Incontinenza fecale:il problema si risolve con le nuove tecniche di chirurgia mininvasiva
L’incontinenza fecale è una condizione clinica complessa, che affligge un considerevole numero di persone, stimato intorno all’1-2% della popolazione, con un’incidenza sensibilmente più elevata in quelle di età al di sopra dei 50 anni. Le cause possono essere molteplici, su base neuropatica o malformativa, ma molto spesso l’elemento determinante è una debolezza, o una vera e propria lesione, degli sfinteri anali (per traumi, pregressi interventi chirurgici o, molto più comunemente, in presenza di lesioni conseguenti al parto).
Anche i sintomi possono variare: da piccole perdite di materiale fecale o gas intestinale ad una vera e propria incapacità a percepire o trattenere lo stimolo, con perdita incontrollata di feci liquide e solide. è importante sottolineare come tale condizione sia vissuta in maniera drammatica dal paziente, diventando una forte limitante alla vita sociale e familiare. Il pudore, l’imbarazzo, la vergogna per essere incontinente rendono il paziente reticente a parlarne, anche tra i medici che, per di più, spesso gli inducono la convinzione che non esista rimedio a questo problema. E questa è la più importante convinzione da sfatare: il paziente infatti deve essere opportunamente informato durante una visita proctologica e da qui potrà essere avviato ad una diagnosi accurata. Attraverso semplici accertamenti si potranno identificare le possibili cause dell’incontinenza fecale e, di conseguenza, pianificare un adeguato trattamento per risolvere o migliorare i sintomi.
Esistono numerosi tipi di trattamento, dall’uso di farmaci alla terapia riabilitativa del pavimento pelvico ed alla chirurgia che, in passato, prevedeva interventi invasivi, con necessità di anestesia generale e lunghi ricoveri ospedalieri.
Negli ultimi anni, la ricerca scientifica e l’innovazione tecnologica hanno consentito la realizzazione dello SphinKeeper, un’assoluta novità in campo terapeutico, all’insegna della mininvasività. Laddove siano presenti lesioni o incapacità degli sfinteri anali di mantenere la naturale continenza, l’impianto dello SphinKeeper, costituito da piccole protesi impiantate nel canale anale, forma un “nuovo sfintere anale”, con l’obiettivo di restituire una normale funzione. L’intervento chirurgico si pratica in anestesia locale, ha una durata di circa 30 minuti e prevede l’uso di un dispositivo che impianta le protesi nello spazio tra i due sfinteri anali, con la massima precisione grazie all’ausilio di un’ecografia intraoperatoria.
Al momento dell'impianto queste protesi sono solide e molto sottili (del diametro di 3 millimetri) ma, a contatto con i fluidi corporei, assorbono acqua e, entro 48 ore, raggiungono la forma definitiva di volume aumentato e consistenza soffice, come piccole spugne. Posizionando 10 protesi circonferenzialmente nel canale anale si realizza così il nuovo sfintere anale che dovrebbe essere in grado di migliorare la continenza. Le protesi che costituiscono lo SphinKeeper sono realizzate in materiale inerte, clinicamente testato e non degradabile, che garantisce la stabilità della protesi nella sede dell'impianto, senza frequenti dislocazioni o migrazioni, anche dopo molti anni. Per tale motivo, i risultati clinici ottenuti dopo l’impianto appaiono duraturi nel tempo.
I primi risultati di questo approccio mininvasivo sono stati pubblicati quest’anno sulla rivista scientifica Techniques in Coloproctology, una delle maggiori riviste internazionali del settore, dall’equipe dal prof. Carlo Ratto, responsabile dell’Unità Operativa di Proctologia del Policlinico Gemelli, che ha inventato e messo a punto questa innovativa tecnica chirurgica.
I pazienti che hanno effettuato questo intervento hanno mostrato una scomparsa o significativa diminuzione delle perdite fecali in modo da evitare o ridurre l'uso di pannoloni o salva-slip, con un netto miglioramento della loro qualità di vita.
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