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L’Europa scende in campo contro il ‘fegato grasso’. E il Gemelli c’è

26 Febbraio 2024

Se il fegato ‘ingrassa’ troppo si rischia la cirrosi e il tumore, ma il problema, che interessa il 30% della popolazione, non è ancora abbastanza conosciuto. Per accendere i riflettori su questa patologia e mettervi un freno, scende ora in campo una task force europea, della quale fanno parte anche l’Università Cattolica del Sacro Cuore e la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS (unici centri italiani). Questo consorzio, finanziato da Innovative Health Initiative Joint Undertaking, una partnership pubblico-privata, nell’arco dei prossimi quattro anni porterà avanti il progetto GRIPonMASH, che recluterà 10 mila pazienti, con questi obiettivi: diffondere le conoscenze sui rischi del ‘fegato grasso’, mettere a punto strumenti diagnostici non invasivi, scoprire nuovi biomarcatori diagnostici, personalizzare i consigli di stile di vita da offrire ai pazienti. E intanto si continuano a sperimentare terapie innovative per questa condizione, che a breve rappresenterà la principale causa di cirrosi e di ricorso al trapianto di fegato nel mondo occidentale.  

È arrivato il momento di accendere i riflettori su una malattia del fegato tanto diffusa (ne soffre una persona su tre, con vari gradi di gravità), quanto sconosciuta, sia per la sua natura, che per le possibili conseguenze. Chiamata un tempo ‘steatosi epatica’, poi NAFLD (steatosi epatica non alcolica) e NASH (steatoepatite non alcolica), oggi è approdata alla definizione MAFLD (epatopatia steatosica associata a dismetabolismo) e MASH (steatoepatite associata a dismetabolismo), più aderente alle cause che ne sono alla base, cioè sovrappeso, obesità e diabete.  “L’accumulo di grasso nel fegato – spiega il dottor Luca Miele, docente di Epatologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, campus di Roma e dirigente medico presso la UOC Medicina Interna e del Trapianto di Fegato di Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS, diretta dal professor Maurizio Pompili - se contenuto in una piccola quantità, aiuta quest’organo perché serve come riserva energetica. Ma quando l’accumulo di grasso nel fegato eccede questi limiti, quel grasso in eccesso può diventare molto dannoso perché crea un ambiente che favorisce l’infiammazione (steato-epatite); in seguito, il fegato cerca di riparare i danni prodotti dall’infiammazione formando delle ‘cicatrici’, cioè la fibrosi, una sorta di rete che si crea all’interno del fegato e che si restringe sempre di più, portando nell’arco di anni alla cirrosi epatica e, a volte, al tumore del fegato.  Le cause di questo accumulo di grasso in eccesso sono riconducibili soprattutto alla duplice pandemia di obesità e diabete. Altro principale cofattore della steatosi è naturalmente l’abuso di alcol, che può aggiungere danno, al danno provocato da queste malattie dismetaboliche”.

Le dimensioni del problema. A essere affetto da epatopatia steatosica (MASLD) è il 30% della popolazione; tra queste persone, 1 su 5 progredirà verso una MASH, una forma caratterizzata da una forte infiammazione del fegato che finisce per danneggiare questo prezioso organo; nel 5% dei casi questi pazienti svilupperanno una forma ancora più seria di MASH, quella fibrotica appunto. “Mentre la MASLD è reversibile – spiega il dottor Miele - la MASH e la MASH fibrotica non lo sono; possono solo peggiorare portando alla cirrosi, all’insufficienza epatica e persino al cancro del fegato. Il problema è di proporzioni tali che da qui al 2030, la MASH sarà la principale causa di ricorso al trapianto di fegato. Ecco perché è così importante riconoscere i segni della malattia precocemente, per poterne bloccare la progressione verso queste complicanze”.

