Mano bionica: il futuro della robotica passa dalle università italiane
L’Italia, con la pubblicazione di due studi sull’ultimo numero di Science Robotics, conferma la propria tradizione di pioniere e di primato nello studio e nell’applicazione clinica per restituire piena autonomia alle persone che hanno subito l’amputazione di una mano o di un braccio. Una storia lunga dieci anni che ha conosciuto importanti riconoscimenti da parte della comunità scientifica internazionale e che oggi si sta avvicinando a ridare finalmente un arto superiore a tutte le persone che hanno subito una amputazione.
Le due ricerche sono state presentate nelle settimane scorse presso l'Accademia dei Lincei a Roma, alla presenza del ministro della Salute Giulia Grillo che ha dichiarato: "Sono orgogliosa dei risultati sulla mano bionica. Questo conferma il ruolo centrale dell'Italia in campo scientifico. La nuova mano bionica è una delle più grandi conquiste della nostra scienza. E non solo perché c'è stata una collaborazione tra Università e Centri di ricerca, ma anche perché i pazienti sono parte integrante della squadra". Nella stessa occasione è intervenuto Giovanni Raimondi, Presidente della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, che ha sottolineato il "fondamentale valore dell'innovazione tecnologica e della ricerca clinica al servizio dei malati, che è la missione di un IRCCS quale è il Policlinico Gemelli". Il primo studio è frutto infatti del lavoro diricerca di un gruppo di scienziati coordinati dal professor Silvestro Micera, docente di Bioingegneria presso l'Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant'Anna e presso l'Ecole Polytechnique Federale di Losanna, e dal professor Paolo Maria Rossini, direttore proprio dell’Area di Neuroscienze della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS – Università Cattolica sede di Roma. È stato fondamentale inoltre il contributo di altri prestigiosi centri di ricerca europei come le Università di Cagliari, Montpellier e Friburgo (Germania), l’IRCCS S. Raffaele - Pisana ed i successivi finanziamenti della Commissione europea, del Centro di Competenza svizzero in Robotica (NCCR Robotics), della Fondazione Bertarelli oltre che di una ricerca finalizzata del ministero della Salute. La sperimentazione condotta ha permesso, nello specifico, di ottenere delle protesi nelle quali il normale flusso di informazioni che giungono dall’esterno viene ripristinato tramite impulsi elettrici inviati da elettrodi inseriti direttamente nei nervi dell’arto superiore amputato: questi impulsi sono tradotti in sensazioni di natura tattile e/o propriocettiva. “Questo importante risultato – ha spiegato il professor Paolo Maria Rossini - segue di poco il nostro recente studio pubblicato su Annals of Neurology dove abbiamo dimostrato nei pazienti coinvolti che è possibile utilizzare a lungo termine (molti mesi) questo tipo di tecnologia esplorandone anche la valenza clinica. Inoltre, nei pazienti con dolore da ‘arto fantasma’ (dolore percepito nella mano amputata) la mano robotica senso rizzata ha determinato un sensibile miglioramento della sintomatologia”. La seconda pubblicazione riguarda invece il lavoro condotto da bioingegneri, ingegneri, medici e tecnici dell’Università Campus Bio-Medico di Roma e del Centro Protesi Inail di Vigorso di Budrio (BO). La sperimentazione, attuata da un team guidato da Loredana Zollo, professore associato di Bioingegneria e appunto responsabile ingegneristica del progetto, ha permesso a una giovane donna con amputazione di mano di sentire la forza applicata e la perdita di contatto con l’oggetto afferrato e di usare contrazioni volontarie dei muscoli per regolare la forza di presa della mano bionica su un oggetto, evitandone così lo scivolamento. Usando questa nuova strategia di controllo neurale, la paziente è riuscita a portare a compimento con successo molti compiti complessi, tra cui afferrare e manipolare oggetti scivolosi, che richiedono una elevata destrezza, come ad esempio una bottiglia d’acqua. Entrambi gli studi aprono alla realizzazione di arti bionici in grado di dare al paziente informazioni che giungono dal mondo esterno e contemporaneamente di reagire in risposta agli stimoli ricevuti (protesi bidirezionali), e in grado di trasmettere sensazioni più ricche e comparabili a quelle percepite da un arto in carne ed ossa.