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Come nasce il diabete di tipo 2 in un film girato in sala operatoria

14 Settembre 2020
Ricerca

Un filmato e una serie di frame realizzati dagli specialisti del Gemelli e della Cattolica durante le sedute operatorie raccontano l’origine del diabete mellito in un articolo pubblicato sull’ultimo numero di “Trends in Endocrinology and Metabolism”.

La prestigiosa rivista Trends in Endocrinology and Metabolism pubblica nel suo ultimo numero una review sulla genesi del diabete di tipo 2, studiata ‘in punta di bisturi’. Questo innovativo filone di ricerca, avviato da tempo dai ricercatori dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, campus di Roma, e della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS mira a ottenere una serie di ‘istantanee’, tanti fotogrammi da mettere insieme per produrre il ‘film’ della nascita del diabete di tipo 2.

“Quando una persona subisce un intervento di pancreasectomia parziale – commenta il professor Andrea Giaccari, Responsabile Centro Malattie Endocrine e metaboliche Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e professore associato di Endocrinologia, Università Cattolica del Sacro Cuore, campus di Roma- è necessario asportare anche un pezzo di pancreas sano, che noi andiamo a studiare. Negli anni, grazie alla collaborazione con il professor Sergio Alfieri, Direttore del Centro Chirurgico del pancreas del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS e Ordinario di Chirurgia Generale all’Università Cattolica, campus di Roma, e il dottor Giuseppe Quero, Unità Operativa Complessa di Chirurgia Digestiva del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS, abbiamo avuto accesso a diversi pezzi operatori che abbiamo confrontato con una serie di studi funzionali su secrezione e resistenza all’insulina, che facciamo in questi pazienti (glicemia dopo pasto misto e dopo carico orale, clamp iperglicemico per studiare la secrezione insulinica, clamp euglicemico per studiare la sensibilità all’insulina). In questo modo, abbiamo ottenuto una serie di foto istantanee di tante diverse persone che poi cerchiamo di mettere in fila per ricostruire e seguire la storia naturale del diabete nel tempo”.

Teresa Mezza, Alfredo Pontecorvi e Andrea Giaccari

I meccanismi di compenso per tenere alla larga il diabete: le cellule ‘trasformiste’

“Il nostro filone di ricerca – prosegue la dottoressa Teresa Mezza, ricercatore in Endocrinologia e Malattie del Metabolismo presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore,campus di Roma - ci ha permesso di scoprire che nei soggetti non ancora diabetici ma con resistenza all’insulina (il cosiddetto ‘pre-diabete’, una condizione di predisposizione al diabete) sono già presenti delle alterazioni delle insule pancreatiche (quelle che contengono le cellule beta, produttrici di insulina). Questi soggetti hanno delle insule più grandi (‘iperplasia’), con una maggior quantità delle cellule che producono glucagone. Inoltre abbiamo osservato che alcune cellule dei dotti pancreatici (che non nascono come cellule endocrine, in grado cioè di produrre ormoni) sono in grado di trasformarsi in cellule in grado di produrre insulina; che alcune cellule alfa, deputate alla produzione di glucagone, possono trasformarsi in cellule beta e di cominciare dunque a produrre insulina; infine, nelle insule di questi soggetti predisposti al diabete abbiamo notato una maggior produzione di GLP-1, un ormone che normalmente viene prodotto da alcune cellule specializzate presenti nell’intestino. Mentre è ben noto il ruolo del GLP-1 prodotto dall’intestino (da questa scoperta sono nati i farmaci anti-diabete di ultima generazione, dagli analoghi del recettore del GLP-1 agli inibitori di DPP4), non sappiamo ancora cosa faccia il GLP-1 all’interno delle isole pancreatiche, ma riteniamo che possa avere un ruolo nella stimolazione di questi meccanismi di compenso, come la trasformazione delle cellule alfa, in cellule beta”.

Deficit di prima fase, cellule stressate e insulina ‘immatura’. Verso nuovi target terapeutici

Molti dei soggetti prediabetici, dopo essere stati sottoposti a un intervento di pancreasectomia parziale, sviluppano il cosiddetto diabete ‘3c’; altri no. Il perché di questo diverso comportamento è un altro punto che la ricerca sta cercando di chiarire.

