La fragilità della donna con HIV: una questione gestionale-clinica e socio-comportamentale
La popolazione femminile con infezione da HIV rappresenta ancora oggi una popolazione caratterizzata da una sua “fragilità” sia dal punto di vista gestionale–clinico, che degli aspetti socio-comportamentali. Infatti, anche se nel campo dell’HIV si sono raggiunti importanti traguardi, in Italia si è ancora lontani dall’obiettivo di una gestione ottimale, specie nel caso di una donna.
Il convegno “Il continuum of care nella donna con infezione da HIV in Italia” che si è tenuto mercoledì 21 marzo a Roma, sottolinea la prof. ssa Enrica Tamburrini, associato di Clinica delle Malattie infettive dell’Università Cattolica e Dirigente Medico dell’UOC di Malattie infettive del Policlinico A. Gemelli - ha riunito i principali specialisti nazionali nella gestione dell’infezione da HIV nella donna, nonché di rappresentanti delle associazioni delle persone sieropositive, di medici e di ricercatori di riferimento impegnati su questo argomento in diverse strutture italiane”. All’incontro sono stati protagonisti gli esperti in materia di HIV dell’Università Cattolica e della Fondazione Policlinico A. Gemelli
Gli esperti si sono soffermati in particolare, come spiega la dott.ssa Antonella Cingolani, ricercatrice di Clinica delle Malattie infettive dell’Università Cattolica-Fondazione Policlinico A. Gemelli e promotrice del convegno, sui casi di donne ancora non diagnosticate, donne diagnosticate ma non trattenute in cura, donne in trattamento ma con aderenza imperfetta alla terapia, donne controllate viroimmunologicamente, ma che non raggiungono uno status di salute globale ottimale.
“Nella seconda parte dell’incontro, grazie anche alla presenza di altri specialisti della salute della donna (ginecologi, pediatri, psicologi) in una tavola rotonda, moderata dalla giornalista scientifica Silvia Bencivelli, sono stati presi in esame gli interventi applicabili sulla popolazione femminile per meglio puntare all’obiettivo della salute globale, così come definito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS)“, ha precisato il prof. Roberto Cauda, direttore dell'Istituto di Clinica delle malattie infettive dell'Università Cattolica di Roma e dell'UOC di Malattie infettive del Gemelli.