno anzi trasformato il cyberbullismo in uno dei punti cruciali su cui intervenire in termini di prevenzione della salute mentale. Il confinamento a casa, la mancanza di confronto in persona, l’assenza di stimoli esterni, i sentimenti di fragilità caratteristici di questi mesi, hanno amplificato ulteriormente i vissuti di isolamento tipici del bullismo. Tanto da far sì che questi possano trasformarsi in veri e propri sintomi psichiatrici, prevalentemente di tipo depressivo. Anche il ritorno alla socialità e al normale confronto fra pari, come abbiamo osservato in queste settimane in cui gli adolescenti sono tornati in presenza a scuola, è un momento che va monitorato con attenzione. Nel nostro ambulatorio abbiamo evidenziato, infatti, un incremento sostanziale in queste ultime settimane di gesti autolesivi e tentativi di suicidio. Essere nuovamente esposti all’osservazione dell’altro, specialmente dopo un lungo periodo di isolamento, può, infatti, generare sentimenti di inadeguatezza, inferiorità, incapacità al confronto, che, in ragazzi già fragili sotto il profilo psichico, possono portare a gesti estremi. Abbiamo cercato delle risposte possibili a queste nuove richieste. Un’ipotesi percorribile è stata realizzare o rinforzare programmi di supporto per le famiglie e per gli adolescenti. Tali opportunità di sostegno dovrebbero entrare in un rapporto collaborativo intenso, detto “rete”, in cui le strutture sanitarie si relazionano in modo articolato con le altre istituzioni che si occupano di adolescenti. E’ questo il modello su cui si fonda l’Ambulatorio, si interfacciano con le diverse realtà in cui vive il paziente adolescente e giovane adulto. In questi tempi di pandemia da Covid-19, in cui rischiano di predominare sentimenti come la frammentazione e l’incertezza, è infatti cruciale legare le varie articolazioni della proposta di aiuto intorno a specifici modelli teorici e operativi in modo che gli effetti che essa è in grado di produrre risultino esponenzialmente incrementati.
“Importante è la consapevolezza che il bullismo è una tragedia per tutti: le vittime innanzitutto, ma anche per gli aggressori, che non sanno controllare e gestire le loro pulsioni più primitive, e gli educatori e le famiglie, che hanno fallito nel processo educazionale. Gli adolescenti tendono all’omologazione, chi è diverso tende ad essere vittima di bullismo. Ma se insegniamo ai nostri ragazzi ad essere empatici, a sentire e ascoltare l’altro, anche e soprattutto se diverso, combattiamo il bullismo dalla base. Una educazione volta all’inclusione, all’accettazione dell’altro, alla comprensione del diverso è il miglior antidoto al bullismo. Se ciò manca, siamo tutti colpevoli, noi genitori così come i nostri rappresentanti nelle istituzioni” conclude Sani