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In uno spray nasale “nano-particelle” d’oro veicolano una cura in modo mirato nel cervello

8 Ottobre 2025
Ricerca

Approccio innovativo per i disturbi mentali e le malattie neurodegenerative già brevettato: è il risultato di un lavoro condotto da ricercatori dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma – Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS in collaborazione con l’Università di Salerno

Sotto forma di ‘spray nasale’, minuscole particelle d’oro che, operando come navicelle, veicolano una cura direttamente nel cervello: sviluppato da ricercatori dell’Università Cattolica – Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS, un nuovo dispositivo nanotecnologico per il trattamento e la prevenzione delle patologie neuropsichiatriche e neurodegenerative. Si tratta di nanoparticelle d’oro caricate di litio (già in uso clinico per la sindrome maniaco-depressiva, ma in formulazione orale, non scevra da effetti collaterali) per contrastare malattie neuropsichiatriche quali appunto il disturbo bipolare, patologie neurodegenerative come la malattia di Alzheimer o infezioni cerebrali come quelle da Herpes Simplex Virus di tipo 1, che di recente diversi studi hanno collegato a maggior rischio di malattie neurologiche.

Pubblicata sulla prestigiosa rivista Advanced Materials e già oggetto di brevetto, l’idea è frutto di uno studio condotto da ricercatori della Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica e della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, in collaborazione con l’Università di Salerno.

Il team di ricerca, guidato dal Professor Roberto Piacentini, associato di Fisiologia presso l’Università Cattolica e la Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS, dal Professor Antonio Buonerba, associato di Chimica Inorganica presso l’Università di Salerno, e dai Professori Alfonso Grassi, ordinario di Chimica Inorganica presso l’Università di Salerno, e dal Professor Claudio Grassi, ordinario di Fisiologia e direttore del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università Cattolica – Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, ha dimostrato che è possibile inibire direttamente nel cervello l’attività di un enzima che svolge un ruolo chiave nello sviluppo delle suddette malattie (la Glicogeno Sintasi Chinasi-3 beta, GSK-3β) mediante litio veicolato da nanoparticelle d’oro somministrate per via intranasale.

Questo innovativo approccio terapeutico, oggetto di brevetto depositato in Italia e all’estero dalle istituzioni di afferenza dei ricercatori, permette di ottenere gli stessi effetti del litio somministrato per via orale ma utilizzando concentrazioni di questo ione nettamente inferiori e indirizzando lo ione specificamente all’organo bersaglio, il cervello, riducendo in tal modo il rischio di effetti collaterali.

Nello studio, i ricercatori hanno dimostrato l’efficacia di questo nuovo dispositivo nanotecnologico nell’inibire l’attività dell’enzima GSK-3β a livello dell’ippocampo e ripristinare la memoria già compromessa in un modello sperimentale di malattia di Alzheimer, senza indurre eventi avversi negli animali trattati.

La ricerca è stata resa possibile grazie a un finanziamento assegnato dalla Alzheimer’s Association (USA) ai Professori Piacentini e Buonerba e al sostegno della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, attraverso i fondi della Ricerca Corrente.

Sono attualmente in corso studi volti a verificare altri ambiti di applicazione di questo dispositivo e a completare la valutazione della sua sicurezza al fine di poter procedere rapidamente ad una sua applicazione in ambito clinico.

BACKGROUND

La GSK-3β è un enzima fondamentale per molteplici funzioni cellulari: si stima che più di 100 proteine siano bersaglio di tale chinasi, non altro che una macchina molecolare che opera attaccando un gruppo chimico (fosfato) ad altre molecole modificandone la funzione. Una anomala attivazione di tale enzima può determinare, pertanto, malfunzionamento delle proteine target e promuovere l’insorgenza di varie patologie. Nel caso delle malattie neurodegenerative, come la malattia di Alzheimer, o di quelle neuropsichiatriche come il disturbo bipolare, si osserva una iperattivazione dell’enzima GSK-3β, che a cascata coinvolge proteine chiave, quali ad esempio la proteina tau, ed una aberrante attivazione della via “Wnt/β-catenina”, coinvolta nell’ingresso di vari virus, come quello dell’Herpes Simplex 1 e Sars-CoV-2. Controllare l’attivazione di questo enzima in specifiche aree cerebrali potrebbe, quindi, contrastare l’insorgenza di tali malattie.

