COVID-19. I dati ufficiali solo la punta dell’iceberg: almeno 1 milione i contagiati nel mondo

Potrebbero esserci già almeno un milione di contagi da COVID-19 nel mondo secondo le stime di Ruiyun Li (MRC Centre for Global Infectious Disease Analysis dell’Imperial College di Londra), Jeffrey Shaman (Mailman School of Public Health, Columbia University, New York) e colleghi, autori di un lavoro pubblicato su Science. In pratica 6-7 contagiati per ogni caso documentato. La maggior parte dei casi mostra infatti un decorso paucisintomatico (come un ‘raffreddore’) o del tutto asintomatico, quindi sfugge alla rete di sorveglianza e, quel che è peggio, contribuisce a diffondere il contagio.
“Bene le restrizioni di viaggio – afferma il professor Alessandro Vespignani, Northeastern University, Boston (Usa) - che ritardano la diffusione del contagio e consentono di guadagnare tempo prima del suo arrivo; veramente cruciale tuttavia sono le misure di isolamento sociale che consentono di limitare la trasmissibilità dell’infezione, quando questa sia già presente in un Paese, in una comunità”.
L’estate ci aiuterà?
Sulla eventuale ‘stagionalità’ della malattia da COVID-19, gli esperti non sono ottimisti; anche se umidità e caldo dovessero far ‘assopire’ il virus, gli effetti potrebbero essere insignificanti, visto l’elevato numero di contagi. E comunque – ricordano – anche nel caso dell’influenza, i numeri in estate si riducono, ma il virus non scompare del tutto neppure nei mesi estivi. E comunque, più del fattore climatico – proseguono gli autori – in estate, a dar tregua dalle infezioni contribuiscono soprattutto le vacanze estive, che riducono la possibilità di trasmissione. Per quanto riguarda il virus SARS-CoV-2 – proseguono gli esperti – in estate il numero di contagi generati da una persona (il numero di riproduzione di base, R0), potrebbe passare dall’attuale 1:2,5 a 1:1. Una tregua armata insomma, in attesa delle vere soluzioni.
I trattamenti all’orizzonte
La vera speranza è infatti affidata ai farmaci e soprattutto ai vaccini. Al momento su ClinicalTrials.gov sono registrate 96 sperimentazioni concernenti il COVID-19 (dagli antivirali, agli anticorpi monoclonali, dalle cellule mesenchimali, al nitrossido, alla talidomide, alla clorochina, passando per sildenafil e vitamina C, solo per citarne alcuni). Tutti sono d’accordo sul fatto che soltanto un vaccino potrebbero controllare davvero l’epidemia, riducendo il numero delle persone suscettibili all’infezione e dunque la possibilità di trasmissione del virus. Anche perché – ricordano gli autori – è noto, dal comportamento di altri coronavirus, che l’immunità conferita dall’infezione può non essere durevole.
Testare o non testare?
Sarà importante disporre di analisi sierologiche per individuare le persone che hanno sviluppato immunità. Quanto ai test (i famosi ‘tamponi’), il loro ruolo sta cambiando. Mentre al’inizio dell’epidemia, quando i contagi erano concentrati in una sola comunità, il fatto di essere proattivi sulla testatura poteva avere un senso, anche per capire la misura del problema e implementare eventualmente misure di distanziamento sociale o di quarantena per ridurre il contagio interpersonale, una volta che gli ospedali sono ‘inondati’ di pazienti (questo il termine utilizzato per descrivere la situazione italiana) il discorso di ‘a chi fare il test’ diventa meno rilevante. Quello che conta è solo rafforzare le misure di isolamento sociale e di quarantena, per cercare di tenere quanto più possibile la situazione sotto controllo. Wuhan insegna.
Fonte: https://science.sciencemag.org/content/early/2020/03/13/science.abb3221
Maria Rita Montebelli
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