Endolive 2025 all’Università Cattolica

Tutte le novità dalle tecniche endoscopiche di trattamento del reflusso gastro-esofageo, all’endoscopia rigenerativa per fistole e ferite difficili
Prende il via oggi a Roma, mercoledì 28 maggio, e si concluderà venerdì 30 maggio presso l’Auditorium dell’Università Cattolica del Sacro Cuore (inizio ore 14.00) l’edizione 2025 del congresso internazionale “Endolive” (http://www.endoliveroma.it/). L’importante e consolidato appuntamento scientifico è organizzato dai professori Guido Costamagna, direttore dello European Endoscopy Training Center dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e del Centro di eccellenza malattie gastro-intestinali e endocrino-metaboliche Ospedale Isola Tiberina – Gemelli Isola e Cristiano Spada, Ordinario di gastroenterologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore e direttore dell’Unità Operativa di Endoscopia Digestiva Chirurgica di Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS. Il convegno, sempre più partecipato (gli iscritti quest’anno hanno superato quota 650 e, oltre che dall’Europa provengono da molti Paesi dell’Asia, tra i quali Giappone e Corea e dall’Australia), è dedicato alle tecniche di correzione endoscopia di una serie di patologie gastroenterologiche, da quelle ‘blockbuster’ come la malattia da reflusso gastro-esofageo a quelle più di frontiera, pertinenti all’endoscopia rigenerativa, come il trattamento delle fistole attraverso le cellule mesenchimali del tessuto adiposo.
Il reflusso gastro-esofageo è una patologia estremamente diffusa, seppur con vari gradi di gravità. La maggior parte dei pazienti è gestibile attraverso cicli di terapia con inibitori di pompa protonica (PPI) e con protettori della mucosa (gli ultimi arrivati sono a base di acido ialuronico), ma si calcola che circa un paziente su 4 o su 5 non risponda al trattamento medico e rimanga quindi sintomatico. Tra gli esami, oltre all’esofago-gastroscopia, è la pH-metria a documentare che il paziente è un ‘reflussore’. “Non basta il sintomo per dare l’indicazione alla correzione endoscopica – spiega il professor Costamagna - perché un dolore toracico ad esempio può essere dovuto ad altre cause e non necessariamente ad una patologia acido-relata. La prima condizione per l’indicazione alla correzione endoscopica dunque è che il reflusso sia documentato da un’indagine specifica come la pH-metria; la seconda condizione che deve ricorrere per porre questa indicazione è che il paziente abbia i sintomi tipici della malattia da reflusso gastro-esofageo (dolore toracico, epigastralgia) e decida di voler sospendere e/o ridurre la terapia con farmaci”. Va esclusa anche la presenza di grosse ernie iatali, condizione che può provocare una grave malattia da reflusso, ma che rappresenta una condizione ostativa all’indicazione di una correzione endoscopica; in questo caso può intervenire solo il chirurgo. “In tutti gli altri casi – ricorda il Prof. Spada - oggi abbiamo a disposizione un ventaglio di trattamenti endoscopici che vanno dalla fundoplicatio (che consiste nel creare una sorta di ‘cravatta’ intorno all’esofago distale, per ricreare una barriera alla risalita del contenuto acido dello stomaco in esofago, attraverso uno strumento particolare, con il dispositivo Esophyx®, che va a mettere dei punti a questo livello), alla ricostruzione del cardias , che rappresenta una componente importante della barriera anti-reflusso, con procedure come il GerdX o le AntiReflux Mucosal Interventions (ARMI). Questi interventi endoscopici consentono di stabilizzare il paziente e di affrancarlo dalla terapia medica; la durata dei trattamenti endoscopici può essere limitata nel tempo, ma è ripetibile”.
Non mancano le novità sul fronte dell’endoscopia rigenerativa, una recentissima branca, che vede in prima fila gli specialisti di Fondazione Policlinico Gemelli. All’interno del tessuto adiposo c’è una miniera di cellule mesenchimali, che hanno grandi capacità rigenerative. Da anni vengono utilizzate con successo nell’ambito di interventi ortopedici e di chirurgia plastica. “Noi abbiamo avuto l’idea di utilizzarle anche in chirurgia endoscopica –afferma il professor Spada - per il trattamento delle fistole intestinali. Le fistole croniche rappresentano una condizione molto invalidante per i pazienti; possono essere secondarie a trattamenti quali la chirurgia o la radioterapia, ma possono insorgere nell’ambito di malattie infiammatorie intestinali come la malattia di Crohn. Sono molto difficili da trattare perché l’approccio chirurgico è estremamente complesso, mentre quello medico risulta spesso inefficace. Abbiamo dunque avuto l’idea di provare a iniettare queste cellule mesenchimali a livello della fistola. Le prime fistole che abbiamo trattate con questa metodica sono state quelle esofagee (in particolare una fistola esofago-tracheale), per poi espanderci anche in altri distretti intestinali, sia superiori che inferiori, per il trattamento delle fistole e per le deiscenze anastomotiche (una complicanza post-operatoria che consiste nella riapertura, parziale o completa, di una sutura chirurgica). Le fistole del retto, secondarie ad esempio a deiscenza anastomotica o a trattamento radioterapico sono molto difficili da trattare perché i tessuti intorno alla fistola sono fibroso-cicatriziali”. Il trattamento con cellule mesenchimali prevede il prelievo del tessuto adiposo (se ne occupano i chirurghi plastici), la separazione delle cellule mesenchimali e la loro ‘attivazione’ con il sistema ELEA (brevetto italiano) e infine l’iniezione a livello della fistola, con metodica endoscopica. “Queste cellule – ricorda il professor Costamagna - hanno tre grandi funzioni: anti-infiammatoria, anti-fibrotica e di housing (si ‘specializzano’ in base al tessuto dove vengono iniettate). Il trattamento con cellule mesenchimali è ripetibile più volte fino alla chiusura della fistola. Abbiamo già trattato decine di casi, ottenendo sempre la chiusura completa delle fistole. Siamo stati i primi al mondo ad utilizzare questa tecnica in endoscopia digestiva ed è di prossima pubblicazione una nostra ampia casistica sulla rivista Gut”.
Maria Rita Montebelli