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BEST OF ASCO 2025: le novità dal congresso della società americana di oncologia commentate dagli esperti del Gemelli

2 Luglio 2025
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Un’edizione quella 2025 del congresso dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO) che riempie di speranze per le possibilità di trattamento di alcuni tumori, anche in fase metastatica. Mai prima d’ora in un singolo congresso sono stati presentati tanti studi potenzialmente in grado di cambiare la pratica clinica in questo setting di trattamento. Questo dell’ASCO 2025 è stato insomma il congresso dell’oltre, nel quale tante importanti ricerche hanno dimostrato che è possibile ambire a traguardi terapeutici sempre più ambiziosi per tante forme e sotto-tipi di tumore. A commentarceli, gli esperti della UOC di Oncologia.

Un’edizione davvero interessante quella dell’ASCO 2025, ricca di novità significative per i pazienti. “Sono arrivati a maturazione tanti studi attesi che, con i loro risultati, rappresentano delle pietre miliari su quanto si possa ottenere con l’impiego ottimale di tutte le terapie a nostra disposizione: chemioterapia, farmaci a bersaglio molecolare, immunoterapia – commenta il professor Giampaolo Tortora, Ordinario di Oncologia Medica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e Direttore del Comprehensive Cancer Center di Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS-. E questo sia nelle patologie più rilevanti per incidenza e mortalità (tumori dell’apparato digerente, della mammella, tumori del polmone), ma anche in altre patologie, come nei sarcomi, dove in genere novità e avanzamenti sono scarsi. Di certo, l’aspetto più interessante è che tutte le strategie con i nuovi farmaci oggi a disposizione, soprattutto con gli anticorpo-farmaco coniugati (ADC) e gli anticorpi bispecifici, mostrano che è possibile usarle sia nella malattia metastatica, ma anche nella fase adiuvante, neoadiuvante e perioperatoria. Questo significa anticipare, prima dell’intervento chirurgico, un’integrazione di queste diverse armi, in modo da favorire il successo dell’intervento. In questo momento, si sta lavorando molto sulla strategia complessiva delle cure, in tutti i setting clinici possibili per un paziente oncologico; una sorta di armonizzazione delle armi terapeutiche che abbiamo a disposizione, in un contesto di continuità di cura.”

Tumore della mammella (Armando Orlandi, dirigente medico presso l’Oncologia Medica di Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS). Buone notizie per le donne con tumore del seno, in fasi avanzata di malattia, vengono da tre importanti studi condotti su altrettanti sotto-gruppi di donne con questa neoplasia (tumori ormono-sensibili, HER2 positivi e tripli negativi). Un importante esempio di questi progressi nella gestione dei tumori in fase avanzata è rappresentato dallo studio SERENA-6 i cui risultati supportano l’ingresso della biopsia liquida nella pratica clinica. “Finora le terapie anti-tumorali (nel caso delle pazienti arruolate in questo studio, si tratta di terapia ormonale) venivano cambiate quando gli esami radiologici mostravano segni di ripresa di crescita del tumore o di comparsa di una recidiva. Questo studio suggerisce invece di utilizzare la biopsia liquida (che svela la presenza di frammenti di DNA tumorale circolanti nel sangue) per valutare la resistenza alla terapia anti-ormonale in atto, in modo da intercettare precocemente la perdita di efficacia del trattamento (dovuta in questo caso all’emergenza di mutazioni a carico del recettore per gli estrogeni), sostituirlo con una nuova classe di farmaci anti-ormonali orali (SERD orali, in questo studio il camizestrant), in assenza di una progressione radiologica della malattia. Questa strategia ha consentito di prolungare del 56% il tempo libero da progressione di malattia (PFS) che, in questa tipologia di pazienti, significa allungare ad esempio l’intervallo di tempo prima della comparsa di nuove metastasi ossee, con tutti i problemi che queste comportano sulla qualità di vita (dolore, limitaizone del movimento). La biopsia liquida insomma può intercettare precocemente la progressione del tumore, attraverso un semplice prelievo di sangue e ci proietta dall’oncologia ‘reattiva’ a quella ‘predittiva/anticipatoria’”.

Lo studio DESTINY-Breast 09 invece si è focalizzato sulle pazienti con tumore della mammella HER2 positivo, trattate con l’anticorpo-farmaco coniugato trastuzumab-deruxtecan. “Il messaggio interessante di questo studio è che la chemioterapia ‘intelligente’ (la ‘smart-chemio’), effettuata attraverso gli anticorpo-farmaco coniugati (ADC) funziona ed ha una migliore tollerabilità rispetto alla chemioterapia tradizionale. Questi farmaci sono come una freccia avvelenata intelligente che colpisce in modo selettivo solo le cellule tumorali (usando come bersaglio le proteine HER2, iper-espresse sulla superficie cellulare di questo tipo di tumore), facendo penetrare all’interno della cellula un farmaco chemioterapico molto tossico che la distrugge. Il farmaco utilizzato in questo studio ha consentito di raggiungere una PFS di 40 mesi (contro i 26 mesi della terapia standard), senza utilizzo di chemioterapia tradizionale”.

