Gemelli in Ciociaria: per la tiroide un’alleanza sul territorio
6 Maggio 2015
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Le province a sud della Capitale hanno una caratteristica“geopatologica” particolare: un’incidenza particolarmente elevata di malattie della tiroide. “Nel nostro territorio non c’è famiglia dove non ci sia qualcuno con problemi alla tiroide”, ha sottolineato il sindaco di Aquino, borgo medievale della provincia di Frosinone, introducendo un incontro sulla prevenzione e la diagnosi precoce di queste malattie, organizzato dall’Università Cattolica di Roma.
Da tre anni, infatti, la cattedra di Endocrinologia, diretta dal prof. Alfredo Pontecorvi, la cattedra di Chirurgia Endocrina e metabolica, diretta dal prof. Rocco Bellantone, insieme alla UOC di Chirurgia Endocrina del CIC diretta dal prof. Celestino Pio Lombardi, sono impegnate nella creazione di una rete di contatti sul territorio del Basso Lazio (provincie di Latina e soprattutto
Frosinone) con incontri (ECM) dedicati a specialisti e a medici di medicina generale.
Il lavoro è importante e particolarmente apprezzato vista la notevole incidenza di gozzo (aumento delle dimensioni della tiroide) e di neoplasie di questa ghiandola. L’ Italia è uno dei Paesi più esposti alle patologie della tiroide nel mondo. Sono circa 6 milioni le persone che nel nostro Paese soffrono di problemi legati alla tiroide. Solo nel Lazio sarebbero 600 mila. Tra le cause: bagaglio genetico, trasmissione eredo-familiare, un’inadeguata assunzione di iodio e selenio, tossicità legata a contaminanti ambientali
(radiazioni e inquinamento da metalli pesanti), molti dei quali non ancora ben identificati. Risultato: in Italia, ogni anno, si effettuano più di 40 mila interventi per asportazione della tiroide (tiroidectomie): nel 20% dei casi si tratta di neoplasie.
Il rischio di sviluppare una malattia della tiroide varia, secondo la regione geografica, dal 4 al 60%. In particolare, la probabilità di riscontrare un nodulo clinicamente palpabile può variare dal 5 al 10%, mentre le alterazioni della tiroide in genere colpiscono il 10-12% degli italiani. In alcune regioni risulta colpito anche il 30-40% della popolazione. Tra le zone più colpite: le provincie di Frosinone e Latina, le Valli bergamasche e alcune zone montane di Piemonte e Val d’Aosta. Non solo: nonostante i 360 km di coste del Lazio e l’alimentazione prevalentemente mediterranea, in molte aree, anche vicino al mare, il gozzo è ancora endemico.
La colpa è anche di politiche inefficaci per la iodazione delle acque e della mancanza di un adeguato apporto alimentare di iodio. È allarme anche per quanto riguarda i tumori. Quelli della tiroide rappresentano l’1% di tutte le malattie oncologiche e colpiscono ogni anno 9.000 italiani. In genere sono più aggressivi negli uomini e più frequenti nelle donne (il rapporto uomo-donna è 1:2) tra i 25 e i 50 anni a causa dei continui cambiamenti ormonali. Secondo gli esperti in alcune specifiche zone
d’Italia (come la Ciociaria, appunto) si tratta di un vero e proprio problema sociale. Alla “rete tiroidea” del Basso Lazio hanno contribuito anche diverse Società Scientifiche tra cui l’AIRM (Associazione Italiana di Radioprotezione Medica) e la SIAMEG (Società Italiana per l’Aggiornamento del Medico di Medicina Generale) e molti medici del Gemelli tra cui endocrinologi (Carlo Rota), otorinolaringoiatri (Lucia D’Alatri), medici nucleari (Massimo Salvatori, Germano Perotti), anatomo-patologi (Guido Fadda, Diana Esther Rossi). “Stiamo cercando di organizzare almeno due eventi l’anno - spiega Luca Revelli, chirurgo endocrino del Gemelli e consigliere scientifico della SIAMEG -. Al momento si sono svolti incontri ad Alatri (“Ambiente e tiroide”, novembre
2012), ad Anzio (“Ambiente e tiroide: il mare, lo iodio, le radiazioni, luglio 2013) ad Aquino (“La tiroide: il papillon della salute.
Nuove strategie di studio e di cura per vivere meglio”, maggio 2014) e a Ferentino (“Radiazioni e tumore della tiroide”, novembre 2014)”.Il prossimo appuntamento è in programma a Sora, propaggine ciociara verso l’Abruzzo, in collaborazione con gli specialisti dell’Ospedale SS. Trinità (organizzatrice locale dott.ssa Maria Antonietta Tummarello). Sabato 23 maggio sarà dedicato ad un incontro dal titolo emblematico: “Il gozzo multinodulare in area endemica: la Ciociaria”.
Poco sale, ma iodato La giusta ricetta per la prevenzione
Lo iodio è il carburante della tiroide. È il “mattone” fondamentale necessario per far funzionare la ghiandola che regola il metabolismo dell’adulto e l’accrescimento dalla vita fetale. “Poco sale ma iodato: la prevenzione delle malattie tiroidee si fa mangiando” è il motto della Settimana Mondiale della Tiroide del 2015 (18-25 maggio) in cui, in molte nazioni dei cinque continenti, si organizzano eventi informativi, di screening e di prevenzione Pesci, molluschi, crostacei e alghe. E ancora, frutta e verdura coltivate vicino al mare sono i cibi “salva-tiroide”. Non è un caso che nelle popolazioni che vivono sul mare e si nutrono del pescato si registri la più bassa incidenza di patologie della tiroide. In Italia una legge emanata nel 2005 prevede una serie di misure finalizzate a promuovere il consumo di sale arricchito di iodio su tutto il territorio nazionale tra le quali: presenza obbligatoria di sale iodato nei punti vendita, la fornitura di sale comune solo su specifica richiesta dei consumatori, l’uso di sale iodato nella ristorazione collettiva e la promozione del suo impiego nella preparazione e conservazione dei prodotti alimentari. Dose consigliata? 3/5 grammi al giorno, da utilizzare “crudo”: il calore tende infatti a distruggere lo iodio (il sale iodato nell’acqua di cottura della pasta non ha nessuna utilità). Attenzione agli alimenti “ladri” di iodio:alcune verdure, soprattutto della famiglia delle crucifere (colza, cavoli, rape, crescione, rucola, ravanello, rafano), sono “gozzigene”: inibiscono l’assorbimento dello iodio da parte della tiroide.