Al centro del futuro della retina, tra terapie geniche, farmaci innovativi e chirurgia hi-tech

Seimila oculisti da 71 Paesi hanno preso parte a Floretina, il congresso dedicato alle patologie retiniche, ormai punto di riferimento mondiale. Quattro giorni di sessioni scientifiche, chirurgia in diretta da sale operatorie di tutto il mondo e ricerca di frontiera hanno evidenziato le novità più promettenti: nuovi farmaci anti-VEGF più duraturi, serbatoi intraoculari e terapia genica per la maculopatia, progressi nelle malattie retiniche ereditarie e l’innovazione ‘made in Italy’ del ‘dual vector’. Sul fronte chirurgico, protagoniste la visione 3D digitale, l’intelligenza artificiale in sala operatoria e le nuove piattaforme chirurgiche ‘all in one’.
La Fortezza da Basso (Firenze) è gremita da seimila oculisti provenienti da tutto il mondo (71 i Paesi rappresentati). Sono qui per Floretina, evento iconico, organizzato dal professor Stanislao Rizzo e dedicato alle patologie retiniche e ai loro trattamenti, medici e chirurgici. Una vetrina imperdibile sul presente più avanzato e sul futuro prossimo del settore, costruito in decine di sessioni in parallelo e numerose sedute di live surgery in collegamento con sale operatorie da tutto il mondo (dal Giappone, al Brasile, dal Kuwait, al Marocco, al Policlinico Gemelli di Roma) e tanta ricerca di frontiera. Oltre mille gli abstract pervenuti, persino dalle isole Samoa.
A margine dei lavori scientifici, anche una sessione molto lungimirante, ‘Eyenovate’, un think tank che fa dialogare tra loro grandi investitori (Deutsche Bank, Bank of America, Sanofi, ecc) e piccole start up di settore, in cerca di finanziamenti per i loro studi clinici.
“Negli anni – ricorda il professor Stanislao Rizzo, Ordinario di Oculistica presso l’Università Cattolica e Direttore della UOC di Oculistica di Fondazione Policlinico Gemelli – Floretina è diventano un importante punto di incontro, un’agorà frequentata da medici, specializzandi, ricercatori, investitori, aziende, enti regolatori (hanno partecipato tra gli altri dirigenti dell’AIFA, dell’EMA, della FDA, ecc.), editor in chief di riviste scientifiche prestigiose (come Retina Journal), società scientifiche di settore (come la SOU, Società Oftalmologica Universitaria)”.
Tante le novità sui trattamenti medici e chirurgici delle patologie vitreo-retiniche, presentate nei quattro giorni di questo evento di rilevanza mondiale. Ecco le principali.
Le novità di trattamento medico
Al centro dell’attenzione internazionale ci sono le terapie per la maculopatia, la principale causa di perdita della vista nel mondo occidentale. “Per quanto riguarda la forma ‘umida’ (la più aggressiva, ma anche la meno frequente, rappresentando appena il 10% di tutti i casi) – ricorda il professor Rizzo – abbiamo farmaci sempre più potenti e patient-friendly. Il vero problema di quelli utilizzati finora è che, seppur molto efficaci, vanno somministrati per iniezioni intra-vitreali una volta al mese, in ospedale. Nella real life questo porta spesso il paziente ad abbandonare la terapia, con gravi conseguenze sulla vista. La nuova generazione di queste terapie anti-VEGF comporta inizialmente 7-8 somministrazioni all’anno, per arrivare in seguito a 3-4”. Ma è possibile fare di meglio. “Ad esempio – spiega l’esperto – introducendo all’interno dell’occhio piccoli serbatoi, che rilasciano in maniera continua il farmaco (e già questo è un vantaggio, perché il ‘picco’ dell’anti-VEGF, somministrato per iniezione intra-vitreale, non fa benissimo) e possono essere riempiti dall’esterno 1-2 volte l’anno. La FDA li ha già approvati; noi al Gemelli siamo stati i top recruiter per lo studio europeo, ma l’EMA non ha ancora dato il via libera”. Una frontiera ulteriore è rappresentata dalla terapia genica (ABBV-RGX-314), che consiste nel portare le cellule della retina a produrre da sole il ‘farmaco’ contro la maculopatia umida, il fattore anti-VEGF. “Anche in questo caso – afferma il professor Rizzo – siamo stati top recruiter in Europa (abbiamo trattato 12 pazienti). I risultati definitivi arriveranno il prossimo anno e speriamo nell’Ok dell’EMA per il 2027”. Accanto a questo, ci sono decine di molecole di nuova generazione (spesso frutto di start up americane) con effetti sempre più potenti e prolungati, attualmente in fase 1 e 2 di sperimentazione, che sono stati presentati in un’apposita sessione del congresso Floretina, Retina Futura.