Protagoniste dello studio ASCENT-04 sono state infine le donne con tumore della mammella ‘triplo negativo’ (cioè senza recettori ormonali, né per HER2). “I risultati di questo trial dimostrano che, nelle donne con espressione di PD-L1 (sono il 40% circa delle donne con tumore ‘triplo negativo’), proteina che modula la risposta delle cellule immunitarie contro le cellule tumorali, l’immunoterapia (con pembrolizumab), associata ad un anticorpo-farmaco coniugato (sacituzumab-govitecan), cioè anche in questo caso alla chemioterapia ‘smart’, permette di superare la barriera della chemioterapia standard, permettendo di andare ‘oltre’: questa nuova strategia terapeutica ha infatti ridotto del 35% il rischio di progressione di malattia e di mortalità”.

Tumore dello stomaco (Carmelo Pozzo, dirigente medico presso l’Oncologia Medica di Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS). Buone notizie dall’ASCO 2025 arrivano anche per i pazienti con tumore dello stomaco, una neoplasia tradizionalmente ‘difficile’ da trattare. Sono due gli studi di fase 3 più importanti presentati al congresso dell’ASCO 2025, entrambi potenzialmente practice changing.

“Il primo, il Matterhorn è uno studio globale, condotto su oltre 960 pazienti, occidentali e asiatici. Ha riguardato pazienti con tumore dello stomaco potenzialmente operabili o in terapia peri-operatoria (cioè prima e dopo intervento chirurgico) con schema FLOT (fluorouracile, leucovorina, oxaliplatino e docetaxel), che rappresenta lo standard di terapia da diversi anni. Questo trial dimostra che, in questi pazienti, aggiungere in fase perioperatoria l’immunoterapia, insieme alla chemioterapia con FLOT, produce un miglioramento del 30% della sopravvivenza libera da eventi (recidive) e un aumento della sopravvivenza a due anni del 30%. Si tratta di risultati per certi versi sorprendenti in quanto, per questo studio, non è stata fatta una selezione dei pazienti basata su biomarcatori di risposta all’immunoterapia (PD-L1); questa strategia terapeutica ha dimostrato infatti la sua efficacia sia nei pazienti ad elevata espressione di PD-L1, che negli altri. E questo cambia il nostro approccio a questi pazienti”.

L’espressione dei recettori HER2 sulle cellule tumorali, rappresenta un importante bersaglio terapeutico non solo nel tumore della mammella, ma anche in quello dello stomaco (dove sono presenti nel 15% dei pazienti). Ed è ai pazienti con adenocarcinoma gastrico o della giunzione gastro-esofagea con alta espressione dei recettori HER2 sulle cellule tumorali che si rivolge un altro studio potenzialmente practice-changing, il Destiny-Gastric 04, presentato al congresso dell’ASCO 2025 e pubblicato in contemporanea sul New England Journal of Medicine. “Negli ultimi anni la caratterizzazione molecolare dei tumori dello stomaco si è andata progressivamente affinando con la ricerca di una serie di biomarcatori come l’HER2 e il PD-L1; a questi se ne stanno aggiungendo degli altri, come la claudina 18.2 o l’FGFR2 (Fibroblast Growth Factor Receptor 2). Nei pazienti con tumore dello stomaco e iper-espressione dei recettori HER2 il trattamento in prima linea di terapia prevede una combinazione di chemioterapia con un farmaco anti-HER2, il trastuzumab. Un trattamento che finora veniva abbandonato nei pazienti che andavano in progressione di malattia e nei quali, la seconda linea di terapia prevedeva la somministrazione di un chemioterapico (paclitaxel) associato ad un farmaco anti-angiogenico (ramucirumab). Ma con l’introduzione degli anticorpo-farmaco coniugati (ADC) tutto cambia; in particolare, il trastuzumab-deruxtecan, la terapia sperimentale vagliata in questo studio, ha dimostrato la sua validità in seconda linea, anche nei pazienti HER2 positivi, che erano andati in progressione di malattia dopo aver ricevuto il trastuzumab in prima linea. Confrontato con lo standard di trattamento (paclitaxel e ramucirumab), questo anticorpo farmaco-coniugato ha prodotto una riduzione del rischio di morte del 30%, regalando oltre tre mesi di vita in più a questi pazienti dalla prognosi negativa, rispetto allo standard attuale di terapia”.