Il litio è un potente inibitore della GSK-3β e rappresenta, ad oggi, il farmaco di elezione nel trattamento di patologie neuropsichiatriche quali il Disturbo Bipolare. Le concentrazioni di litio necessarie per contrastare i meccanismi molecolari responsabili delle malattie neurodegenerative o le infezioni virali che interessano il sistema nervoso centrale sono più elevate di quelle considerate accettabili in termini di rapporto rischio/beneficio, limitando in maniera importante le applicazioni terapeutiche di tale catione.

“La nostra sfida – spiega il Professor Piacentini – è stata quella di sviluppare un dispositivo che permettesse di sfruttare le potenzialità terapeutiche del litio senza determinarne effetti avversi e che potesse essere veicolato in maniera sito-specifica evitando la somministrazione sistemica”. “Le nanoparticelle d’oro – aggiunge il Professor Buonerba – rappresentano il tool ottimale per questo tipo di strategia. Esse possono essere funzionalizzate con glutatione che, da un lato favorisce la formazione di aggregati che entrano facilmente nelle cellule e, dall’altro, permette di legare molecole o ioni, come il litio. Una volta che gli aggregati di nanoparticelle entrano nelle cellule, questi vengono disgregati e il litio viene scaricato dentro le cellule, consentendo di ottenere concentrazioni terapeutiche efficaci di tale ione a fronte di basse dosi di somministrazione”. “Inoltre – continua il Prof. Piacentini – la via intranasale rappresenta un percorso elettivo per raggiungere direttamente il cervello senza passare per il circolo sistemico, ottimizzando quindi la sicurezza del nostro nanodispositivo. L’oro, metallo inerte e già dimostrato essere innocuo nei sistemi biologici, viene eliminato mediante escrezione renale limitando il suo accumulo nel cervello a seguito di somministrazioni ripetute nel tempo”. “La versatilità di questo nuovo vettore farmaceutico è straordinaria – evidenzia il Professor Antonio Buonerba. Le nanoparticelle sviluppate possono essere caricate con diversi principi attivi farmacologici e sono in grado di sfuggire alle difese cellulari biologiche, permettendo il trasporto mirato di questi verso gli specifici siti attivi fisiologici”.

“In questo lavoro – spiega la Dottoressa Giulia Puliatti, primo autore dello studio insieme al Professor Buonerba – abbiamo dimostrato che 5 giorni di somministrazione di nanoparticelle d’oro funzionalizzate con glutatione e rivestite di litio (chiamate LiG-AuNPs) sono in grado di inibire significativamente l’attività della chinasi GSK-3β nell’ippocampo dei topi e lo stesso trattamento ripetuto per 2 mesi comporta una significativa regressione del deficit di memoria esibito da un modello murino di malattia di Alzheimer, analizzato a livello comportamentale e molecolare.”

VERSO NUOVE POSSIBILITÀ DI CURA

“Ad oggi i farmaci a base di litio sono ampiamente utilizzati per il trattamento delle malattie neuropsichiatriche – sottolinea il Professor Claudio Grassi – ma purtroppo non sono esenti da importanti effetti collaterali. Assunto per via orale sotto forma di compresse, il litio raggiunge il cervello attraverso la circolazione sanguigna e, pertanto, finisce per esercitare effetti tossici su altri organi quali, ad esempio, il rene e la tiroide. Riuscire ad ottenere concentrazioni efficaci di litio nelle cellule nervose, mediante una somministrazione ‘mirata al cervello’ di basse dosi dello ione grazie all’ausilio delle nanoparticelle d’oro, rappresenta quindi un’innovazione importante per la messa a punto di nuove e più sicure modalità di trattamento dei pazienti. Riteniamo che il nostro tool nanotecnologico possa consentire lo sviluppo di nuovi approcci terapeutici non solo per le patologie di interesse psichiatrico ma anche per quelle malattie neurodegenerative e virali nelle quali un’alterata attività della GSK-3β a livello cerebrale gioca un ruolo chiave”. “Infine – conclude il Professor Alfonso Grassi – la facilità di sintesi delle nostre nanoparticelle semplifica il processo produttivo, mantenendo bassi i costi di realizzazione di un prodotto da immettere, nel futuro prossimo, sul mercato farmaceutico”.

Fonte: https://secondotempo.cattolicanews.it

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