Tumore della tiroide: Italia leader nella cura, ma ci vogliono centri specializzati ad alto flusso

"L'Italia è leader nella cura al cancro alla tiroide". Sono state queste le parole usate da Rocco Bellantone, direttore del Centro di chirurgia endocrina e metabolica della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs di Roma, in occasione del recente World Congress on Thyroid Cancer 3.5, meeting internazionale che per la prima volta, è uscito dai confini di Stati Uniti e Canada ed è approdato in Europa, a Roma, dove si è concluso lo scorso 22 giugno. Un evento di rilievo mondiale, presieduto da Bellantone e da Celestino Pio Lombardi, direttore dell'Unità di chirurgia endocrina della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs, con la collaborazione della Harvard University, che ha visto la partecipazione di circa 800 esperti proveniente da 70 Paesi diversi e dal quale è stato lanciato un messaggio forte, che lo stesso Bellantone riassume così: “Il tumore alla tiroide non deve essere sottovalutato e deve essere trattato in centri ad alto flusso, centri specializzati alla diagnosi e al trattamento". È bene ricordare che in Italia si contano ogni anno tra i 12.000 e i 15.000 nuovi tumori della tiroide e vengono effettuati circa 40.000 interventi di tiroidectomia l'anno. E proprio a questo proposito, Bellantone ha spiegato: “Ci sono grandi novità nel trattamento chirurgico, che diventa sempre meno invasivo. Il nostro gruppo è stato il primo al mondo a inventare un approccio mini-invasivo sulla tiroide che permette interventi di asportazione dei linfonodi con taglietti di meno di 2 centimetri. C'è un fiorire di nuove tecniche”. Non solo. "Ci sono grandi innovazioni nella diagnostica - ha proseguito Bellantone - perché la genetica sta assumendo un ruolo importante nello studio dei noduli tiroidei. Presumiamo che questo ci permetterà nel prossimo futuro di evitare gli interventi inutili e operare chi ne ha realmente bisogno". Sfortunatamente "sono metodiche costose che sono al di fuori dei Lea che il Servizio sanitario nazionale può fornire, però sono analisi ormai diffuse in tutto il mondo, che hanno un'importanza fondamentale". Quel che bisogna poi notare è che "non è possibile adottare lo stessa terapia per tutti i pazienti - ha sottolineato Lombardi -. Ogni paziente è diverso dall'altro ed è necessario adeguare il trattamento, specificando la storia del singolo paziente". Da qui “l'importanza delle linee guida - ha continuato Lombardi -, che nascono dalla necessità di mettere un po’ di ordine in un mondo che è abbastanza vario, basti pensare che in Italia solamente il 5% dei 1.700 centri che fanno chirurgia della tiroide affronta più di 100 casi l'anno. Cento casi l'anno vengono considerati il numero minimo indispensabile per garantire una qualità al paziente, nel senso che si è abbastanza abituati a fare quel tipo di intervento, che si ha a disposizione una serie di metodiche, che si conosce l'intervento e lo si può insegnare a quelli più giovani. Le linee guida - ha concluso Lombardi - servono a capire chi può fare l'intervento e in che modo, qual è l'approccio migliore, quali sono le complicanze: non sono degli ordini assoluti ma rappresentano delle indicazioni che indirizzano chi non è ancora esperto, con l'obiettivo di avere standard sempre più alti e sempre migliori".