Tumore del colon (Lisa Salvatore, Ricercatrice in oncologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e Dirigente Medico presso la UOC di Oncologia Medica di Fondazione Policlinico Gemelli). Tra i lavori più importanti presentati a questa edizione di ASCO 2025 c’è lo studio Challenge, sugli effetti dell’esercizio aerobico strutturato nel ridurre il rischio di recidiva di tumore del colon. “Lo studio di fase 3 randomizzato ha riguardato pazienti con tumore del colon operato, in stadio III o in stadio II ad alto rischio, che avevano tutti già effettuato chemioterapia adiuvante (cioè dopo l’intervento chirurgico). Al termine del trattamento, i pazienti sono stati randomizzati ad un programma di esercizio fisico strutturato per tre anni, sotto la guida di un personal trainer, oppure al gruppo di controllo (che riceveva solo materiale informativo). Il gruppo ‘esercizio fisico’ effettuava 45-60 minuti di camminata a passo veloce, 3-4 volte a settimana. A 60 mesi, nei pazienti ‘attivi’ il rischio relativo di recidiva di tumore del colon è risultato inferiore del 28% e quello di mortalità inferiore del 37%, rispetto al gruppo di controllo. In altre parole, l’esercizio fisico ha prevenuto la recidiva di tumore in una persona per ogni 16 persone sottoposte allenamento e la morte in una persona per ogni 14 persone del gruppo ‘attivo’.

È importante sottolineare che questi pazienti avevano completato tutto l’iter di terapia, prima di essere arruolati in questo studio; l’esercizio fisico rappresenta dunque un’importante freccia in più al nostro arco, che non si sostituisce, ma si aggiunge alla terapia farmacologica”.

Un altro studio practice-changing presentato all’ASCO 2025 è il BREAKWATER, studio di fase 3 che ha riguardato la prima linea di terapia, nei pazienti con tumore del colon metastatico e mutazione BRAF (presente nel 10% di tutti i pazienti con tumore del colon metastatico). La presenza di questa mutazione conferisce in genere al tumore del colon una grande aggressività e, prima dell’avvento della terapia target, (encorafenib, un inibitore di BRAF) questi pazienti avevano una sopravvivenza mediana di un anno. Fino ad oggi la terapia con encorafenib, associata a cetuximab (un anti-EGFR), veniva utilizzata dalla seconda linea di trattamento in poi; e già questo aveva migliorato il controllo di malattia e la sopravvivenza di questi pazienti. Lo studio BREAKWATER ha dimostrato che anticipare in prima linea la somministrazione di un inibitore di BRAF (encorafenib), associandolo al cetuximab e alla chemioterapia standard (FOLFOX), produce un vantaggio in termini di PFS e di sopravvivenza globale (OS). Confrontata allo standard attuale di terapia in prima linea (chemioterapia +/- terapia anti-angiogenica con bevacizumab), la combo inibitore di BRAF (encorafenib) + cetuximab + chemioterapia con FOLFOX porta la sopravvivenza libera da progressione di malattia (PFS) da 7 a 12,8 mesi (riduce cioè il rischio di progressione del 47%) e la sopravvivenza assoluta da 15 a 30 mesi, con una riduzione del rischio di morte del 51%.”

Lo Studio ATOMIC infine ha riguardato pazienti con tumore del colon con ‘instabilità dei microsatelliti’ (MSI, una condizione in cui si verificano mutazioni in brevi sequenze di DNA ripetitive, dette ‘microsatelliti’, nel tessuto tumorale, a causa di difetti nel sistema di riparazione del DNA detto mismatch repair), sottoposti a intervento chirurgico e candidati a chemioterapia adiuvante (FOLFOX) o a chemioterapia più immunoterapia (con atezolizumab). Questo studio ha dimostrato che l’aggiunta di immunoterapia dà un chiaro vantaggio, rispetto alla sola chemioterapia, in termini di sopravvivenza libera da malattia a tre anni, riducendo il rischio di ricadute del 50%. Si tratta di un’informazione già in parte superata dai nuovi studi (come lo studio di fase 3 AZUR-2, in corso anche al Gemelli) che stanno valutando l’impiego dell’immunoterapia addirittura in neoadiuvante (cioè prima dell’intervento chirurgico) o in fase peri-operatoria (prima e dopo l’intervento), nei pazienti con instabilità dei microsatelliti. Fondamentale è ricercare la presenza o meno di instabilità dei microsatelliti appena viene fatta diagnosi di adenocarcinoma del colon, indipendentemente dallo stadio del tumore, per una serie di motivi. Serve per lo screening universale della sindrome di Lynch; nei pazienti con tumore del colon metastatico e nel tumore del retto localmente avanzato fornisce l’indicazione a somministrare immunoterapia; infine nei pazienti non ancora sottoposti a intervento chirurgico per tumore del colon può fornire l’indicazione a fare immunoterapia neo-adiuvante, cioè prima dell’intervento chirurgico stesso (per ora solo all’interno di trial clinici sperimentali)”.

Maria Rita Montebelli

Nella foto in alto, da sinistra: Armando Orlandi, Giampaolo Tortora, Lisa Salvatore, Carmelo Pozzo

Da sinistra: Armando Orlandi, Giovanni Schinzari, Lisa Salvatore, Carmelo Pozzo, Luca Mastrantoni, Giampaolo Tortora, Maria Antonietta Di Salvatore, Letizia Pontolillo, Ernesto Rossi, Romina Rose Pedone
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