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Sempre meno bisturi con l’ampliamento della radiologia interventistica

20 Dicembre 2023
Assistenza

Il punto con il professor Roberto Iezzi, direttore UOC Radiologia d’Urgenza ed Interventistica Policlinico Gemelli IRCCS. Una branca super specialistica in rapidissima crescita che sta allargando di anno in anno i suoi ambiti di intervento: dalle patologie oncologiche, ai traumi della strada, fino a patologie benigne molto comuni come ipertrofia prostatica, fibromi uterini ed emorroidi sanguinanti. Tanta innovazione tecnologica e nei materiali e tre parole d’ordine: velocità, sicurezza ed efficacia.

Ci sono due branche della radiodiagnostica, la radiologia d’urgenza e la radiologia interventistica, che hanno in comune l’innovazione e le nuove tecnologie. “Entrambe sono ispirate a tre principi: la velocità, la sicurezza e l’efficacia – ricorda il professor Roberto Iezzi, direttore della UOC di Radiologia d’Urgenza ed Interventistica, Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS e Professore Associato di Radiologia presso l’Università Cattolica, campus di Roma -.  Velocità perché sia in radiologia d’urgenza che interventistica è fondamentale effettuare la procedura nel più breve tempo possibile, soprattutto in pazienti in condizioni instabili o a rischio di vita. Il tutto va effettuato in sicurezza, quindi con un controllo legato a metodiche di imaging (fluoroscopia, ecografia, TAC) e in maniera efficace per andare a risolvere il problema”. Il punto di contatto di queste due branche è la risoluzione di una problematica in urgenza, attraverso la radiologia interventistica”. Uno degli ambiti di applicazione più consolidati riguarda i sanguinamenti toraco-addominali, come quelli causati da traumi della strada o da danni vascolari, secondari a procedure chirurgiche molto complesse per patologie soprattutto oncologiche. “Uno dei traumi più comuni in caso di incidente stradale riguarda la milza – ricorda il professor Iezzi – ma al posto della splenectomia negli ultimi anni si ricorre sempre più spesso all’embolizzazione, una tecnica di NOM (non operative management), cioè di controllo del sanguinamento, senza rimozione chirurgica dell’organo. Sta infatti iniziando l’arruolamento di un registro internazionale al quale parteciperemo per valutarne i risultati a confronto con il riferimento chirurgico, soprattutto in termini di sicurezza e miglioramento dell’outcome del paziente. Le procedure di ‘embolizzazione’ (chiusura intenzionale di un vaso), hanno tre ambiti di applicazione principali: arrestare un sanguinamento che può essere fatale per il paziente; trattare una lesione vascolare come uno pseudo-aneurisma vicino a una anastomosi chirurgica, o post-traumatico; portare il paziente all’intervento chirurgico, nel caso di una lesione ipervascolarizzata, con maggior sicurezza e minor rischio procedurale (con l’embolizzazione si riduce la vascolarizzazione del letto chirurgico e il chirurgo può operare con un rischio minore di sanguinamento)”. La radiologia interventistica è una branca super-specialistica della radiologia, che sfrutta le metodiche di imaging (fluoroscopia, ecografia, TAC e la risonanza magnetica) non solo per giungere a una diagnosi, ma soprattutto come guida per effettuare un trattamento, che sempre più spesso può essere alternativo a quello chirurgico; oppure, può essere associata a un trattamento chirurgico o essere preparatoria (‘bridge’) all’intervento chirurgico. “Le tecniche di radiologia interventistica – ricorda il professor Iezzi – si suddividono in due grandi tipologie: quelle percutanee e quelle endovascolari (intra-arteriose o endovenose). Nelle prime, gli strumenti vengono inseriti attraverso la cute del paziente per raggiungere ad esempio un tumore ed effettuare un trattamento ablativo di un tumore epatico, che può avvenire con tecniche termiche (il tumore viene ‘bruciato’), o crioablative (il tumore viene distrutto con il freddo), oppure elettriche (vengono inseriti degli aghi che creano dipoli elettrici intorno al tumore, ne aprono le membrane delle cellule e, in maniera