Il coronavirus sta anche nelle lacrime: i consigli degli esperti
La letteratura scientifica internazionale continua a dissezionare e a mettere sotto la lente d'ingrandimento ogni singolo segno e sintomo del SARS CoV-2, il virus che sta contagiando il mondo e che apparentemente non risparmia alcun organo. E, per così dire, anche gli occhi vogliono la loro parte nel lungo elenco dei sintomi del COVID-19. Molti pazienti con COVID-19 presentano una congiuntivite (l’infiammazione della membrana che riveste la parte esterna dell’occhio). Il virus è stato isolato nelle lacrime dei pazienti con COVID-19. Un scoperta che porta subito a formulare una domanda: ma il SARS CoV-2 si può trasmettere anche con le lacrime? La risposta è ‘ni’. E la prudenza, ancora una volta è d’obbligo.
Il primo medico a lanciare l’allarme COVID-19 è stato il dottor Li Wenliang, un oculista cinese 34enne, finito poi in carcere con l’accusa di procurato allarme. ‘Riabilitato’ dopo qualche tempo, il giovane medico è deceduto il 6 febbraio scorso per COVID-19. Insomma la storia del COVID-19 è fin dall’inizio strettamente connessa alla salute degli occhi.
Sono diversi ormai gli articoli pubblicati in letteratura scientifica che descrivono la ‘congiuntivite da COVID-19’ (occhi rossi, prurito, secrezioni oculari, a volte aumentata sensibilità alla luce). Questa può rappresentare anche un segno precoce di infezione, che si andrà magari a manifestare con i segni e i sintomi tipici solo molti giorni dopo. Il virus potrebbe attaccare la congiuntiva trasmettendosi via aerosol (cioè con l’aria) o, più facilmente, per contatto attraverso le mani contaminate. L’interessamento oculare da parte del SARS CoV-2 ha dunque fatto nascere il sospetto che il virus possa trasmettersi anche attraverso le lacrime o le secrezioni oculari. Si sospetta anche che l’esposizione ad un paziente con COVID-19, senza un’adeguata protezione degli occhi, possa aver determinato molte delle infezioni che si sono verificate presso la Wuhan Fever Clinic lo scorso gennaio.
“Il SARS CoV-2 può dar luogo anche ad una congiuntivite virale – spiega il professor Stanislao Rizzo, Ordinario di Oftalmologia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore e direttore della UOC Oculistica, Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS - perché questo virus sembra avere un certo tropismo per la congiuntiva, come succede anche con altri virus, come gli adenovirus, che danno delle forme epidemiche di congiuntivite. Sicuramente la modalità di trasmissione del COVID-19 attraverso gli occhi o le secrezioni oculari è molto meno pericolosa di quella classica via ‘droplets’ (le goccioline di saliva che si formano con gli starnuti o i colpi di tosse); più realisticamente la congiuntivite da COVID-19 si verifica toccandosi o stropicciandosi gli occhi con le mani contaminate dal virus; ma il virus potrebbe arrivare alla congiuntiva per diffusione attraverso il sangue, visto che questa zona è riccamente vascolarizzata. Teoricamente infine, il virus potrebbe anche annidarsi nelle ghiandole lacrimali, ma di questo non abbiamo ancora alcuna prova. Motivo in più per ribadire l’importanza di lavarsi spesso le mani e di evitare di toccarsi naso e bocca e di stropicciarsi gli occhi con le mani non lavate accuratamente (come quando ci si trova fuori casa).
L’idea che la congiuntiva fosse una ‘sentinella’ dell’infezione – prosegue il professor Rizzo - l’abbiamo avuta da subito, dall’inizio della pandemia. E al Gemelli abbiamo condotto uno studio su 50 pazienti con COVID-19, secondo un protocollo di ricerca, messo a punto due mesi fa. Per questo studio, abbiamo arruolato 50 pazienti con COVID-19 accertato, che abbiamo sottoposto a tampone congiuntivale. A breve pubblicheremo i risultati.”
Uno studio cinese di recente pubblicato su JAMA Ophtalmology descrive che in un gruppo di 38 pazienti della provincia di Hubei (Cina), con COVID-19 confermato clinicamente, il 73,7% dei pazienti era positivo al tampone; ma, sebbene un terzo di loro presentasse una congiuntivite, solo nel 5% è stata riscontrata la presenza del virus anche a livello della congiuntiva. Gli autori hanno evidenziato inoltre che la presenza di congiuntivite si associava ad un maggior livello di globuli bianchi nel sangue e ad un aumento più marcato dei marcatori di infiammazione (procalcitonina, proteina C reattiva) e di LDH, rispetto ai pazienti con COVID-19 senza manifestazioni oculari.