Per il grande capitolo della maculopatia ‘secca’ (o dry Amd, il 90% dei casi), negli Usa sono disponibili due terapie (Syfovre – pegcetacoplan e Izervay – avacincaptad pegol), non ancora approvate da EMA. “Questi farmaci che richiedono un’iniezione intravitreale mensile – spiega il professor Rizzo – rallentano l’evoluzione della malattia solo nel 30% dei trattati, a livello anatomico, non necessariamente funzionale.
Per le forme intermedie di dry AMD, altre speranze di rallentare l’evoluzione vengono dai laser per la fotobiomodulazione (PBM) e dalla iontoforesi con la quale si somministra luteina ad altissima concentrazione”.
Infine, per le degenerazioni retiniche ereditarie, c’è il grande capitolo della terapia genica. “Per l’amaurosi congenita di Leber (RPE65) – ricorda il professor Rizzo – abbiamo utilizzato di recente Luxturna, la prima terapia genica, approvata tre anni fa”. Ma c’è una grande novità all’orizzonte, frutto della ricerca made in Italy. “Telethon – spiega il professor Rizzo – ha finanziato una piccola grande start up napoletana, AAvantgarde del professor Alberto Auricchio (Ordinario di Genetica Medica alla Federico II di Napoli e direttore del TIGEM, Istituto Telethon di Genetica e Medicina di Pozzuoli), che ha messo a punto un ‘dual vector’; questo permette di superare l’empasse del carrier nella terapia genica”. I carrier utilizzati finora, gli adenovirus, possono trasportare solo piccoli frammenti di DNA ‘di ricambio’. Ma alcune malattie oculari come la Stargardt (una maculopatia giovanile), la sindrome di Usher (una rara malattia genetica ereditaria che colpisce vista e udito) o la distrofia corio-retinica X-linked, necessitano per il trattamento di frammenti di DNA molto grandi, che gli adenovirus non riescono a trasportare. Il professor Auricchio ha ideato un dual vector, ossia ha diviso il DNA in due frammenti che vengono portati sulla retina da due diversi carrier virali, permettendo ai frammenti di DNA di riunirsi all’interno dell’occhio. “Alla Federico II di Napoli la professoressa Francesca Simonelli (Ordinario di Oculistica, Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli) – ricorda il professor Rizzo – ha già trattato i primi 6 pazienti e ha presentato i risultati a Floretina. Contiamo di iniziare anche noi prestissimo”.
Le novità di trattamento chirurgico
Grande protagonista dei trattamenti vitreo-retinici è sempre più la chirurgia digitale in 3D che consente al chirurgo di vedere in tempo reale, durante l’intervento, su un megaschermo, posizionato accanto al campo operatorio, tutte le informazioni necessarie per rendere più sicuro l’intervento (pressione dell’occhio, intensità di luce utilizzata, temperatura di infusione). Ma ci sono importanti novità. “Al Gemelli – rivela il professor Rizzo – è stato messo a punto il primo strumento di intelligenza artificiale applicato alla chirurgia retinica- Si tratta di un software di IA (MATLAB surgical copilot) che, ci ‘parla’ durante l’intervento, mettendo in evidenza le lesioni da trattare e le possibili soluzioni. Per realizzarlo, abbiamo addestrato con migliaia di immagini questo software a riconoscere le varie fasi della chirurgia retinica, i diversi tessuti e gli strumenti che utilizziamo”.
Un’altra novità in sala operatoria riguarda le macchine ‘compatte’, ‘all in one’ (ALCON, UNITY® Vitreoretinal Cataract System-VCS), che hanno insieme sia la strumentazione per la chirurgia vitreo-retinica, che per la cataratta. “Questo ci dà un vantaggio non solo da un punto di vista economico, ma anche di spazio e di organizzazione di sala operatoria”, conclude l’esperto.
Maria Rita Montebelli










