Occhio da tiroide (TED): al Gemelli un ambulatorio multidisciplinare

Ne soffre un paziente di tre tra quelli con ipertiroidismo (malattia di Basedow-Graves), ma può comparire anche prima dei sintomi dell’ipertiroidismo o persistere anche dopo che la funzionalità tiroidea è tornata nei limiti. Il Gemelli è in grado di offrire ai pazienti tutte le terapie del caso presso l’ambulatorio delle Orbitopatie Tiroidee: farmacologiche nella fase acuta, chirurgiche nella fase cronica; comprese quelle del futuro, attraverso i trial clinici su terapie sperimentali.
Palpitazioni e tachicardia, tremori, insonnia, dimagrimento, intolleranza al caldo, nervosismo, aumento dell’appetito. Sono tutti sintomi correlati all’aumento degli ormoni tiroidei nel sangue, cioè ad una condizione di ipertiroidismo, tipica ad esempio della malattia di Basedow-Graves. Ma un paziente su tre di quelli affetti da Basedow, può presentare anche sintomi extra-tiroidei, associati a fenomeni non direttamente correlati alla produzione di ormoni tiroidei. “Tra i più complessi da gestire – spiega il professor Alfredo Pontecorvi, Ordinario di Endocrinologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore e Direttore della UOC di Endocrinologia e Diabetologia di Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS - c’è la malattia oculare tiroidea (Thyroid Eye Disease, TED), che può manifestarsi con segni e sintomi aspecifici, quali occhio rosso, sensazione di corpo estraneo nell’occhio, aumento di lacrimazione, fino a sintomi più critici quali la proptosi, l’esoftalmo (occhio sporgente, che può arrivare all’evento grave e drammatico della lussazione del globo oculare), la comparsa di danni a livello corneale (dovuti al fatto che la palpebra non riesce più a coprire completamente l’occhio), fino a quadri molto più critici, quali la compressione del nervo ottico, col rischio di perdita della vista”.
L’interessamento oculare può essere correlato al fenomeno autoimmune, che è alla base della malattia di Basedow e quindi alla produzione di anticorpi anti-recettore del TSH. “I recettori per il TSH – spiega il dottor Edoardo Vergani, specialista in endocrinologia presso Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS - infatti sono presenti, oltre che sulla tiroide, anche nel tessuto adiposo dell’orbita. Alla malattia oculare può però contribuire anche un’infiammazione cronica, che ha come punto focale i fibroblasti che rilasciano matrice connettivale a livello dell’orbita; è questo accumulo di materiale nell’orbita, che ‘spinge’ in avanti il globo oculare e provoca l’esoftalmo. Raramente, la malattia di Basedow può esordire con i sintomi oculari, quando ancora quelli sistemici non sono presenti”.
Tra i fattori di rischio dell’orbitopatia tiroidea c’è il fumo di sigaretta (chi fuma dovrebbe smettere immediatamente!) e un’iperfunzione tiroidea non gestita adeguatamente; traumi accidentali e stress rappresentano un possibile innesco.
“In ambito di orbitopatia tiroidea – prosegue il dottor Vergani - distinguiamo una fase attiva, che può essere gestita con terapia farmacologica, e una fase cronica di malattia, dove può essere indicato un approccio chirurgico. Molto importante dunque la diagnosi precoce, che consente di intervenire farmacologicamente e di bloccare la patologia sul divenire, nella fase ‘attiva’ di malattia. Al momento, il gold standard del trattamento prevede l’utilizzo di boli di cortisonici per 12 settimane, accompagnati da una terapia immunosoppressiva orale (es. con il micofenolato mofetile). Nelle forme più lievi, si intervenire con una terapia topica. Sono allo inoltre studio nuovi farmaci su nuovi target di malattia che riguardano l’attività fibroblastica (es. recettore dell’IGF-1 a livello endo-orbitario), ma anche contro gli anticorpi anti-recettore del TSH (anticorpi monoclonali e small molecule che intercettano questi anticorpi o nel sangue o a livello dell’orbita) e infine farmaci che intercettano la tempesta citochinica, da utilizzare all’esordio dell’infiammazione (anticorpi contro l’interleuchina 6 e anti-recettore dell’interleuchina-6)”.
La diagnosi è sostanzialmente clinica e può essere completata con una serie di esami. Il fatto che ci sia una malattia tiroidea di base e la presenza di anticorpi anti-recettore del TSH (TRAB) è molto orientativo. “L’ideale sarebbe comprendere, attraverso il dosaggio di alcuni biomarcatori – afferma il professor Pontecorvi - quale sia il pathway principale di malattia, per indirizzarsi verso la terapia a target più mirata per un determinato paziente. Il Policlinico Gemelli sta prendendo parte a molti dei trial clinici su queste nuove terapie putative”.
Molto importante è la valutazione oculistica del paziente con orbitopatia tiroidea, per poter definire la gravità del problema (entità dell’esoftalmo, pressione endo-oculare, danno del visus). Responsabili dell’Ambulatorio Oculistico della Orbitopatia tiroidea sono il prof. Gustavo Savino e il dott. Giovanni Cuffaro. Può essere utile effettuare una risonanza magnetica (per definire meglio il grado di attività di malattia) o la TAC (che è di aiuto al chirurgo, per orientare verso un eventuale intervento di decompressione orbitaria, ma anche per la correzione chirurgica dello strabismo o interventi sulla palpebra). Una volta definita l’attività di malattia e la gravità del quadro clinico, l’endocrinologo e l’oculista scelgono la migliore terapia per il paziente.“I pazienti con interessamento oculare in Italia- sottolinea il Professor Gustavo Savino, docente di Oculistica presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore e direttore della UOC Oncologia Oculare di Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS - sono circa 80.000, ma il numero reale è probabilmente molto più elevato considerando le forme lievi spesso misconosciute. È sicuramente la manifestazione della malattia di Graves più evidente e la più complessa da trattare, con elevato impatto sulla vita di relazione. È tuttavia probabile che, nel prossimo futuro, grazie alle nuove terapie biologiche e poli-farmacologiche, ci sarà una importante riduzione della necessità di intervenire chirurgicamente”.
“Fondamentale dunque è la gestione multidisciplinare di questi pazienti – conclude il professor Pontecorvi -. Centri di terzo livello come quello di Fondazione Policlinico Gemelli, in grado di impostare un percorso completo per il paziente, avvalendosi di più figure specialistiche, rappresentano il gold standard per la loro gestione”.
L’ambulatorio delle Orbitopatie Tiroidee è coordinato per la parte endocrinologica dal professor Alfredo Pontecorvi e dal dottor Edoardo Vergani; responsabili per la parte oculistica sono il professor Gustavo Savino e il dottor Giovanni Cuffaro. Gli specialisti che rappresentano il nucleo centrale di questo ambulatorio, possono inoltre a seconda dei casi avvalersi di una serie di consulenti, dal chirurgo endocrino, al medico nucleare, al radioterapista, al reumatologo, all’otorinolaringoiatra, all’ortottista.
Maria Rita Montebelli
In foto da sinistra a destra: Giovanni Cuffaro, Gustavo Savino, Alfredo Pontecorvi, Edoardo Vergani
Per info: email TED@policlinicogemelli.it
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Ambulatorio di Orbitopatia Tiroidea CUP regionale 069939
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