Sport e traumi: le nuove tecniche di terapia per garantire la ripresa
In Italia circa 11,5 milioni di persone (stime ISS) praticano uno o più sport con continuità, mentre 5,5 milioni lo praticano saltuariamente per un totale di 17 milioni di soggetti coinvolti (29.8% della popolazione totale). Lo sport viene considerato come un rimedio curativo in molti soggetti, ma un’intensa attività fisica può generare anche delle problematiche: possiamo pertanto parlare anche di “effetti collaterali” dello sport. In ambito ortopedico questi effetti collaterali possono essere rappresentati da:
1) manifestazioni da sovraccarico. Lo sportivo, per la ripetitività del gesto atletico, sia in allenamento che in gara, sottopone a notevoli sollecitazioni le proprie strutture muscolari e articolari esponendosi al rischio di produrre nel tempo patologie da sovraccarico funzionale. Lo sportivo, soprattutto se inesperto o poco allenato, può anche eseguire il gesto atletico scorrettamente o in condizioni non ottimali creando i presupposti per danneggiare l’articolazione;
2) lesioni acute da sport. Esse riconoscono un momento meccanico preciso (cadute o colpi diretti) che produce lesioni immediate dolorose e che impone la sospensione dell’attività.
È importante la comprensione dei meccanismi di produzione delle lesioni perché il loro pronto riconoscimento consente l’adozione delle misure diagnostiche e terapeutiche più appropriate. Questa velocità di “azione” per lo sportivo riflette la necessità di ritornare in breve tempo all’attività fisica. Per il medico, la velocità nel formulare la corretta diagnosi è importante poiché può condizionare la direzione terapeutica e i risultati finali. Pensiamo ad esempio alla rottura del legamento crociato anteriore. Si tratta di uno dei 4 legamenti più importanti del ginocchio ed ha la funzione di stabilizzarlo impedendo la traslazione anteriore della tibia rispetto al femore. Questo legamento, rispetto agli altri, non ha nessuna capacità di “guarigione” e quindi il ginocchio, privato del suo stabilizzatore, risulta predisposto a subire ulteriori traumi distorsivi/cedimenti sia durante l’attività sportiva sia durante le attività del quotidiane. Per questo motivo, nel soggetto attivo, è importante intervenire adeguatamente. Un trattamento ritardato fa aumentare del 20-30% il rischio di avere un danno cartilagineo e del 70% quello di avere una lesione del menisco. Il trattamento tempestivo, inoltre, consentirà di aumentare la probabilità di salvaguardare una struttura nobile come il menisco: la meniscectomia è eseguita solo nel 48% dei casi se la ricostruzione legamentosa è praticata a breve tempo dal trauma. Del resto, oggi, l’ortopedico articolare ha come obiettivo il: “save the meniscus”. Il menisco, infatti, è una struttura nobile che partecipa alla dissipazione dei carichi articolari, alla stabilizzazione del ginocchio e alla propriocezione. È evidente l’importanza di poter “riparare” questa struttura per salvaguardarne la funzione. Se ciò non è possibile a causa del tipo di lesione, si dovrà eseguire una meniscectomia selettiva cercando di conservare la maggior quantità di tessuto meniscale. Una delle conseguenze della meniscectomia nel lungo periodo può essere una deformazione dell’asse anatomico del ginocchio (in alcuni soggetti tale deformità è congenita) con degenerazione cartilaginea. La deformità si accentua con il carico e il peso corporeo e si può aggravare progressivamente causando dolore e limitazione funzionale. Oggi nel paziente giovane attivo, la procedura più idonea per correggere questa condizione è l’osteotomia: frattura parziale della tibia o del femore, stabilizzata con placca e viti, per ottenere una correzione dell’asse di carico. Alternativa di nicchia da valutare quando sia stato asportato completamente il menisco è il trapianto meniscale. È particolarmente indicato in soggetti giovani e attivi con un danno cartilagineo non eccessivamente esteso. Il menisco da trapianto (“un ammortizzatore di ricambio”) può essere proveniente da donatore (allograft) o da tessuto biocompatibile di sintesi che sarà poi “riabitato” da tessuto biologico del paziente ricevente. In quest’ultimo caso bisogna valutare che la condizione del tessuto meniscale residuo sia adeguatamente resistente e stabile poiché rappresenta la base di “ancoraggio” della protesi meniscale biologica. In definitiva, l’obiettivo della chirurgia articolare del ginocchio è di ripristinare l’equilibrio biomeccanico dell’articolazione consentendo una ripresa delle attività limitando l’evoluzione del danno degenerativo.
Informazioni utili
Dr. Ezio Adriani: Responsabile Centro di Traumatologia dello Sport e Chirurgia del Ginocchio – Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS - Largo Agostino Gemelli, 8 00168 Roma - Tel: 06/88818881