Un porto sicuro
Da sempre il nostro Ospedale Universitario è un punto di riferimento. Per i pazienti, che percorrono autostrade e ferrovie in cerca di sollievo. Per gli studenti che - come me - sono entrati ed entrano in competizione con migliaia di altri per la nostra Facoltà. Per i medici che ogni anno arrivano, dai quattro angoli del nostro e degli altri Paesi, per perfezionare saperi e conoscenze e per cercare nuove cure alle malattie. Questa è la “mission” dell’Ospedale Universitario. Un fine equilibrio di lavori onerosi: assistenza, didattica e ricerca. Un impegno straordinario soprattutto per mantenere quell’eccellenza caritatevole che tutti ci riconoscono. Noi abbiamo un compito speciale: il nostro è l’Ospedale dei Cattolici, il più grande del nostro Paese: un punto di riferimento per la cura del paziente, la cura dell’uomo e la cura dello spirito.
Mantenere queste “eccellenze” in tempi di crisi non è un lavoro facile. Ma ci continuiamo a distinguere per tenere vivo il “sogno dell’anima” di Padre Agostino Gemelli che, per il suo ottantesimo compleanno, ebbe la gioia di ricevere l’invito del Papa a costruire la Facoltà di Medicina come “coronamento della struttura dell’illustre Ateneo quale ultimo e prezioso frutto dell’Università Cattolica”. Anche i numeri di oggi sottolineano la capacità di attrazione, l’appeal, del nostro lavoro. Lo scorso anno sono stati 8.000 i candidati per i 300 posti di Medicina e Odontoiatria e quest’anno oltre 1.000 quelli provenienti da 39 Paesi per i cinquanta posti di Medicine and Surgery, il nostro nuovo Corso di laurea in Medicina in lingua inglese. Un totale di quasi 6.000 studenti iscritti e oltre 2.200 medici impegnati in corsi post-laurea. Grandi numeri. Come quelli della ricerca che - nello scorso anno - ha raccolto 233 nuovi progetti finanziati per un importo totale di 14,5 milioni di euro. E le nuove idee, come l’attivazione del Consiglio di ricerca e dell’Ufficio di Bruxelles per internazionalizzare e per promuovere la nostra ricerca in ambito europeo. La tempesta forse è passata. Ma il porto sicuro non è all’orizzonte. Dobbiamo navigare braccia di mare che potrebbero ancora essere insidiose. Solita tirata di maniche di camicia. E mani ai remi. Con voghe per tutti. Come abbiamo fatto sempre. Con il nostro forte senso di appartenenza, con la fierezza e l’orgoglio che ci distingue. Saremo noi la risposta alla crisi. Saremo noi a tracciare la rotta. D’altronde i progetti - soprattutto quelli più impegnativi - li fanno gli uomini, non gli statuti. Tutte le volte che un paziente avrà bisogno di sollievo: noi ci saremo. Tutte le volte che un giovane avrà bisogno di buoni maestri: noi ci saremo. Tutte le volte che il frutto di una ricerca faticosa potrà portare salute e serenità: noi ci saremo. Il viatico per il nostro “porto sicuro” è nelle parole di Giovanni Paolo II, il nostro Papa Santo. Le abbiamo fatte nostre: “…prendete la vostra vita in mano e fatene un capolavoro!” Il simbolo del nostro impegno è la risposta all’invito di Papa Francesco: “Per favore - ci ha raccomandato - non guardate la vita dal balcone, mischiatevi lì dove ci sono le sfide, la vita, lo sviluppo”.
Rocco Bellantone
Preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia
dell’Università Cattolica del Sacro Cuore