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Si chiude oggi il congresso Proteomics and Metabolomics for Personalised Medicine. Dalla scrittura dei geni al linguaggio delle proteine

10 Settembre 2021
Eventi

Si conclude oggi la tre giorni del congresso International Conference on Proteomics and Metabolomics for Personalised Medicine (Roma, 8-10 settembre 2021), vera e propria vetrina sulla medicina di precisione del futuro. Metologie di diagnosi sofisticatissime guideranno i medici (in particolare gli oncologi) a disegnare un progetto di terapia su misura del singolo paziente, scandito su quel particolare momento della sua vita. Esami del sangue affiancheranno (e in alcuni casi sostituiranno) le biopsie nella diagnosi dei tumori, in particolare nel programmi di sorveglianza attiva. In microbiologia, le indagini di proteomica nei centri più avanzati stanno soppiantando quelle tradizionali nell’individuazione dei microrganismi responsabili di varie malattie infettive e nella definizione dei loro profili di reistenza, in una manciata di ore. Leader della rivoluzione ‘proteomica’ gli Stati Uniti, con una serie di progetti dagli investimenti milionari, dal Clinical Proteomic Tumor Analysis Consortium, al progetto APOLLO del Dipartimento della Difesa. Ma anche l’Europa fa la sua parte.

La medicina personalizzata è ormai una realtà in molti campi, primo tra tutti quello dell’oncologia. E mentre se ne cominciano a vedere le prime applicazioni in clinica, gli scienziati di tutto il mondo continuano, giorno dopo giorno, a costruire il futuro. E il prossimo orizzonte è rappresentato dalla proteogenomica e dall’integrazione di tutte le scienze ‘omiche’ con gli strumenti diagnostico-terapeutici tradizionali.

Di questo si è parlato alla conferenza internazionale su Proteomics and Metabolomics for Personalised Medicine, organizzata dalla Italian Proteomics Association (ItPA) e tenutasi a Roma, presso l’Auditorium dell’Università Cattolica (8-10 settembre 2021).

“Realizzare una mappatura delle varianti (‘mutazioni’) presenti nel DNA di una persona – spiega il professor Andrea Urbani, Direttore Area Diagnostica di Laboratorio della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS, Ordinario di Biochimica clinica e biologia molecolare clinica, Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e Presidente del congresso – è un avanzamento importante, ma è solo un primo passo. Una volta individuate queste informazioni ‘alterate’, dobbiamo chiederci se abbiano un correlato funzionale o meno. E uno dei temi centrali è la lettura in chiave funzionale dell’informazione strutturale (quella scritta nel DNA) che si effettua ‘leggendo’ le proteine, cioè attraverso le analisi di proteogenomica. In campo oncologico la proteomica sarà di enorme aiuto in tante applicazioni. Permetterà ad esempio di individuare nuovi marcatori ‘fenotipici’ che consentiranno di realizzare la cosiddetta ‘sorveglianza attiva’ nel caso di lesioni sospette, per le quali non è pensabile ricorrere ad una biopsia ogni pochi mesi. Attraverso l’utilizzo di tecnologie derivanti dagli studi di proteomica, il professor Stephen R. Pennington dell’Università di Dublino e Presidente della Società Mondiale di Proteomica, ha messo a punto un esame del sangue che consente di fare la sorveglianza attiva del tumore della prostata; uno spin-off dell’Università di Dublino, finanziato dalla Comunità Europea, sta già sviluppando il programma commerciale. Negli Usa, il professor Leroy Hood, dell’Istituto di System Biology di Seattle ha sviluppato con un concept analogo, un esame per lo studio in sorveglianza attiva del nodulo polmonare isolato. Oggi la proteomica viene utilizzata quotidianamente anche nelle indagini di laboratorio microbiologiche (consente ad esempio di individuare i batteri responsabili di varie malattie infettive, indicandone anche l’eventuale resistenza antibiotica, in tempi molto più rapidi rispetto alle indagini tradizionali). La prossima evoluzione di questo campo sarà la metaproteomica, cioè non più la proteomica del singolo organismo, ma la proteomica del complesso ecosistema di decine di migliaia di microrganismi che colonizzano l’uomo e rappresentano un organismo simbiotico, che si comporta come un vero e proprio organo a sè”.

“I geni –  spiega la professoressa Paola Roncada, presidente dell’Italian Proteomics Association – sono le lettere dell’alfabeto, mentre le proteine rappresentano le parole o meglio il ‘linguaggio’, perché le proteine comunicano tra loro, cioè interagiscono, dialogano. E questa interazione può essere fisiologica, ma anche essere disturbata da influenze esterne (ambiente, alimentazione, farmaci, inquinanti), che interrompono questo dialogo di salute, generando malattia. La conoscenza dell’insieme delle proteine, del ‘linguaggio parlato’ dei geni all’interno di un determinato contesto, come in quello tumorale, può aiutarci a comprendere il perché di tanti fenomeni, sia nello stato di salute, che di malattia”.

“Il tema del congresso – ricorda il professor Urbani – è la medicina personalizzata. Investire sulle scienze omiche, sulla loro integrazione può restituirci una fotografia ad alta definizione del singolo individuo, che ci consentirà di curarlo meglio”.

“Una scienza ‘omica’ da sola – sottolinea la professoressa Roncada – è un quadro impressionista; per avere il dettaglio fotografico di quell’immagine dobbiamo ricorrere all’integrazione di tutte le scienze omiche”.

