Un melanoma ‘diverso’. Il Gemelli all’avanguardia nel trattamento

È il melanoma della coroide, che si sviluppa nell’occhio, in questa struttura situata tra la sclera (lo strato esterno, il ‘bianco’ dell’occhio) e la retina (lo strato più interno, sensibile alla luce). È una forma molto più rara di quello cutanea, che deve essere gestita presso centri di riferimento specializzati e dotati di un team multidisciplinare dedicato, per una diagnosi e un trattamento di precisione. Al Gemelli, centro di riferimento per tutto il centro-sud Italia, viene trattato circa un terzo di tutti i nuovi casi di melanoma della coroide in Italia.
Anche gli occhi purtroppo possono ammalarsi di tumore e per il trattamento di una patologia, già intrinsecamente grave e in una sede così delicata, è bene affidarsi ad un centro di riferimento. Ne abbiamo parlato con il professor Gustavo Savino, Associato di Oculistica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e direttore della UOC di Oncologia Oculare di Fondazione Policlinico Gemelli.
“A livello oculare possono verificarsi molte manifestazioni oncologiche, ma la più importante tra quelle intraoculari, per frequenza e gravità, è il melanoma della coroide – spiega il professor Savino -. Ogni anno si registrano in Italia 350-400 casi nuovi casi di melanoma della coroide; di questi, circa 130 ogni anno vengono trattati al Gemelli, presso la nostra UOC.
Si tratta di un tumore che origina dalla parte interna dell’occhio la coroide, un tessuto ricco di vasi che fornisce ossigeno e sostanze nutritive alla retina e che contiene un pigmento scuro. Ma esistono anche tanti altri tumori, che possono colpire anche la superficie dell’occhio, la zona orbitaria e quella peri-oculare. Ci sono forme metastatiche (ad esempio da tumori del seno, del polmone, ecc) e forme primitive, come i linfomi o i tumori vascolari (benigni e maligni); o ancora, tumori secondari che si estendono verso l’occhio da organi contigui (zona perioculare, seni mascellari)”.
I sintomi variano a seconda della dimensione e della sede di localizzazione del tumore. “Così, per i tumori intraoculari, come il melanoma della coroide, se ad essere interessate sono le zone nobili della visione, come la macula o il nervo ottico – spiega il professor Savino – le alterazioni del visus e del campo visivo fanno scattare rapidamente d’allarme. Ma altre volte questo non accade e il tumore ha tempo di crescere, rendendo la diagnosi tardiva. Per questo è molto importante la prevenzione, che consiste in una visita oculistica, comprendente anche un esame accurato del fondo dell’occhio, da fare ogni anno, a partire dai 40 anni in su (anche se purtroppo non mancano casi di tumore ad esordio in età giovanile)”.
Il melanoma della coroide, da un punto di vista fenotipico e biologico, è completamente diverso da quello cutaneo. “I fattori di rischio generici, come l’età, l’esposizione al sole e al fumo, sono gli stessi anche per questo tumore – spiega il professor Savino – ma i fattori ambientali si associano a fattori genetici e alla presenza di condizioni congenite come la melanocitosi oculare. Grande importanza sta assumendo negli ultimi anni la caratterizzazione genetica di questi pazienti e importanti passi avanti sono stati fatti nell’ultimo decennio; in particolare sono stati scoperte mutazioni geniche che possono essere predittive dello sviluppo di questo tumore e molti progressi sono stati fatti anche nella caratterizzazione immuno-istochimica e nell’immunofluorescenza di questi tumori. Per una diagnosi accurata – prosegue il professor Savino – è fondamentale però che il paziente, nel quale si sospetti una patologia di questo tipo, venga inviato presso un centro di riferimento per l’oncologia oculare e affidato ad un team multidisciplinare (composto di oculisti, genetisti, istopatologi, radiologi specializzati in patologia oculare, radioterapisti, oncologi, ecc.)”. Dopo un approfondito esame clinico con apparecchi e strumentazioni particolari, il paziente viene sottoposto ad indagini di imaging (ecografie e risonanza magnetica). Fondamentale è quindi la stratificazione del rischio del singolo paziente, basata sulla genetica, sull’immunoistochimica e sull’immunofluorescenza. “Nel 90% dei casi – afferma il professor Savino – è possibile effettuare un trattamento locale (chirurgico, radioterapico), che è spesso conservativo; solo nei casi più gravi è necessario ricorrere all’enucleazione dell’occhio. Più di recente, grazie all’approfondimento delle conoscenze genetiche e delle caratteristiche di superficie delle cellule tumorali, si sono resi disponibili farmaci ‘target’ per la terapia sistemica del melanoma della coroide in fase avanzata (queste forme non rispondono alla terapia immunoterapica, normalmente di grande successo per il melanoma cutaneo), proposti prima per le forme metastatiche e, più di recente, per la terapia adiuvante e neoadiuvante”.
Di questi temi si parlerà nei prossimi giorni a Roma, in occasione del corso “Update in oncologia oculare” (percorso diagnostico-clinico-assistenziale multidisciplinare del melanoma uveale e profilazione del rischio metastatico), organizzato dal professor Gustavo Savino.
Maria Rita Montebelli
Da sinistra guardando la foto:
Componenti UOC Oncologia Oculare
Dott. Giovanni Cuffaro ( Dirigente Medico neoformazioni perioculari e intraorbitarie), Dott.ssa Maria Grazia Sammarco ( Dirigente Medico Neoformazioni della superficie oculare e intraoculari), Dott.ssa Carmen Caputo ( Dirigente Medico Imaging ecografico delle neoformazioni intraoculari e intraorbitarie), Prof. Gustavo Savino ( Direttore UOC Oncologia Oculare), Prof.ssa Maria Antonietta Blasi ( Consulente LP tumori intraoculari), Dott.ssa Monica Pagliara ( Responsabile UO Tumori intraoculari), Dott. Andrea Scupola ( Dirigente Medico neoformazioni corioretiniche e diagnostica fluorangiografica)