Negli ultimi giorni Annals of Internal Medicine ha pubblicato il case report di un gruppo italiano (Francesca Colavita e colleghi dell’INMNI ‘Lazzaro Spallanzani’) relativo alla paziente cinese ricoverata presso questa struttura a fine gennaio. La donna all’ingresso presentava tosse, mal di gola, raffreddore e congiuntivite bilaterale. La febbre è comparsa solo dopo diversi giorni dal ricovero, insieme a nausea e vomito. Il tampone delle secrezioni congiuntivali ha rivelato la presenza di RNA virale; i tamponi congiuntivali sono stati quindi ripetuti a cadenza pressoché quotidiana, risultando sempre positivi fino al 21° giorno, nonostante la congiuntivite risultasse nettamente migliorata dopo due settimane e apparentemente risolta dopo 20 giorni. Ma al 27° giorno, il tampone congiuntivale ha rivelato di nuovo la presenza del virus, molti giorni dopo la negativizzazione dei tamponi nasali, come se ci fosse una replicazione sostenuta del virus a livello congiuntivale.
Un motivo di preoccupazione in più – fanno osservare gli autori – è che il SARS CoV-2 può dare coinvolgimento oculare in fase precoce di malattia ed è bene dunque mettere in campo tutte le misure per prevenire un’eventuale trasmissione dell’infezione attraverso questa via. Non è ancora chiaro perché il virus abbia questa ‘preferenza’ per gli occhi.
Visite oculistiche e COVID
L’American Academy of Ophtalmologists (AAO) sul suo sito web scrive che sono ormai diversi i report di pazienti con COVID-19 con congiuntivite follicolare lieve, del tutto indistinguibile da quella provocata da altri virus.
Per quanto riguarda i medici e in particolare gli oculisti (che per esaminare i pazienti devono avvicinarsi molto al loro viso) è fondamentale l’uso di appropriati dispositivi di protezione. Il SARS CoV-2 per fortuna viene facilmente ucciso dai disinfettanti a base di alcol e di ipoclorito di sodio comunemente utilizzati dagli oculisti per disinfettare gli strumenti oftalmici. Queste pratiche di disinfezione vengono dunque raccomandate prima e subito dopo aver visitato un paziente. l’AAO raccomanda inoltre ai medici di proteggere bocca, naso e occhi durante la visita dei pazienti con PPI per uso oftalmico.
“Noi oculisti da sempre – afferma il professor Rizzo - ma maggior ragione in questo periodo, siamo abituati a prendere tutte le precauzioni possibili per la visita; gli strumenti che utilizziamo vengono sanificati con attenzione tra una visita e l’altra e abbiamo di recente abbiamo aggiunto un grande schermo in plexiglas sulla lampada a fessura, per proteggere sia l’oculista che il paziente. Le visite vengono effettuate indossando dei guanti che vengono ovviamente cambiati ad ogni visita.
Il COVID dà una congiuntivite virale, in genere autolimitantesi e la congiuntivite è una patologia molto comune in primavera, anche su base allergica. Noi siamo più che allertati e abbiamo messo in campo tutte le precauzioni per proteggere sia i nostri pazienti che noi stessi.
In questo periodo abbiamo garantito sempre gli interventi urgenti, quali quelli sulla retina o per glaucoma. Contiamo di riaprire al più presto anche per gli interventi differibili, tipo la cataratta, anche per evitare che si allunghino troppo le liste d’attesa. Ma ovviamente con tutte le precauzioni del caso: distanziamento sociale e nel tempo per evitare gli affollamenti nelle sale d’attesa; massima sterilità possibile in tutti gli ambienti”.
COVID e lenti a contatto
“Per quanto riguarda le lenti a contatto – suggerisce il professor Rizzo - se non strettamente necessario, noi consigliamo ai nostri pazienti di non portarle in questo periodo e usare piuttosto gli occhiali. Se proprio non se ne può fare a meno, meglio quelle giornaliere, usa e getta. E naturalmente con la solita precauzione di lavarsi bene le mani”.
Ai portatori di lenti a contatto, gli esperti raccomandano dunque in questo periodo di attenersi ancor più scrupolosamente alle misure igieniche, che dovrebbero essere praticate anche in circostanze normali: prima di applicare o rimuovere le lenti a contatto, lavare molto bene le mani con acqua e sapone e asciugarle con un tovagliolo di carta. Pulirle giornalmente con gli appositi liquidi o sostituirle, almeno per questo periodo, con quelle giornaliere usa e getta. Evitare di toccarsi il viso, compresi gli occhi, il naso e la bocca con mani non lavate ed evitare l’applicazione delle lenti in caso di problemi di salute, in particolare in presenza di sintomi da raffreddamento o simil-influenzali.
Maria Rita Montebelli