Diabete: le novità dal congresso americano di diabetologia

Si è appena tenuto in format virtuale il congresso dell’American Society of Diabetology, una vetrina di novità per il mondo del diabete, tra le più importanti dell’anno. Tanti gli studi presentati, con spunti inediti per nuovi filoni di ricerca, ma anche con ricadute immediate per la pratica clinica quotidiana. L’interesse intorno all’argomento ‘diabete’ è davvero alto, visto l’impatto che ha sulla popolazione generale (in Italia interessa oltre 4 milioni di persone) e sulla qualità di vita di chi ne è affetto.
Abbiamo commentato alcuni degli studi presentati con due esperti del Gemelli, il professor Dario Pitocco, Direttore Unità Operativa di Diabetologia Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e professore associato di Endocrinologia, Università Cattolica del Sacro Cuore e il professor Andrea Giaccari, Responsabile Centro Malattie Endocrine e metaboliche Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e professore associato di Endocrinologia, Università Cattolica del Sacro Cuore.
La tecnologia amica delle persone con diabete

La tecnologia sta prendendo sempre più piede nella gestione del diabete e questo in particolare nei pazienti in trattamento insulinico e nel diabete di tipo 1. “L’obiettivo – spiega il professor Pitocco - è quello di trovare un algoritmo che regoli automaticamente l’infusione dell’insulina, avvicinandoci sempre più al concetto di ‘pancreas artificiale’ o di ‘chiusura dell’ansa’. Il microinfusore infonde l’insulina in modalità ‘bolo’ (in occasione dei pasti o per correggere un’iperglicemia) e in modalità ‘basale’ che viene erogata nell’arco delle 24 ore e regola le oscillazioni della glicemia non legate al pasto. Attualmente abbiamo a disposizione un sistema integrato microinfusore - sensore per il monitoraggio continuo della glicemia (CGM, continuousglucose monitoring), che permette di regolare in maniera automatica la velocità basale (è il modello Medtronic 670). Il prossimo anno arriverà un nuovo modello (Medtronic 780) dotato di un nuovo algoritmo di infusione, che permette di adeguare automaticamente anche la quantità del bolo deciso dal paziente in occasione del pasto, somministrando boli aggiuntivi o riducendo l’infusione nel caso in cui la glicemia stesse scendendo troppo”.
Risultati importanti dal congresso dell’ADA anche sul fronte dei sistemi di monitoraggio flash della glicemia. Sistemi come il FreeStyle Libre sono composti da un sensore (simile ad un bottone bianco con una piccola cannula che si inserisce sottocute e si cambia ogni due settimane) che permette di ‘leggere’ la glicemia on demand, quando il paziente lo scansiona con un apposito rilevatore o con il suo smartphone. Uno studio francese (il trial RELIEF) presentato all’ADA ha dimostrato che le persone con diabete (sia tipo 1 che 2) che utilizzano questo sensore hanno presentato un crollo degli episodi di chetoacidosi (- 52% per il diabete tipo 1 e - 47% per il tipo 2) e dei conseguenti ricoveri per questa complicanza. Un altro studio condotto in precedenza aveva dimostrato che nei soggetti che utilizzano il FreeStyle Libre il rischio di ipoglicemie gravi si riduce del 78%.
“Il vantaggio di questi sistemi di monitoraggio flash della glicemia – spiega il professor Pitocco - è soprattutto quello di ridurre le complicanze acute del diabete (crisi ipoglicemiche e chetoacidosi), con un miglioramento della qualità della vita perché il paziente non deve più pungersi il dito per rilevare la glicemia (se non per una conferma nel caso in cui il sensore rilevi glicemie troppo alte o troppo basse) e allo stesso tempo può conoscere in ogni momento l’andamento della sua glicemia e la tendenza per la mezz’ora successiva, riuscendo a prevenire in questo modo sia le iperglicemie, che le ipoglicemie”.
I diabetologi consigliano di variare spesso il punto di somministrazione dell’insulina per evitare la comparsa di zone di lipodistrofia e in particolare di lipoipertrofia, un aumento di spessore e un indurimento del tessuto adiposo sottocutaneo, dovuto all’azione anabolizzante dell’insulina e al trauma dell’ago nel sottocute (un paziente con diabete di tipo 1 in terapia multi-iniettiva in un anno fa circa 1.500-1.600 iniezioni di insulina). “Ricercare le aree di lipoipertrofia– afferma il professor Pitocco - dovrebbe essere parte integrante della visita diabetologica perché queste aree compromettono l’assorbimento dell’insulina e rendono l’azione del farmaco più imprevedibile, portando a volte a iperglicemie importanti o a gravi ipoglicemie. Il medico deve sospettare la presenza dilipoipertrofia quando un paziente normopeso ha un fabbisogno insulinico molto alto, perché potrebbe essere la spia di un cattivo assorbimento dell’insulina, forse legato ad aree di lipoipertrofia. Uno studio presentato all’ADA ha confrontato due modalità di ricerca delle lipoipertrofie: quello affidato alla palpazione manuale e l’ecografia del sottocutaneo. La prima modalità consente di rilevare areelipoipertrofia nel 40% dei pazienti; con l’esame ecografico questa percentuale sale al 70%.
