L’efficienza della ‘macchina’ vaccinale del Gemelli
Quasi 20.000 vaccinazioni effettuate dal 31 dicembre. E sempre con il sorriso.
Due anziani si avvicinano tenendosi teneramente per mano all’ingresso del Centro vaccinale anti COVID del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS presso il Columbus a passi lenti: tanti anni sulle spalle e un sorriso sereno. Oggi è il loro V-day, un primo passo verso il ritorno alla normalità.
“Non ci siamo fermati un attimo dallo scorso 31 dicembre - esordisce la professoressa Patrizia Laurenti, responsabile del Centro vaccinale anti COVID della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, docente di Igiene all’Università Cattolica, campus di Roma – per vaccinare prima il personale sanitario, poi gli over 80 e adesso i ‘fragili’. Sempre col vaccino Pfizer-BioNTech. Finora abbiamo somministrato circa 20.000 vaccini. E il personale del centro vaccinale, dai medici agli infermieri, ha mostrato una dedizione davvero fuori dal comune. Come il dottor Domenico Pascucci, Specializzando in Igiene e Medicina Preventiva, che non è mancato un solo giorno. All’inizio ci siamo mossi contando solo sulle nostre forze, con i nostri medici e gli specializzandi in Igiene e Medicina Preventiva e gli infermieri; un ringraziamento particolare va al SITRA per la disponibilità, alla Direzione Sanitaria per il “committement” e il supporto organizzativo e a tutto il Personale Ammnistrativo coinvolto. Poi, da febbraio, si sono aggiunti anche 8 medici e 2 infermieri inviati dalla Struttura Commissariale del Governo. Il nostro è un gruppo eterogeneo,- continua Laurenti - nel quale ci siamo sforzati di creare, unione e uniformità di approccio e di gestione delle attività del centro, fino a realizzare un team molto solido”.
Quella delle vaccinazioni al Gemelli è una ‘macchina’ rodata da anni, grazie all’offerta annuale dell’anti-influenzale al personale che “quest’anno – ricorda la professoressa Laurenti – ha raggiunto un’adesione superiore al 60%. Ma con la vaccinazione anti COVID, l’impegno si è mediamente triplicato e ogni giorno somministriamo 350 vaccini (con un picco di 430 in un giorno), senza interruzioni dal 31 dicembre, sabato e domenica compresi. E così continueremo, fino all’estate, come da programmazione regionale”.
Rispetto alla vaccinazione antinfluenzale quella anti COVID differisce soprattutto nei tempi necessari a mettere in piedi e a garantire la tenuta dell’organizzazione e ovviamente nei numeri delle persone che afferiscono al Centro vaccinale. Il centro lavora 12 ore al giorno.
“Garantire la tenuta del Centro – prosegue la professoressa Laurenti - non significa solo vaccinare, ma anche pianificare in maniera flessibile, rispetto ai cambiamenti di rotta che le istituzioni ci propongono; per esempio, dall’8 febbraio abbiamo iniziato a vaccinare gli ultra 80enni, ciò ha significato spostare ancor più l’attenzione sulla relazione umana con le persone. Gli anziani hanno riposto tanta fiducia nei nostri confronti e noi abbiamo cercato di ripagarli con tanta attenzione, lasciando spazio a una comunicazione ‘affettuosa’. Da marzo abbiamo cominciato a vaccinare i ‘fragili’. Un pensiero particolare va a tutti gli amministrativi che inseriscono ogni giorno valanghe di dati e che hanno anch’essi un ruolo chiave nella qualità di questa prestazione, che non è solo bucare il deltoide.”
