L’esperienza ospedaliera vissuta dagli adolescenti, le loro emozioni e paure nel percorso di cure
Intervista alla psicologa Camilla Zanetti nell’ambito di “Talenti in corsia”, il progetto della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, realizzato con il sostegno di Fondazione Pfizer, dedicato agli adolescenti con patologie complesse.
Il progetto mira a valorizzare le capacità e le attitudini dei ragazzi ricoverati attraverso specifiche attività ricreative come la fotografia, la pittura, la scrittura e la recitazione da realizzare in ospedale e selezionate sulla base delle loro passioni.
Quali sono le emozioni che gli adolescenti vivono nel percorso ospedaliero?
L’adolescenza è il periodo definito di trasformazione e di crescita intesa come percorso di separazione, che investe la relazione tra adulti e bambini, una progressiva costruzione di separazione-individuazione fra figlio e genitore.
L’adolescente avverte in pieno l’urto di questa tensione trasformativa e le esigenze ancora di bisogni infantili. Saranno la “ribellione e le sfide” quel piano esperenziale di crescita e separazione. Il contesto ospedaliero di per sé è un contesto “chiuso” che limita le esperienze di un adolescente. Tali aspetti possono innescare una difficoltà da parte dei ragazzi nell’assumere un atteggiamento esplorativo di autonomia, di riflessione ed espressione di se stessi verso il mondo esterno. Il tempo all’interno di un ospedale può essere avvertito come sospeso; le ricorrenze, i compleanni, la propria routine possono sembrare come echi in lontananza e ostacolare anche una espressione delle proprie emozioni, così come la perdita di un ruolo “attivo”, piuttosto far provare una sensazione come di “immobilizzazione”. Inoltre, i ragazzi consapevoli della condizione vorrebbero sollevare le angosce dei propri genitori e farsi così carico loro stessi della situazione, sperimentando sentimenti di angoscia e ansia con successive difficoltà di narrazione ed espressione dei propri stati d’animo.
Perché è importante offrire loro un sostegno psicologico?
All’interno di un percorso di cura ospedaliera il supporto psicologico fornito ai ragazzi crea la possibilità di veicolare, guidare e contenere le loro emozioni. Offre la possibilità di far narrare loro le angosce e paure, di poter provare l’angoscia e la paura così come riuscire ad identificarle senza doverle anestetizzare e generando così successivamente una riflessione sulle proprie risorse interne, utili da attivare in quel momento di ospedalizzazione.
Supportare le loro emozioni permette, inoltre, di costruire un sentimento del "Noi” contrastando così l’isolamento e la solitudine nell’affrontare un evento traumatico.
Quale impatto hanno le attività ricreative per gli adolescenti in ospedale?
Chi lavora con gli adolescenti conosce quanto è importante poter far esprimere loro le emozioni cercando di costruire la modalità espressiva più matura e funzionale per la loro età. In un contesto ospedaliero di per sé di preoccupazione e angoscia, in particolare un contesto definito “chiuso”, la possibilità di esprimere le emozioni così come il proprio Sé potrebbe risultare difficile. Pertanto le attività ricreative possono presentare la possibilità di generare nell’adolescente la curiosità del “provare”, del generare una riflessione ed una narrazione; quindi costruire una mentalità verso l’esterno, verso la progettualità di un percorso. I laboratori ricreativi si propongono così di rimettere in moto la capacità di pensare, progettare, rappresentare attraverso l’utilizzo di materiali espressivi e di significato simbolico. Tutto questo processo consente ai ragazzi di sperimentare le loro risorse interne e lo sviluppo di un pensiero utile ad implementare la sensazione e percezione di “riuscita”, di autonomia, e di autoefficacia, essendo così loro protagonisti attivi in un percorso di ospedalizzazione.