Gli inibitori di SGLT-2: farmaci multi-tasking
Gli SGLT-2 inibitori (gliflozine) sono una nuova classe di farmaci per il diabete con una marcia in più sulla prevenzione delle malattie cardiovascolari e renali. Al congresso dell’ADA sono stati presentati diversi studi su molecole appartenenti a questa classe così importante non solo per il trattamento del diabete, ma anche delle patologie cardiovascolari e renali.

Lo studio di fase 3 DAPA-HFsul dapagliflozin somministrato a persone (con diabete e non) con scompenso cardiaco a ridotta frazione d’eiezione ha dimostrato che il farmaco riduce il rischio di peggioramento di questa condizione o di mortalità cardiovascolare, a prescindere dalla presenza di diabete. “Il farmaco – spiega il professor Andrea Giaccari - nato per trattare il diabete, viene oggi utilizzato negli Usa anche dai cardiologi, per i pazienti con scompenso cardiaco (non diabetici). Stiamo adesso attendendo con grande curiosità i risultati dello studio DAPA-Kidney sugli effetti renali di questo farmaco”. Una sottoanalisidel DAPA-HF presentata all’ADA e riguardante i 2.605 soggetti non diabetici inclusi nello studio, ha evidenziato che il farmaco, in questo gruppo, ha ridotto del 32% la comparsa di diabete (il Diabetes Prevention Program aveva dimostrato un beneficio simile per la metformina, che riduce del 31% il rischio di insorgenza di diabete). La prevenzione del diabete, si aggiunge così ai benefici già noti di questa molecola.
Lo studio VERTIS-CV (eValuation of ERTugliflozinEffIcacy and SafetyCardioVascularOutcomes Trial), condotto su 8.000 soggetti con diabete, ha invece esplorato la sicurezza cardiovascolare di ertugliflozin, la quarta molecola della classe degli SGLT-2 inibitori a disposizione in Italia. “Lo studio – afferma il professor Giaccari – ha dimostrato la sicurezza del farmaco a livello cardiovascolare e non ha confermato i sospetti, emersi dagli studi con le altre molecole della classe, di un aumentato rischio di amputazioni, chetoacidosi, gangrena di Fournier, fratture e pancreatiti. Dallo studio emerge inoltre una riduzione dei ricoveri per scompenso cardiaco, condizione molto frequente in chi ha il diabete”.
Visti i risultati ottenuti con questa classe, gli esperti internazionali hanno raccomandato di creare dei team cardio-nefro-metabolici per una presa in carico globale dei soggetti con diabete e di inserire questo insegnamento nel curriculum di studi di medicina. “Un altro simposio tenutosi all’ADA– prosegue il professor Giaccari - ha rafforzato il concetto di ‘eredità’ (legacy) rispetto alle conseguenze del comportamento terapeuticoassunto nei primi anni di malattia diabetica. Questo è ancora più importante da quando abbiamo a disposizione gli agonisti del recettore del GLP-1 e gli inibitori di SGLT-2, farmaci in grado di modificare la storia naturale del diabete. E’ fondamentale dunque una presa in carico olistica del paziente da parte di questi team, sin dal momento della diagnosi di diabete, per poter intervenire da subito con farmaci in grado di modificare la storia naturale di questa malattia”.
Tra i farmaci ancora in studio, grande interesse stanno riscuotendo gli analoghi basali dell’insulina a somministrazione settimanale. Uno studio di fase 2 sull’insulina icodec, presentato all’ADA, ha dimostrato che questa insulina settimana garantisce gli stessi risultati dell’insulina glarginesull’emoglobina glicata; icodec, tuttavia, determina maggior riduzione della glicemia dopo colazione e dopo pranzo. “Le insuline basali settimanali – suggerisce il professor Giaccari - saranno molto interessanti nel diabete di tipo 2, magari in associazione alla terapia orale.La somministrazione settimanale potrebbe vincere la ritrosia che hanno i pazienti con diabete di tipo 2 ad iniziare un trattamento insulinico ea guadagnarne sarà la loro complianceal trattamento.
