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Psiconcologia: una brezza di vita per le donne con tumore del seno

10 Marzo 2025
Assistenza

Triage psico-oncologico, consulenza psico-oncologica genetica, crescita post-traumatica e oncofertilità. Per ognuno di questi snodi fondamentali nella vita di una paziente con tumore del seno, la psico-oncologia può fare la differenza.  E l’esperienza pluriennale del Gemelli lo dimostra. Se ne è parlato all’ultimo Breast Club organizzato dal professor Gianluca Franceschini, Direttore del Centro Integrato di Senologia di Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS.

A metà strada tra un incontro di team building e un’occasione preziosa (e piacevole) di aggiornamento, i Breast Club organizzati dalla Breast Unit di Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS, avviati all’inizio di quest’anno stanno diventando un vero e proprio evento ‘cult’, che attira ormai partecipanti anche da fuori. “Il motivo del successo è semplice – spiega Gianluca Franceschini, Professore Ordinario di Chirurgia Generale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Direttore della UOC di Chirurgia Senologica di Fondazione Policlinico Gemelli e Direttore del Centro Integrato di Senologia di Fondazione Policlinico Gemelli-. Ho voluto creare la ‘Casa dei Senologi’, dove tutte le specialità possano dialogare tra loro e contribuire a far crescere le competenze del nostro gruppo. Restando tuttavia aperti anche ai colleghi di tanti centri del Lazio, che trovano in questi incontri bisettimanali una valida occasione di aggiornamento”.

Gianluca Franceschini

E l’ultimo Breast Club, tenutosi in una ‘Casa dei Senologi’ davvero affollata, è stato dedicato all’ “Importanza della psico-oncologia nel PIDTA (Percorso Integrato Diagnostico-Terapeutico Assistenziale) della Breast Unit del Policlinico Gemelli”.

Protagoniste dell’incontro, introdotto dal professor Gianluca Franceschini e moderato dal professor Giampaolo Tortora (Ordinario di oncologia medica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e Direttore del Comprehensive Cancer Center di Fondazione Policlinico Gemelli) e dalla professoressa Daniela Chieffo, (docente di Psicologia Generale all’Università Cattolica del Sacro Cuore e direttore della UOC di Psicologia Clinica di Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS) sono state le quattro psico-oncologhe che operano presso la Breast Unit del Gemelli. “La psicologia clinica – ha ricordato il professor Tortora – è uno degli assett fondamentali di questo Policlinico, con gli oltre 16 mila colloqui e valutazioni effettuati ogni anno. Il CCC è un po’ il nucleo aggregante di Fondazione Policlinico Gemelli: ben il 60% dell’attività assistenziale svolta all’interno del Gemelli è di tipo oncologico. A caratterizzarla è la grande collaborazione e addirittura l’amicizia tra clinici e ricercatori, tutti di elevato livello e mossi da una finalità univoca: offrire sempre la migliore assistenza ai pazienti che si rivolgono a noi”.

Il flusso di intervento della psico-oncologia presso la Breast Unit del Gemelli si articola su diversi percorsi di cura che comprendono il triage psico-oncologico, la consulenza psico-oncologica genetica, la crescita post-traumatica e il tema dell’oncofertilità. “La presa in carico psicologica della paziente- ricorda la dottoressa Daniela Belella –  comincia subito, al momento della pre-ospedalizzazione, quando vengono valutati non solo i possibili fattori di rischio (stress, depressione, ecc), ma anche quelli ‘di protezione’, alla base di una risposta trasformativa, dopo un evento traumatico, qual è la diagnosi di cancro”. Nell’ambito di un vero e proprio triage psico-oncologico, prima della visita, vengono somministrati una serie di test (termometro del distress, Hospital & Depression Scale, PTCI, MINI-MAC, Core-OM) per valutare il livello di distress e la capacità di coping della paziente che porteranno a definire il livello di priorità degli interventi di supporto personalizzati da mettere in campo. In generale le pazienti più a rischio dal punto di vista psicologico sono quelle con obesità, o in perimenopausa o portatrici di una mutazione genetica. L’obiettivo degli interventi è quello di ridurre l’impatto emotivo della malattia e di supportare la crescita personale della paziente dopo l’evento malattia”.