Il trattamento. “In questo momento – rivela il dottor Miele - non sono disponibili farmaci specifici contro la MASH, anche se sono in avanzata fase di sviluppo diverse terapie (alcune delle quali in sperimentazione anche qui al Gemelli), che stanno dando risultati molto promettenti. Quindi l’unico modo per fare prevenzione e per trattare questi problemi è aderire a un sano stile di vita: dieta mediterranea, attività fisica costante, niente alcol; da evitare le bevande zuccherate, grassi animali, carni rosse e ultra-processate (come insaccati e salsicce)”.

Un progetto per salvare il fegato. GRIPonMASH è un consorzio composto da 27 istituzioni e company europee che hanno unito le forze per imprimere un sostanziale cambio di rotta alla diagnosi e al trattamento di quella che un tempo veniva chiamata ‘steatosi epatica’ e che oggi va invece sotto il nome di MASLD e MASH. “Uno dei principali obiettivi del consorzio – spiega il dottor Miele che è Principal Investigator del progetto GRIPonMASH per il settore Diagnostic Modelling - è quello di sviluppare una piattaforma diagnostica, che consentirà di individuare precocemente i pazienti con MASH, di stratificarli con maggior accuratezza e di fornire loro consigli di stile di vita personalizzati. In particolare, noi contribuiremo a creare un algoritmo diagnostico basato sull’intelligenza artificiale, che aiuti i medici a identificare i pazienti a maggior rischio di sviluppare una forma progressiva, integrando esami di laboratorio e strumentali. Al Gemelli, presso l’ambulatorio steatosi del CEMAD (UOC di Medicina Interna e Gastroenterologia della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, diretta dal professor Antonio Gasbarrini, preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore),  daremo la possibilità a tutti i pazienti che ci saranno segnalati dai medici di famiglia e da specialisti del territorio di accedere gratuitamente a una valutazione non invasiva del danno epatico attraverso il Fibroscan (è una sorta di ecografo che consente di quantificare con accuratezza il quantitativo di grasso e di fibrosi all’interno del fegato, per capire se il paziente è a rischio o meno di andare incontro a cirrosi). Oltre all’attività clinica mirata all’identificazione precoce dei pazienti a rischio, con il team del dottor Andrea Damiani, responsabile AI R&D di Gemelli Generator, andremo a integrare i dati del paziente (esami di laboratorio, Fibroscan, biomarcatori, dati di stile di vita raccolti attraverso un’apposita ‘app’) con l’intelligenza artificiale”. Il progetto GRIPonMASH, che avrà una durata di 4 anni, è coordinato dall’Università di Utrecht e da Julius Clinical, uno spin-out dell’università olandese e da Echosens. È sostenuto da un finanziamento di 26 milioni di euro, elargito da Innovative Health Initiative Joint Undertaking (IHI JU), una partnership pubblico-privata che supporta ricerche nel campo della salute e dell’innovazione, della quale fanno parte l’Unione Europea e una serie di aziende del settore scienze della vita (COCIR, EFPIA / Vaccines Europe, EuropaBio, MedTech Europe).

Obiettivi. L’obiettivo generale del progetto è quello di arrivare a una diagnosi quanto più precoce possibile di MASH, per migliorare la qualità di vita e la prognosi di questi pazienti. GRIPonMASH fornirà dunque nuovi strumenti per lo screening, la diagnosi, il trattamento e il follow-up a lungo termine dei pazienti con MASH ad alto rischio. Il primo obiettivo è quello di assicurare una diagnosi precoce; saranno quindi messi a punto degli strumenti per guidare i medici nelle decisioni cliniche, si cercherà di individuare e validare nuovi biomarcatori e metodiche di diagnosi non invasive, alternative alla biopsia epatica. Infine, verrà valutato lo stile di vita dei pazienti, per fornire a ciascuno dei consigli personalizzati di stile di vita (attività fisica, dieta, sonno, fumo, consumo di alcol, percezione dello stress). “La MASH – conclude il dottor Miele - comunemente legata a cattive abitudini di vita, può essere curata nelle fasi iniziali cambiando il proprio stile di vita. Agendo tempestivamente, è possibile prevenire molti danni ai pazienti”.

Maria Rita Montebelli

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