Nasce al Gemelli Noah, un bimbo di 3,3 chili in buona salute. Sua madre è COVID-positiva
La nascita di un bambino è sempre un raggio di luce. Ma a rendere ancora più straordinario l’arrivo di Noah, un bel bimbo che ha visto la luce giovedì mattina al Gemelli, è il fatto che la mamma sia positiva al coronavirus. “Il neonato sta bene – conferma il professor Gianni Vento, direttore UOC di Neonatologia e Terapia intensiva neonatale presso la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e docente di Pediatria generale e speciale all’Università Cattolica del Sacro Cuore – e il primo tampone è risultato negativo”.
A dare per primo la notizia di questo parto è stato l’assessore regionale alla Sanità Alessio D’amato, a dimostrazione di come, in questo momento particolare ci sia bisogno di buone notizie, di iniezioni di speranza.
“Noah è il primo neonato, nato al Policlinico Gemelli, da mamma con infezione da COVID-19 – spiega il professor Vento - Il bimbo è nato con taglio cesareo elettivo, eseguito per indicazione la materna (la donna aveva già avuto in precedenza un taglio cesareo). Ma il taglio cesareo non è indicato elettivamente in caso di mamma con infezione da COVID. Insieme ai colleghi ostetrici – prosegue il neonatologo - abbiamo organizzato per Noah un percorso dedicato, in sicurezza, per gli operatori ma soprattutto per la coppia mamma-neonato”. Nessun problema alla nascita per Noah dunque, “ma in questi casi – spiega il professor Vento - non è consigliato il bonding (il contatto ‘pelle a pelle’) e nemmeno il ritardato clampaggio del cordone ombelicale, che sono due pratiche normalmente eseguite in tutti i parti, spontanei e cesarei. In questo caso però è preferibile evitarli, per minimizzare il rischio di trasmissione materno-fetale”. Noah è stato posto in incubatrice e trasferito in pediatria, nelle stanze a pressione negativa secondo il percorso previsto per i neonati a termine e in buone condizioni generali (cioè che non necessitano di assistenza respiratoria o intensiva). La separazione mamma-neonato va spiegata ai familiari e di certo non è facile da accettare, né da condividere. “Noi, come Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS – prosegue il professor Vento – abbiamo scelto questa soluzione, seguendo la strada della massima cautela, come peraltro viene suggerito anche dalle linee guida dei CDC (Centers for Diasese Control and Prevention) americani. Le linee guida regionali e dell’Istituto Superiore di Sanità consentirebbero la non separazione mamma-neonato, nel caso di una mamma COVID-positiva, ma asintomaticata o paucisintomatica. La mamma di Noah però, pur essendo in condizioni generali discrete, aveva una diagnosi di polmonite; quindi in questo caso è stato necessario separarla dal bambino.”
Noah si alimenta col biberon (prende il latte raccolto dalla madre) e procede bene. Il suo primo tampone naso-faringeo è negativo e, come da protocollo, ne verrà effettuato un altro in quinta giornata di vita.
I dati attuali sembrano escludere una trasmissione del virus per via placentare perché finora in le mamme COVID-19 hanno dato alla luce neonati con tamponi naso-faringei in generale negativi. A Bergamo sono nati finora 10 neonati da madre COVID positiva, tutti negativi; fino a due giorni fa, quando è nato il primo bambino con tampone positivo. “Quindi, in questo momento - ammette il professor Vento – non possiamo escludere con certezza la possibilità di una trasmissione per via placentare. Anche perché, un recentissimo lavoro cinese pubblicato su JAMA, ha segnalato che un neonato da madre COVID positiva, sebbene negativo ripetutamente al tampone naso-faringeo, presentava nel sangue la presenza di anticorpi (IgM e IgG), che starebbero a testimoniare un passaggio placentare (forse attraverso il sangue della madre) dell’infezione. Le condizioni generali di tutti i bambini nati finora nel mondo da madri positive si confermano buone, ma è necessario seguire nel tempo questi neonati.”
E ci sono anche altri aspetti da approfondire, perché questa è una storia che si scrive giorno dopo giorno. “La maggior parte dei casi studiati finora si riferiscono ad infezioni da COVID che la madre ha acquisito nel terzo trimestre di gravidanza, in un periodo relativamente più sicuro per il feto. Diverso potrebbe essere il caso di una mamma che contragga l’infezione da COVID molto precocemente; ma al momento non abbiamo informazioni, né esperienza al riguardo.”
