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La nuova generazione di radiologi cresce insieme all’Intelligenza Artificiale (AI)

22 Febbraio 2024

Le ricerche di due giovani radiologi del Gemelli pubblicate sul sito internazionale di radiologia AuntMinnie. Obiettivo dello studio: come l’AI  sta trasformando la diagnostica radiologica in senologia peri migliorare la cura dei pazienti

Oggi non è più pensabile concepire la diagnostica radiologica senza l’ausilio dell’IA. E chi non rimane al passo con i tempi sarà inevitabilmente tagliato fuori. Ne sono certi i giovani radiologi di Fondazione Policlinico Gemelli e gli specializzandi della scuola di Radiodiagnostica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, che lavorano fianco a fianco con ingegneri, fisici e informatici per mettere a punto nuovi strumenti. Obiettivo: efficientare gli screening radiologici e migliorare la personalizzazione delle cure oncologiche. Le loro ricerche sono state presentate al congresso dei radiologi americani e rilanciate sul sito della community internazionale di radiologia ‘AuntMinnie’   Il nome e il logo sembrano quelli di un cartone animato, ma il sito AuntMinnie* (www.auntminnie.com) è una delle community di radiologia più celebri e frequentate del mondo. Essere citati dalla ‘Zia Minnie’ per un lavoro scientifico equivale ad un riconoscimento planetario nel settore, ‘pop’ e di enorme visibilità. E l’onore, qualche giorno fa è toccato a due giovanissimi radiologi di Fondazione Policlinico Gemelli, la dottoressa Anna D’Angelo, responsabile di vari progetti di ricerca radiologica senologica e il dottor Matteo Mancino, specializzando al terzo anno in radiodiagnostica. Il lavoro ‘attenzionato’ da AuntMinnie è quello che il loro gruppo, diretto dal professor Paolo Belli, ha presentato qualche mese fa al congresso-monster della Radiological Society of North America (RSNA), che ogni anno richiama a Chicago oltre 40 mila radiologi da tutto il mondo. Il topic di questo studio è come l’impiego dell’intelligenza artificiale sta trasformando la diagnostica radiologica in senologia, con l’obiettivo di migliorare la cura dei pazienti. “All’inizio era il CAD (Computer-Aided Diagnosis - il primo ‘CAD’ commerciale è stato approvato dall’FDA americana nel 1998) – ricorda la dottoressa D’Angelo - uno strumento ‘statico’ di IA agli esordi, che aiutava a rilevare lesioni sospette, senza evolvere mai, perché non ‘imparava’, né migliorava le sue performance. Tutto è cambiato con l’arrivo del machine learning, del deep learning e dei sistemi di convolutional neuronal network; questi strumenti della moderna IA sono in grado di imparare e migliorare giorno per giorno le loro performance, con l’acquisizione di dati provenienti dall’utilizzo quotidiano. In questo campo non mancano tuttavia le criticità e gli snodi ancora da risolvere, dalla privacy dei dati paziente, alla loro trasparenza (per far capire come a partire da questi si è sviluppato un certo modello che possa essere riproducibile e utilizzabile anche da altri centri) a istanze di medicina legale”. “La radiologia, essendo da sempre una delle branche più ‘high tech’ della medicina – riflette il dottor Mancino - è una di quelle che più risente dell’arrivo dell’IA. E quindi la nuova generazione di radiologi dovrà crescere imparando a sfruttarne i vantaggi. Per questo la nostra scuola di specializzazione è impegnata a formare radiologi che abbiano questa vision, e ha introdotto una serie lezioni (anche con docenti internazionali) su argomenti di intelligenza artificiale”. Nella pratica clinica, l’IA può velocizzare il workflow del lavoro e il suo utilizzo sarà di grande utilità nello screening mammografico. “Un sistema di IA avanzato può consentire al radiologo di focalizzarsi solo sulle diagnosi più complesse. Questi sistemi inoltre, con l’utilizzo quotidiano, ‘imparano’ sempre meglio ad elaborare una funzione (ad es. ‘capire’ quando una certa immagine possa indicare una patologia), diventando sempre più ‘bravi’. Un esame letto con l’ausilio dell’IA insomma, dà maggiori garanzie al paziente di ricevere una diagnosi corretta”. “L’IA – prosegue la dottoressa D’Angelo - è come un ‘secondo lettore’, che lavora al fianco del radiologo offrendo una maggior accuratezza nell’individuare una lesione, ma anche nell’escludere la presenza di un tumore o altre patologie. E può inoltre ridurre l’errore di interpretazione dovuto al ‘rumore di fondo’ delle immagini o agli artefatti. I tool di IA danno insomma un grande assist, ma poi l’interpretazione finale delle immagini spetta sempre al radiologo”. Ma c’è ancora molta diffidenza e le persone continuano a chiedersi se possono fidarsi o meno dell’IA? “Noi cerchiamo di rispondere con le evidenze scientifiche acquisite finora – afferma il dottor Mancino -. La prima cosa da capire è che chi va a fare un esame radiologico, non trova la macchina, ma il radiologo che lavora insieme alla macchina, che è uno strumento che usiamo per migliorare le nostre performance. E con vantaggi bidirezionali: la macchina impara giorno per giorno dal radiologo e il radiologo, grazie alla macchina, migliora le sue performance.” L’arrivo della professoressa Evis Sala, come Direttore del Dipartimento di Diagnostica per Immagini, Radioterapia Oncologica ed Ematologia Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS e Professore Ordinario presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, campus di Roma, ha fatto fare un gran balzo in avanti nell’approccio della radiologia all’IA. Come dimostra anche la creazione, all’interno dei parco tecnologico G-STEP del Gemelli, della nuova facility di Computational Pathology and Spatially-Integrated Omics (Patologia computazionale e omiche spazialmente integrate) diretta dal dottor Zormpas Petridis Konstantinos che vede lavorare fianco a fianco radiologi, ingegneri e fisici. “Insieme ai ‘tecnici’ – spiega la dottoressa D’Angelo -  sviluppiamo degli strumenti per migliorare la nostra pratica clinica; noi esponiamo le nostre necessità e insieme ai fisici, agli ingegneri e agli informatici troviamo e costruiamo delle soluzioni. È un nuovo modo di lavorare e di fare ricerca. Al momento ad esempio stiamo lavorando ad un nuovo modello di IA per studiare il cambiamento del microambiente tumorale nelle pazienti che fanno chemioterapia neoadiuvante. I campi di sviluppo di tutto questo settore riguardano soprattutto la medicina personalizzata. Ed è questo il nostro interesse primario: rendere sempre più personalizzate le cure del paziente, cercando di capire come cambia il tumore con la chemioterapia o quali tumori abbiano maggiori chance di risposta ad un determinato trattamento. L’IA, sia che negli screening, che nella medicina personalizzata, è di grande ausilio al radiologo”. Oltre ai big dell’industria radiologica, molte grande aziende stanno lavorando a nuovi tool di IA. Ma tutto parte dalle sperimentazioni svolte nei poli di ricerca universitari. E Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS è pronta a dare il suo contributo.  

  *In gergo radiologico ‘Aunt Minnie’ significa un’immagine molto evidente e patognomonica di una malattia.

Maria Rita Montebelli

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