I primi ad essere vaccinati, come in tutta Italia sono stati medici, infermieri e personale sanitario. “Abbiamo cominciato vaccinando i colleghi – ricorda l’infermiera Francesca Palombi - quegli stessi con i quali combattiamo e viviamo da un anno questa battaglia contro il COVID. Somministrare a loro il vaccino, dopo tutto quello che abbiamo vissuto insieme, è stata un’emozione forte. Poi, è toccato agli over 80. Vederli così contenti, puntualissimi, precisi, ti riempie il cuore; quando gli somministri il vaccino, sembra quasi di fargli un dono. Stesso atteggiamento nei pazienti fragili, come i dializzati; non abbiamo mai percepito la paura, il timore, ma solo l’affidamento totale. E ci commuovono quando ci chiedono ‘ma voi il vaccino l’avete fatto?’ come a voler ricordare tutto quello che abbiamo passato quest’anno”.
“Vedo ogni giorno gli occhi pieni di speranza di questi anziani – rivela Marco Ruggiu, infermiere neodiplomato - e la loro gioia. Ci chiedono se possono rivedere i nipoti, se possono finalmente uscire di casa. Ma per loro vaccinarsi è anche un grande atto d’amore perché così possono proteggere anche le persone che gli stanno accanto”.
La serenità che si respira qui al Centro vaccinale è quasi tangibile; ovunque occhi sorridenti e mani gentili ad accogliere carezzevoli queste persone. Un vero e proprio riscatto per gli anziani che per mesi hanno popolato numerosi la più triste delle colonnine del bollettino giornaliero, quella rossa dei nuovi decessi. Sembrava che il mondo si fosse dimenticato di loro, che avesse accettato con fredda rassegnazione l’ineluttabilità del binomio ‘anziano-morte’. Ma adesso, è per loro il momento del riscatto. Gli infermieri del centro vaccinale, che li coccolano con professionalità, ci dicono che sono davvero felici di essere arrivati al vaccino e che non finiscono di ringraziali. E dopo la vaccinazione, quei 15 minuti di osservazione passano in un attimo, perché loro stanno bene in quelle sale dove per anni fisioterapisti hanno restituito alla vita normale gambe fratturate e cuori infranti (il Centro vaccinale è stato allestito presso la palestra di fisioterapia della Columbus) e possono finalmente intrattenersi in conversazione con i loro coetanei, evento inedito da mesi. “La mascotte della ‘coorte degli anziani’ – rivela la Caposala Giovanna Piroddi - è una deliziosa vecchina di 104 anni che ci ha svelato il suo elisir di lunga vita: fare centinaia di tortellini a mano per i nipoti”.
E in questi giorni il pubblico dei vaccinandi sta cambiando di nuovo. Accanto ai grandi anziani e a qualche camice bianco in ritardo sulla vaccinazione, perché ha dovuto attendere l’intervallo imposto dal COVID, è la volta dei ‘fragili’. Che sono spesso giovani, molto giovani, coetanei del più giovane degli infermieri del Centro vaccinale, che si è diplomato alcuni mesi fa. Quelli sulla carrozzina elettrica, sono i ragazzi con SLA o affetti da SMA che vengono dal centro Nemo. Loro sono i più precisi, quelli che fanno tante domande, da quelle tecniche (quanto tempo la fiala deve scongelarsi prima di fare il vaccino), alla tipologia delle possibili reazioni indesiderate. E intanto si avvicina un gruppetto ilare di ragazzi con sindrome di Down, con i loro accompagnatori della casa famiglia. Sorridenti e leggeri come farfalle di primavera, contenti come se fossero in gita scolastica; la più compunta del gruppo rivela tutta fiera “io è la seconda volta che faccio il vaccino”, riferendosi a quello antinfluenzale dello scorso inverno.
Qui dentro ‘no vax’ è un’espressione priva di senso. ‘Vaccino’ ha invece il sapore della vita. Quella ritrovata. Finalmente. Dopo tanti mesi di tragedia.
Maria Rita Montebelli
Nella foto in alto in primo piano, la professoressa Patrizia Laurenti. Dietro, da sinistra a destra: gli infermieri Francesca Palombi e Marco Ruggiu, il dottor Domenico Pascucci, la caposala Giovanna Piroddu.
Sotto gli infermieri con la vaccinanda di 104 anni e la caposala Giovanna Piroddu che mostra uno dei flaconcini di vaccino ‘annullati’ dopo l’uso con un colorante.