Come visto, tra le pazienti più fragili dal punto di vista psicologico sono quelle con un tumore del seno correlato ad un’alterazione genetica (es. BRCA1/2). “La comunicazione della diagnosi genetica – ricorda la dottoressa Stefania Carnevale – è uno dei momenti critici, che possono slatentizzare un disagio psicologico”. La reazione alla comunicazione della diagnosi genetica può declinarsi in paura, impotenza, disorientamento e sfociare nella rabbia. “La diagnosi di tumore – ricorda la dottoressa Carnevale – crea una vera e propria ‘frattura biografica’ e introduce uno spartiacque tra il ‘prima’ e il ‘dopo’ la malattia. Se a questo si aggiunge una diagnosi genetica la situazione peggiora, perché questa affonda le radici nell’identità di una persona, nel suo DNA. Va a creare insomma una sorta di ‘furto di identità’ e mina la percezione della paziente di avere il controllo della propria vita, provocando la disintegrazione dell’identità. L’impatto della comunicazione genetica riguarda certo il benessere psicologico della paziente, ma si estende anche all’ambito familiare (senso di colpa e paura di aver trasmesso la mutazione ai figli) e a quello di coppia (decisioni riproduttive e progettualità familiare anticipata – come nel cosiddetto ‘orologio BRCA’-, affettività, ecc). Per questo è essenziale che il genetista sia assistito dallo psico-oncologo nel counselling genetico, perché la disregolazione emotiva può ostacolare le decisioni della paziente”.

Ma bisogna pensare anche a quel che viene dopo la diagnosi di malattia e la cura, per prendersi cura della paziente in maniera continuativa. “L’espressione ‘crescita-post-traumatica’ – ammette la dottoressa Marinella Linardos – può sembrare un ossimoro, un paradosso. Un ‘trauma’, da un punto di vista psichico è una frattura, l’alterazione dello scudo che ci protegge dagli stimoli troppo violenti della realtà esterna. La ‘bad news’ di essere affetta da un tumore è un’effrazione che la nostra mente non può elaborare, che provoca un collasso psichico e l’incapacità di ‘pensare pensieri’. In questo stadio la paziente non è in grado di recepire le informazioni in modo corretto e il suo tono vitale si abbassa”. Come trasformare dunque questo ‘vuoto a perdere’, in un guadagno psicologico? “Si può fare perché la nostra mente è dotata di una grande capacità trasformativa – rassicura la dottoressa Linardos – che assegna significato e senso alle cose che accadono. E la psico-oncologa aiuta la paziente a trasformare un evento, inizialmente solo subìto, in qualcosa di cui si può appropriare, attraverso un percorso di soggettivazione, di crescita interna. La capacità di ‘digerire l’indigeribile’ passa anche attraverso il mettere in parole la sua sofferenza, costruendo una narrativa a partire dalla sua esperienza, che così non è più solo un ‘vissuto’ e facendo emergere parole ‘piene’, in grado di avere un impatto sulla struttura psico-somatica, quella proto-mentale, dove crescono i significati ancora ‘incollati’ al corpo. Ecco perché è così fondamentale scegliere le parole giuste da dire, (quelle trasformative) e sapere quali evitare, in quanto distruttive. Le pazienti oncologiche lottano per non cadere nella depressione, che è molto diversa dalla depressione ‘malinconica’ tipica della psichiatria, derivante dalla perdita di ‘oggetto’ (es. lutto di una persona cara). La donna con un tumore del seno vive il lutto di qualcosa che non ha mai avuto e che tuttavia ha perso. Ed è la perdita della progettualità, l’illusione della salute infinita, una voglia improvvisa di maternità (anche se mai contemplata prima). La crescita post-traumatica è dunque un processo lungo, che va seguito nel tempo; è il Gemelli è uno dei pochi ospedali che offrono un percorso di psico-terapia oncologica che prosegue nel tempo. Perché il tumore resta sempre nella mente di una persona. E il suo ricordo è sempre pronto a creare nuovi traumi”.

Un altro grande tema trattato dalle psico-oncologia è quello dell’oncofertilità, peraltro molto caro al professor Giovanni Scambia, di recente scomparso. “Il tumore e le sue cure – esordisce la dottoressa Francesca Veccia – oggi non rappresentano più un ostacolo insormontabile al desiderio di genitorialità. La perdita di capacità riproduttiva per contro rappresenta un trauma psicologico importante. Anche in questo caso è necessario fornire alla donna informazioni complete, emotive o terapeutiche e bilanciare le emozioni contrastanti. Il colloquio con la psico-oncologa rappresenta dunque uno spazio sicuro dove esprimere sentimenti e sensazioni e dove ricevere informazioni attraverso un approccio multidisciplinare, come avviene presso il centro ISI (Istituto Scientifico Internazionale) del Policlinico Gemelli del quale fanno parte la professoressa Paola Villa, il dottor Giacomo Corrado e la dottoressa Inge Peters”.

Maria Rita Montebelli

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