“In questo momento stiamo cercando di capire – spiega la dottoressa Mezza – se può esserci un ruolo della secrezione insulinica molto precoce (la cosiddetta prima fase di secrezione dell’insulina), che non è possibile osservare con una semplice curva da carico glucidico.  Attraverso studi di modellistica matematica abbiamo evidenziato che i pazienti insulinoresistenti, dopo l’intervento chirurgico presentano una produzione amplificata di ‘pro-insulina’, cioè di un’insulina immatura. Questo apre la strada a nuovi target terapeutici. Sarebbe infatti importante riuscire a stimolare tutti i meccanismi di compenso che portano alla produzione di nuove cellule beta in grado di produrre insulina matura e di rilasciarla in circolo (transdifferenziazione da cellule alfa a cellule beta, trasformazione di cellule dei dotti in cellule beta). Al contrario bisognerebbe bloccare molto precocemente il difetto della secrezione insulinica, tipico di quelle cellule beta ‘stressate’ dei soggetti predisposti al diabete, che producono insulina non matura”.

Ecco perché le persone predisposte al diabete dovrebbero limitare il consumo di dolci

“La secrezione insulinica in risposta a un pasto – ricorda il professor Giaccari – avviene in più fasi; la prima fase riguarda l’insulina già formata e depositata dentro appositi ‘magazzini’ (granuli) nelle cellule beta; la seconda fase richiede la produzione di nuova insulina da parte della cellula beta ed è dunque un po’ più lenta. Alcuni studi avevano suggerito che le persone predisposte al diabete (quelle con pre-diabete) a essere difettosa è soprattutto la prima fase di secrezione insulinica (i granuli sono di meno o non si riescono ad aprire); per questo motivo si consiglia a queste persone di evitare di mangiare zuccheri semplici (dolci, zucchero, ecc.) perché i cibi ad elevato indice glicemico causano un rapido aumento (un ‘picco’) della glicemia che può essere compensato solo da una prima fase di secrezione insulinica molto ben rappresentata, senza la quale si assiste a un picco di glicemia che rimane alta per molto più tempo. Al contrario, cibi a basso indice glicemico, che determinano un aumento della glicemia più graduale, permettono anche alle persone con un deficit della prima fase di secrezione di riuscire a compensare, pur mangiando la stessa quantità di carboidrati (a basso indice glicemico). I farmaci anti-diabete di nuova generazione (inibitori di DPP4 e GLP-1 analoghi) – conclude il professor Giaccari - contribuiscono a stimolare la risposta pronta della prima fase. Questo è uno dei motivi per il quale devono essere preferiti alle vecchie sulfoniluree”.

Un’inedita alleanza per la ricerca: endocrinologi e chirurghi insieme contro il diabete di tipo 2

“La caratteristica di questo filone di ricerca che ci rende unici nel mondo – sottolinea il professor Alfredo Pontecorvi, professore Ordinario di Endocrinologia, Università Cattolica del Sacro Cuore, campus di Roma, direttore della UOC Endocrinologia e Diabetologia della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS - è la collaborazione con il team chirurgico del Centro Pancreas del Gemelli, che ha una casistica davvero importante. È questa una nuova area di ricerca diabetologica che richiede uno sforzo particolare. Fino a oggi tutti questi studi sono stati fatti solo sull’animale, ma è molto difficile estrapolarne i risultati all’uomo”.

Giuseppe Quero

"Le ricerche che stiamo svolgendo – commenta il dottor Giuseppe Quero - sono un vero esempio di multidisciplinarietà, che coniuga in modo trasversale le branche della medicina (in questo caso endocrinologia e chirurgia) per un'assistenza a 360 gradi del paziente. Questa collaborazione ci sta permettendo di capire meglio la patogenesi del diabete ma anche di identificare i pazienti che hanno bisogno di una maggiore ‘attenzione diabetologica’ sia prima dell’intervento, che nell'immediato post-operatorio."

“Le tante ricerche che abbiamo effettuato in questi anni – conclude il professor Pontecorvi - si sono avvalse di prestigiose collaborazioni: con il CNR di Padova (ingegner Andrea Mari) per gli studi di modellistica matematica; con il Joslin Diabetes Center di Boston per gli studi molecolari sul pancreas; con il professor Jens J. Holst, Novo Nordisk Foundation (NNF) Center for Basic Metabolic Research  e Dipartimento di scienze biomediche  dell’Università di Copenhagen, che è il ‘padre’ del GLP-1; con il professor Manuel Ferraro, nefrologo del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS per l’analisi statistica; con il gruppo di Siena del professor Francesco Dotta e dottor Guido Sebastiani per i miRNA; infine con il gruppo del professor Stefano Del Prato e il dottor Giuseppe Daniele dell’Università di Pisa per la parte clinica”.

Maria Rita Montebelli

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