Partendo dall’osservazione che le statine (farmaci anti-colesterolo) possono aumentare lievemente il rischio di comparsa di diabete – prosegue Giaccari - a questo congresso abbiamo presentato uno studio sugli inibitori di PCSK-9 (farmaci anti-colesterolo iniettivi molto potenti) e abbiamo dimostrato che questi farmaci, lungi dal peggiorare il compenso glicemico, tendono al contrario a migliorare la sensibilità all’insulina”.
Altri importanti studi presentati al congresso dell’ADA 2020
- Vitamina D ‘bocciata’ in prevenzione dallo studio D2d (Vitamin D and Type 2 Diabetes) che ha dimostrato che la sua supplementazione (4.000 UI al giorno) non ritarda la comparsa di diabete nei soggetti a rischio.
- Lo studio TODAY2 ha presentato i risultati del follow up dello studio di intervento TODAY (Treatment Options for type 2 Diabetes in Adolescents and Youth) che ha studiato la progressione del diabete di tipo 2, delle sue comorbilità e complicanze (renali, oculari, cardiache, neurologiche). I risultati dimostrano che il diabete di tipo 2 che insorge in giovane età è più aggressivo della malattia che compare in età adulta. Lo studio ha registrato nei giovani un aumento e una maggior gravità di tutte le complicanze correlate al diabete, oltre ad un aumento della mortalità precoce.
- Lo studio PREVIEW (PREVention of diabetes In Europe and around the World) ha utilizzato sostitutivi completi dei pasti per indurre un calo di peso ≥ 8% nell’arco di 8 settimane e ha confrontato in seguito due strategie dietetiche diverse (a moderato o alto contenuto di proteine; a moderato o alto indice glicemico) e due strategie di attività fisica di diversa intensità per il mantenimento del peso. I risultati suggeriscono che tutte queste strategie di perdita e di mantenimento del peso consentono di prevenire in maniera efficace la comparsa di diabete di tipo 2 nei soggetti a rischio.
- Il TeplizumabPrevention Trial del TrialNet ha dimostrato che nei soggetti con anticorpi multipli e alterata tolleranza al glucosio, il trattamento della malattia in stadio precoce con teplizumab (un anticorpo monoclonale anti-CD3) può ritardare di due anni la progressione verso il diabete di tipo 1 conclamato.
- Presentate le sottoanalisi sugli endpoint renali e su aspetti di safety dello studio DECLARE-TIMI 58 (Dapagliflozin Effect on Cardiovascular Events). Dapagliflozin (un SGLT2 inibitore) non solo riduce la resistenza insulinica e i fattori di rischio cardiovascolari, ma previene efficacemente anche lo scompenso cardiaco e la progressione della malattia renale nei pazienti con diabete (anche in prevenzione primaria), presentando un’ottima safety.
- Lo studio REWIND (Researching CV Events with a Weekly Incretin in Diabetes) ha analizzato l’effetto a lungo termine didulaglutide, un agonista recettoriale del GLP-1 a somministrazione settimanale, in un gruppo di 9.901 soggetti a basso rischio cardiovascolare. Il farmaco è risultato efficace non solo nel ridurre l’emoglobina glicata, ma anchenella prevenzione cardiovascolare primaria e secondaria.
- Lo studio CAROLINA (Cardiovascular Safety of Linagliptin) è il trial di safety cardiovascolare nel diabetead oggi di più lunga durata. Ha confrontato in doppio cieco gli effetti sul rischio cardiovascolare di linagliptin (un inibitore di DPP-4) con quelli della glimepiride (una sulfanilurea), non rilevando alcuna differenza tra le due classi di farmaci.
- Lo studio CREDENCE (Canagliflozin and Renal Events in Diabetes with Established Nephropathy Clinical Evaluation) ha dimostrato che canagliflozin (un SGLT2 inibitore) nei pazienti con diabete di tipo 2 e nefropatia ha un effetto protettivo sia a livello renale che cardiovascolare, riducendo la progressione della malattia renale.L’esito di questo studio ha spinto l’ente Europeo dei farmaci (EMA) ad autorizzarne l’uso per la prevenzione della nefropatia diabetica.
- Il CARMELINA (Cardiovascular and Renal Microvascular outcome study with Linagliptin) ha dimostrato la sicurezza del trattamento con linagliptin nei pazienti con diabete di tipo 2 ad alto rischio di malattie renali o cardiovascolari.
- Il programma PIONEER (10 trial clinici) sta studiando gli effetti di semaglutide, il primo agonista di GLP-1 a somministrazione orale (gli altri farmaci di questa classe si somministrano per iniezione sottocutanea), su una popolazione di oltre 8.000 persone con diabete di tipo 2. Nel PIONEER 6 il farmaco, somministrato a pazienti con diabete di tipo 2 ad elevato rischio cardiovascolare, ha ridotto del 50% la mortalità cardiovascolare e per tutte le cause.
Maria Rita Montebelli