superselettiva, vanno a danneggiare solo le cellule tumorali), che consentono di trattare tumori localizzati anche in posizioni molto complesse e non resecabili chirurgicamente”. Si tratta di procedure mini-invasive che non richiedono interventi chirurgici, ne anestesia generale (vengono effettuate in anestesia locale o in sedazione profonda) e consentono una rapida ripresa delle normali attività quotidiane da parte del paziente e una breve degenza ospedaliera. “Nelle tecniche endovascolari – prosegue il professor Iezzi –  il trattamento viene veicolato attraverso i vasi arteriosi o venosi. In questo modo si effettuano embolizzazioni, ad esempio per patologie oncologiche (tumori epatici) mediante l’infusione di chemioterapici (chemio-embolizzazione) o di particelle radianti (radio-embolizzazione). Altri ambiti di applicazione sono le patologie traumatiche e alcune patologie benigne, che molto comuni, come i fibromi uterini, l’ipertrofia prostatica benigna o le emorroidi sintomatiche sanguinanti”. L’innovazione nel campo della radiologia interventistica riguarda sia nuovi materiali, che nuove tecnologie. Al Gemelli sta per iniziare una sperimentazione su microsfere biodegradabili, cioè riassorbibili (BioPearl®, Terumo) che portano i chemioterapici direttamente nel tumore; le microsfere si comportano come dei ‘postini’ che, dopo aver consegnato il carico di farmaco, svaniscono nel nulla. Questo evita gli effetti collaterali dell’embolizzazione. “La sperimentazione inizierà sul fegato (epatocarcinoma) – annuncia il professor Iezzi – e poi verrà estesa ad altri ambiti. È un trial multicentrico internazionale di fase 4 che sarà coordinato dal Gemelli. In una prima fase coinvolgerà 50 pazienti”. Sul fronte delle nuove tecnologie, sempre maggiore spazio stanno prendendo intelligenza artificiale (IA) e nuovi software di guida in interventistica. “L’IA – spiega il professor Iezzi – serve in urgenza per aiutare il radiologo a porre diagnosi più precise con rapidità, ma anche nell’identificazione di fattori predittivi di selezione e risposta del trattamento. I sistemi software di guida ci consentono di posizionare con maggior precisione i nostri device all’interno o intorno alle lesioni, per avere una miglior copertura del tumore e un maggior margine di sicurezza, che amplifica e aumenta la probabilità che il nostro trattamento possa essere curativo e definitivo”. L’unità di Radiologia d’Urgenza e Interventistica è parte integrante del centro ARC (Centro Avanzato di Radiodiagnostica) diretto dalla professoressa Evis Sala, Direttore del Dipartimento di Diagnostica per Immagini, Radioterapia Oncologica ed Ematologia Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS e Professore Ordinario presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, campus di Roma. Il centro ARC fornisce lo stato dell’arte più avanzato delle cure attraverso una diagnostica integrata personalizzata, con trasferimento della ricerca innovativa nella pratica clinica, con un dialogo continuo con i Clinici e la Direzione del Policlinico. Di tutto questo si è parlato anche nell’ultimo congresso “L’ABC dell’imaging in urgenza: lesioni traumatiche” (Fondazione Policlinico Gemelli, 4-5 dicembre 2023), patrocinato dalla Società Italiana di Radiologia Medica e Interventistica (SIRM) e dalla Società Europea di Radiologia d’Urgenza (ESER) e che ha visto la partecipazione nella faculty della professoressa Ana Blanco, presidente dell’ESER. Il congresso ha rappresentato l’occasione per presentare la modalità operativa della radiologia interventistica e d’urgenza di Fondazione Policlinico Gemelli, incentrata in un lavoro di team multidisciplinare, coordinato dal gruppo della chirurgia d’urgenza (professor Gabriele Sganga), degli anestesisti (professor  Massimo Antonelli, professor Marco Rossi e professor Mariano Alberto Pennisi), e del gruppo del DEA (professor Francesco Franceschi) ma che include tutti gli specialisti clinici e chirurghi del nostro Policlinico Agostino Gemelli IRCCS, chiamati in maniera specifica per competenza.    

Maria Rita Montebelli

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