“Noah – ricorda il professor Vento – per ora è ancora separato dalla mamma, ma ci auguriamo di poterli ricongiungere appena possibile e allora il bambino potrà prendere il latte direttamente dal senso materno”.
Gli studi effettuati finora non hanno infatti dimostrato presenza del virus nel latte materno; uno ha documentato la presenza di anticorpi nel latte, che starebbero a testimoniare una risposta immunitaria da parte della mamma e un probabile effetto protettivo del latte materno nei confronti dell’infezione.
Nascere in sicurezza al Gemelli al tempo del COVID-19
La vita insomma continua a sbocciare, anche in mezzo alla pandemia. Ma ci si deve attrezzare adeguatamente, come è stato fatto al Gemelli che, dall’11 marzo, insieme all’Umberto I, è uno dei due centri di riferimento regionali per le gravidanze COVID.
“La gravidanza - spiega il professor Antonio Lanzone, direttore unità operativa complessa di Ostetricia e Patologia ostetrica della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e ordinario di Ostetricia e ginecologia, Università Cattolica del Sacro Cuore - non viene complicata in maniera peculiare dal coronavirus. Le donne che contraggono l’infezione da COVID-19 in gravidanza infatti sembrano comportarsi in maniera simile a quelle colpite da altre virosi, anche perché nella maggior parte dei casi le donne gravide con infezione da COVID-19 presentano sintomi lieve. La paziente gravida deve quindi essere considerata con maggior attenzione, perché le manifestazioni dell’infezione possono essere più subdole. Da subito quindi il Policlinico Gemelli, per la sua policy di centro di riferimento regionale per le gravidanze COVID (insieme al Policlinico Umberto I di Roma), ha applicato alle gravide un criterio di eleggibilità al tampone faringeo molto più ampio rispetto ad altre categorie di pazienti. Il tampone viene cioè fatto a tutte le gravide con sintomi respiratori anche sfumati, senza bisogno che vi siano febbre elevata e tosse importante”.
Per mettere in sicurezza tutte le gravide, il Gemelli ha organizzato due percorsi separati. Se la paziente è COVID positiva, viene immediatamente avviata in un zona isolamento, dotata al momento di 12 letti, presso il reparto di Patologia Ostetrica, del tutto separata dagli altri letti e dotata anche di attrezzature autonome (cardiotocografo, ecografi, lettore di equilibrio acido-base, ecc), per non contaminare le altre porzioni dei reparti di ostetricia. Se la paziente con infezione da COVID-19 è in travaglio, va avviata in una stanza appositamente predisposta in sala parto, con un percorso, anche in questo caso diverso e separato, rispetto a quello alle altre gravide. Viene predisposta anche una sala operatoria ad hoc per eventuale esecuzione di tagli cesarei”.
Ma come cambiano le modalità il parto ai tempi del COVID? “Non ci sono sostanziali differenze dal normale – afferma il professor Lanzone - Noi ci siamo regolati così; se l’evoluzione del parto è molto lenta, e si prevede possa andare avanti per giorni, cerchiamo di accelerare i tempi del parto, anche ricorrendo al taglio cesareo. Laddove invece la situazione sia più tranquilla, nulla vieta di fare un parto naturale, anche in caso di gravidanza COVID.”
Dopo il parto, la donna con infezione da COVID-19, nel puerperio mantiene l’isolamento. “La politica che abbiamo attuato – spiega il professor Lanzone - è in questo caso molto più stretta, rispetto anche ad altri ospedali. Separiamo dalla madre il bambino, che andrà in isolamento neonatale, dove viene sottoposto al tampone. Se positivo, resterà in isolamento; in caso contrario, cioè se negativo dopo due test, mentre si attende la guarigione della madre, il bambino potrà essere affidato ai familiari. La puerpera COVID positiva, dopo 2-3 giorni dal parto potrà essere dimessa in assenza di sintomi; ovviamente la donna dovrà osservare la quarantena domiciliare.”
Maria Rita Montebelli
Foto di Luigi Avantaggiato per conto della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS
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