La Medicina Nucleare e Radiofarmacie del Gemelli verso l’accreditamento per gli studi di fase 1
Si intitola ‘Radiopharmacy: the Next One’ il seminario internazionale che si è svolto ieri, 18 marzo, al Policlinico Gemelli, dedicato alla ricerca di Fase 1 in Medicina Nucleare e Radiofarmacia. Si è parlato della ricerca di base, in rapida crescita a livello internazionale, grazie allo sviluppo di nuovi radiofarmaci per la diagnostica e la terapia personalizzate. Per questo, il futuro accreditamento di fase 1 della Medicina Nucleare e delle Radiofarmacie di Fondazione Gemelli IRCCS rappresenta un importante traguardo che consentirà innovativi progetti accademici e industriali e possibilità diagnostiche e terapeutiche all’avanguardia in Europa.
Qualche mese fa avevamo parlato dei progetti di ricerca in corso al Policlinico Gemelli sui nuovi radiofarmaci diagnostici PET sperimentali, in particolare sul possibile utilizzo del 18F-MC225 nella depressione, della 68Ga-Exendina nel diabete e di nuovi traccianti del microambiente tumorale nei tumori addomino-pelvici (18F-FAPI, 68Ga-Pentixafor). Ma è solo un piccolo anticipo di quello che avverrà nei prossimi mesi, grazie al prossimo accreditamento della Medicina Nucleare e Radiofarmacie di Fondazione Gemelli IRCCS per gli studi di fase 1.
Il programma di fase I “Condurre uno studio di Fase 1 – spiega il dottor Gennaro Daniele, direttore programma e UOC di fase I di Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS e docente a contratto dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, campus di Roma- significa occuparsi di ricerca ad uno stadio più precoce e di effettuare studi clinici cosiddetti ‘first-in-human’. Il programma di fase I è già attivo con successo da alcuni anni presso la Fondazione per studi sia oncologici e che non-oncologici”. Le applicazioni nella diagnostica “Nei prossimi mesi – annuncia il dottor Salvatore Annunziata, responsabile della facility GSTeP Radiopharmacy – inizieremo a testare isotopi innovativi come lo 89Zr e il 64Cu, che possono essere coniugati con anticorpi monoclonali, per la prima volta in una radiofarmacia ospedaliera italiana. Nel caso degli anticorpi anti-PD-L1 ad esempio, si potrebbe valutarne l’espressione in multipli siti, mentre oggi viene valutata su un’unica lesione (dove viene effettuata la biopsia). Si parla per questo di ‘immuno-PET’, un possibile imaging pre-trattamento, che consentirebbe di individuare meglio l’espressione del PD-L1, non solo nel sito della biopsia ma in tutti i siti di malattia. L’immuno-PET è uno strumento diagnostico utilizzato sperimentalmente per ora solo dai Paesi del Nord Europa, che rappresenterebbe un first-in-human in Italia e una forma di ‘targeted-PET’, in analogia alle targeted-therapy”.I trattamenti innovativi “Gli studi di Fase 1 possono riguardare anche l’ambito terapeutico della Medicina Nucleare – spiega il professor Alessandro Giordano, direttore UOC Medicina Nucleare di Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS e Ordinario di Medicina Nucleare all’Università Cattolica del Sacro Cuore –. Speriamo di poter effettuare studi first-in-human anche con i radiofarmaci terapeutici al fine di realizzare un completo percorso ‘teranostico’: dalla diagnosi alla terapia utilizzando la stessa molecola (ligando) ma marcata con radionuclidi diversi. Al momento gli studi di teranostica innovativa effettuati al Gemelli utilizzano radiofarmaci commerciali o prossimi alla commercializzazione, ad esempio 177Lu-DOTATOC per i tumori neuroendocrini e 177Lu-PSMA per il cancro della prostata. Un interessante first-in-human teranostico potrebbe essere rappresentato dai già citati ligandi del microambiente tumorale per i tumori addomino-pelvici (FAPI, Pentixafor), oppure dalle cosiddette ‘alpha-therapy’ (radiofarmaci ‘alfa-emittenti’), che consistono in radionuclidi terapeutici molto energetici (es. astato, attinio) che rilasciano la radiazione solo nelle cellule interessate e che pertanto irradiano solo il tumore, azzerando così l’esposizione alle radiazioni dei tessuti sani, di altri pazienti, personale sanitario e familiari. Tengo a sottolineare – aggiunge il professor Giordano - che tali studi, diagnostici, terapeutici o teranostici richiedono l’indispensabile coinvolgimento di tutte le strutture della medicina nucleare e dei multipli professionisti che ci lavorano, grazie alle diverse ed indispensabili competenze (medici, tecnici, infermieri, radiofarmacisti, chimici ecc.). Saranno loro i protagonisti di queste sfide lavorando in team, come oggi la medicina tutta richiede”.Network internazionale Fondazione e Università Cattolica sono ben inseriti all’interno di network internazionali di ricerca. “Questo – commenta la professoressa Evis Sala, direttore del Dipartimento di Diagnostica per Immagini e Radioterapia Oncologica di Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS e Ordinario di Radiologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore – è fondamentale non solo in ottica collaborativo-scientifica, ma anche per ottenere finanziamenti di ricerca a livello italiano ed europeo. Tra i bandi già vinti c’è l’EU4Health (consorzi CLAUD-IT e SAMIRA), due iniziative di rete europee tra dipartimenti di radiologia, medicina nucleare e radiofarmacia, per promuovere qualità e sviluppo delle discipline in Europa”.“Quella del Gemelli – aggiunge il professor Giovanni Scambia, Direttore Scientifico di Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS e Ordinario di Ginecologia e Ostetricia all’Università Cattolica del Sacro Cuore - è una delle poche Radiofarmacie GMP-like italiane per la ricerca sui radiofarmaci PET sperimentali, l’unica a livello ospedaliero e accademico con locali e personale dedicati alla ricerca. L’attivazione della fase I della Medicina Nucleare e Radiofarmacie della Fondazione costituisce un importante step per ampliare le opportunità scientifiche e cliniche nel panorama nazionale e internazionale della ricerca”.
Maria Rita Montebelli