Nuovo test con prelievo e elettroencefalogramma per individuare i soggetti a rischio di demenza
Novità importanti nella diagnosi precoce di demenza: potrebbe presto divenire possibile sapere chi si ammalerà (anche di Alzheimer) con un doppio test combinato - semplice e low cost - basato su un prelievo di sangue e un elettroencefalogramma (Eeg). Lo rivela uno studio condotto presso la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS - Università Cattolica, con il supporto tecnico dell’IRCCS S. Raffaele Pisana. Il test sarà rivolto a tutti coloro che presentano un lieve declino cognitivo (MCI è l’acronimo in inglese) e che proprio per questo hanno un rischio 20 volte più elevato di ammalarsi di demenza rispetto ai coetanei sani. Ma solo la metà di coloro che hanno una forma di declino cognitivo lieve svilupperanno effettivamente poi la malattia; a oggi non è dato prevedere chi si ammalerà e chi no in modo semplice, economico e non invasivo, ma servono esami onerosi come la Pet, la risonanza magnetica o la puntura lombare.
La ricerca, che potrebbe rappresentare una svolta almeno per questo gruppo di soggetti a rischio, è stata pubblicata sulla prestigiosa rivista ‘Annals of Neurology’. È stata coordinata dal prof. Paolo Maria Rossini, direttore dell’Area di Neuroscienze della Fondazione Policlinico A. Gemelli IRCCS e ordinario di Neurologia all’Università Cattolica, con la collaborazione del dott. Fabrizio Vecchio dell’IRCCS San Raffaele Pisana di Roma, del prof. Camillo Marra, responsabile della Clinica della Memoria della Fondazione Gemelli, della dott. ssa Francesca Miraglia, bioingegnere presso il Policlinico A. Gemelli, del prof. Danilo Tiziano, della Genetica medica della Fondazione Gemelli, e del dott. Patrizio Pasqualetti, responsabile bio-statistico e direttore scientifico dell’Associazione Fatebenefratelli per la ricerca (AFaR).
“Grazie a questo studio, sarà semplice e rapido conoscere chi si ammalerà di demenza tra i soggetti a rischio: basteranno un Eeg eseguito in modo routinario, ma analizzato con metodi estremamente sofisticati, e un prelievo”, spiega il prof. Rossini. “A oggi, manca nella pratica clinica un test siffatto, che potrà essere di grande aiuto sia per le persone con declino cognitivo, sia per le loro famiglie, per iniziare il prima possibile i trattamenti medici e riabilitativi, per introdurre le necessarie modifiche nello stile di vita e per orientare per tempo scelte anche difficili che si è costretti ad affrontare in caso di diagnosi di demenza”.
Il test ha dimostrato un’accuratezza elevata (cioè non dà falsi positivi o false diagnosi) fino al 92%. Il prelievo di sangue serve a condurre un semplice test genetico alla ricerca di una mutazione legata al rischio di Alzheimer, sul gene ApoE. Mentre i segnali registrati con l’Eeg sono interpretati con un’analisi matematica (teoria dei grafi) che consente di capire come sono connesse tra loro le diverse aree del cervello. Il declino cognitivo lieve risulta ai normali test neuropsicologici (in genere effettuati per modesti deficit di memoria o perché c’è una significativa familiarità di demenza) è caratterizzato da piccole défaillance misurabili, ma che non impattano nelle abilità di vita quotidiana, di relazione, affettiva, professionale del paziente. In Italia ci sono attualmente circa 735.000 persone con questo tipo di lieve declino cognitivo. Nel giro di 1-5 anni dalla diagnosi un soggetto su due con declino cognitivo svilupperà la demenza vera e propria.
Una metodica semplice e efficace:?ora il trial multicentrico
Il test è stato sviluppato per realizzare una metodica semplice, a basso costo, disponibile su tutto il territorio nazionale e non invasiva (come invece, per esempio, è la puntura lombare). Accuratezza e sensibilità sono state valutate su 145 pazienti con MCI in cui il test genetico e l’Eeg sono stati eseguiti all’inizio dello studio. Il campione è stato seguito per alcuni anni:?in 71 hanno sviluppato una demenza, mentre 74 sono rimasti stabili.
La diagnosi precoce sviluppata con il test consentirà di inquadrare il paziente in un percorso terapeutico con farmaci già disponibili e più efficaci nella fase pre-malattia; il rischio demenza potrà inoltre essere ridotto o i sintomi rallentati modificando lo stile di vita (dieta, sport, fumo, controllo della pressione, della glicemia, della funzione cardiaca, della funzione tiroidea. Inoltre, quando arriveranno i farmaci innovativi destinati alle forme “prodromiche” di Alzheimer, lo strumento permetterà di intercettare per tempo i soggetti che certamente si ammaleranno.
“Il test è utilizzabile da subito nella pratica clinica - annuncia il prof. Rossini -, ma è previsto un suo ’collaudo’ all’interno del progetto di ricerca comparativa ‘Interceptor’, di recente finanziato da AIFA e Ministero della Salute, che confronterà accuratezza, costi e facilità di esecuzione all’interno di un modello organizzativo su scala nazionale di vari tipi di test”. Il progetto del Gemelli è unico sullo scenario internazionale, è già stato citato da ricercatori stranieri in numerosi congressi come un esempio di ricerca sanitaria di eccellenza, ma occorre far presto:? “Ci sono ritardi nell’avvio del trial multicentrico, il Bando è già scaduto da oltre 2 mesi, occorre che le nostre Autorità regolatorie colgano l’importanza dell’iniziativa scientifica che porrà il nostro Paese all’avanguardia nel mondo nello studio di questa grave, sempre è più diffusa e invalidante patologia neurologica”.