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Chirurgia oncologica, una vision per il futuro

20 Aprile 2021
Assistenza

Dalla priorità nelle liste d’attesa, a una super-specializzazione dedicata. A colloquio con il professor Domenico D’Ugo, direttore della UOC Chirurgia Generale e Coordinatore del Centro Chirurgia Esofago-Stomaco, Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS ; ordinario di Chirurgia Generale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e Presidente della European Society for Surgical Oncology (ESSO).

In un momento in cui si intravede la luce in fondo al tunnel della pandemia da Covid-19, non è fuori luogo sfruttare la odierna consapevolezza su quanto sia importante prepararsi in anticipo alle grandi sfide sanitarie. E’ dunque importante provare oggi a ridisegnare il futuro della ‘chirurgica oncologica’, un tema  che va affrontato sia nell’immediato per l’Italia, che presenta in questo campo un ottimo livello qualitativo ma non una altrettanto valida organizzazione di rete, sia a livello ‘globale’, per il prossimo futuro .

A cavallo fra il 2020 ed il 2021 in Italia sono state cancellate diverse centinaia di migliaia di interventi chirurgici programmati: evidente come sia urgente tratteggiare un recovery plan per le chirurgie, ma – nel rivalutare le liste d’attesa –  l’etica, la logica e la prognosi clinica impongono di dare assoluta priorità alle condizioni in cui ad attese maggiori corrisponderà un calo della spettanza di sopravvivenza od un drammatico peggioramento della qualità di vita. Nella fase di ripartenza dopo le limitazioni dovute  al Covid-19  insomma non sarà possibile tornare semplicemente a gestire le risorse di sala operatoria come prima della pandemia.

“Così come abbiamo saputo fare nel proteggere l’efficienza dei Pronto Soccorso, alla luce delle emergenze da ‘codice rosso’, anche di fronte alle liste d’attesa – sostiene il professor Domenico D’Ugo –  vanno considerate come assolute priorità ‘tempo-dipendenti’ le patologie tumorali, malattie progressive per definizione, cioè ben curabili al momento della diagnosi e dell’indicazione chirurgica, ma per le quali un ritardo di trattamento può pregiudicare i buoni risultati inizialmente attesi . Abbiamo l’obbligo etico di dare priorità alle patologie neoplastiche: come altre emergenze gravi, anche il cancro è una patologia tempo-dipendente; un ritardo del trattamento si traduce in anni di vita in meno”. E c’è chi questi calcoli li ha fatti con attenzione, pubblicandoli su Lancet Oncology: in Gran Bretagna ad esempio, secondo tre diversi scenari, rispetto alle statistiche pre-pandemiche, la mortalità evitabile per tumore della mammella, a causa dei ritardi diagnostici e terapeutici, è destinata ad aumentare del 7,9-9,6% fino a 5 anni dopo la diagnosi, quella per tumore del colon retto del 15,3-16,6%; quella del tumore del polmone del 4,8-5,3% e quella per cancro dell’esofago del 5,8-6,0%.  

“Con queste nuove consapevolezze e sapendo che dal 2035 la prima causa di morte nell’intero pianeta sarà il cancro, dovremmo anche cominciare a ragionare globalmente sul futuro della Chirurgia Oncologica – afferma D’Ugo –  per identificare un core curriculum dell’Oncologo Chirurgo. Finora, con rare eccezioni limitate ad alcune realtà per lo più occidentali, non abbiamo raggiunto la costruzione di una cultura circa il fatto che il chirurgo del cancro non può limitarsi ad essere un pur validissimo tecnico. in grado di asportare un organo con minime complicanze. L’oncologo clinico e il radioterapista, sono già super-specialisti  totalmente dedicati all’oncologia; ma non abbiamo ancora  il ‘chirurgo del cancro’, capace e competente nel  determinare, sulla base di scelte condivise in team, il massimo risultato in termini di guarigione ed anni di sopravvivenza; un risultato che va ben oltre il buon esito tecnico di una asportazione d’organo e che si basa sulla personalizzazione nella scelta dell’estensione e dei tempi dell’intervento.

Negli ultimi decenni – prosegue D’Ugo – la chirurgia è andata opportunamente incontro ad un processo di super-specializzazione attorno a competenze tecniche specifiche: ciò ha consentito un evidente e netto calo delle complicanze in settori ad alta complessità, dal pancreas all’esofago, dal fegato al retto. Ma non dobbiamo fermarci al momento delle dimissioni del paziente dal reparto di chirurgia: nelle mani del chirurgo – spesso ancor più che di altri specialisti – risiedono le possibilità future di questi pazienti di sopravvivere al cancro e dunque  è arrivato il momento di pensare ad una super-specializzazione che parli di precision cancer surgery e che affronti le competenze specifiche del chirurgo oncologo all’interno di un discorso di multidisciplinarietà”. La battaglia del cancro oggi si vince in ben oltre il 50 per cento dei casi grazie alla massima personalizzazione delle cure, affinata dal lavoro in collaborazione di una équipe multidisciplinare. Perché il chirurgo possa essere leader, oltre che competente interlocutore all’interno del team multidisciplinare, dovrà conoscere a fondo la complessità della scienza oncologica.

“Le nostre scuole di specializzazione in chirurgia – prosegue il professor D’Ugo – dovranno dunque offrire anche questa ‘super-formazione’; un progetto culturale particolarmente sentito qui al Gemelli, ospedale a vocazione sempre più oncologica. Non solo questo è il nostro core business, ma pochi ospedali in Italia possono offrire lo stesso livello di eccellenza, in tante chirurgie oncologiche diversificate per organo, come accade qui al Gemelli: siamo la prima chirurgia dello stomaco d’Italia, oltre ad essere eccellenze nazionali in ambito ginecologico, colo-rettale, come nella chirurgia oncologica del fegato, del polmone e delle ghiandole endocrine.

Il Gemelli, con il suo versante accademico dell’Università Cattolica e la sua eccellenza ospedaliera (siamo il primo ospedale d’Italia secondo Newsweek) si deve fare portabandiera della necessità di istituire una fellowship in oncologia chirurgica, un diploma di super-specializzazione in questa branca, una competenza che richiede aggiornamento continuo e attitudine di lavoro in team. E per fortuna non partiamo da zero. Da tempo infatti, nel nostro Policlinico sono stati istituiti i team multidisciplinari per organo (fegato, stomaco, pancreas, ecc.), ufficializzati come motore fondamentale della scelta dei percorsi terapeutici all’interno del nostro Comprehensive Cancer Center, diretto dal professor Giampaolo Tortora. Ma adesso dobbiamo fare un passo ulteriore, valorizzando la cultura della chirurgia oncologica, che è decisiva nell’abbatte la mortalità per tumore”.

Maria Rita Montebelli

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