Tre le macro-aree intorno alle quali è stato strutturato il convegno. La prima è quella dedicata alla medicina personalizzata, con un focus in campo oncologico. “Un tema a noi molto caro – ha sottolineato il professor Andrea Urbani – poiché siamo un IRCCS vocato alla medicina personalizzata e alle innovazioni tecnologiche”.  La seconda parte del programma è dedicata all’interazione tra uomo e ambiente, compresi i microrganismi (sia all’interno di sistemi complessi come il microbiota, che come interazione di un unico agente infettivo con i nostri organi, come nel caso del SARS CoV-2 con il sistema nervoso centrale). “Questo tema – commenta il professor Urbani – non viene più declinato come mera ‘chimica’ delle proteine, ma come un vero e proprio paradigma di biologia dei sistemi complessi.” L’ultimo giorno infine è dedicato alle analisi single cell (a singola cellula) che rappresentano il futuro, la frontiera tecnologica che consentirà di comprendere meglio alcuni fenomeni biologici. “All’interno di un tumore – spiega il professor Urbani – non tutte le cellule hanno lo stesso genoma; è la cosiddetta ‘mosaicità’ del genoma, che nelle neoplasie è particolarmente alta, visto che i tumori perdono il controllo dei sistemi di replicazione e tendono ad accumulare molte mutazioni. Disgregando la massa tumorale e analizzando le singole cellule presenti al suo interno, si individuano tante differenti popolazioni (cloni). È una caratteristica cruciale perché quando si somministra un determinato trattamento, da questa eterogeneità biologica si possono selezionare dei cloni in grado di ‘sfuggire’ al trattamento; è il fenomeno alla base della ‘resistenza’ tumorale e quindi delle recidive e delle metastasi. Poter analizzare la complessità di un sistema biologico nelle sue unità ultime, cioè a livello delle singole cellule, è dunque fondamentale. È un campo di ricerca ancora sperimentale, quella più spinto dal punto di vista tecnologico. Oggi esistono studi di single cell genomica, trascrittomica e proteomica che rappresentano la frontiera attuale della nostra capacità di comprendere dei fenomeni biologici complessi, dove le singole cellule possono svolgere ruoli differenti, avendo una modulazione sia indotta dal programma genetico, che dalla riprogrammazione fenotipica. Le industrie farmaceutiche stanno investendo molto in questo campo e lo sviluppo di molti farmaci potrebbe beneficiare dalle evidenze che si stanno raccogliendo in questo campo, con queste nuove tecnologie”.

Le letture magistrali introduttive

“La medicina personalizzata – ha ricordato il professor Giovanni Scambia, Direttore UOC di Ginecologia Oncologica della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e Direttore Scientifico dell’IRCCS, nella sua lettura introduttiva – è in gran parte la conseguenza dell’evoluzione digitale, cioè della possibilità di ottenere un gran numero di dati, interconnetterli tra loro trasformandoli in preziose informazioni per guidare le scelte terapeutiche e ispirare progetti di ricerca. Ogni paziente è unico e complesso e il suo stato di salute o di malattia non dipende solo dalle ‘omiche’, ma anche dalle sue interazioni psico-sociali, ambientali e da molti altri aspetti, che devono essere tutti integrati nella sua valutazione. Nel prossimo futuro la cura sarà ‘one patient, one therapy, one moment’. E se oggi il progetto di cura è costruito sulle ‘omiche’, su modelli innovativi pre-clinici e su algoritmi di intelligenza artificiale, il futuro sarà dominato dalle analisi integrative di tutti questi elementi. Nel caso del tumore dell’ovaio, che rappresenta il cuoredella nostra attività(837 i casi trattati presso la Fondazione Policlinico Gemelli nel 2020), la storia del suo trattamento è cambiata radicalmente con la scoperta dei geni BRCA 1 e 2 e con l’introduzione in pratica clinica a fine 2014 dei PARP-inibitori. Ma non è tutto. Oggi lo status BRCA (mutato o wild type) impronta anche la scelta della migliore sequenza (prima chirurgia, poi chemioterapia o viceversa) nella terapia frontline. E il futuro del trattamento del cancro dell’ovaio si avvarrà di strumenti di ricerca innovativi quali gli organoidi, la radiomica e, più in là, dei cosiddetti ‘digital twins’, veri e propri avatar digitali del paziente sui quali testare terapie o da usare come gruppo di controllo ‘sintetico’ nei trial clinici disegnati dall’intelligenza artificiale.”

Una delle grandi speranze future nel campo della medicina di precisione in oncologia è la proteogenomica, scienza che integra l’informazione codificata nel nostro genoma con gli ‘oggetti’ che svolgono le funzioni nel nostro organismo, ovvero le proteine. Un settore questo attenzionato anche dall’attuale presidente degli Stati Uniti Joe Biden, fin dal 2016, quando come vicepresidente degli Usa fu invitato dalla Human Proteome Organization (la società internazionale alla quale siamo affiliati), a tenere una relazione a Dublino, per tenere una conferenza sul programma Moonshot”. Da queste premesse è nato un programma del National Cancer Institute (NCI), parte dei National Institutes of Health, coordinato dal professor Henry Rodriguez che ha tenuto una delle relazioni plenarie introduttive del congresso. “The Cancer Genome Atlas (TCGA) – ha ricordato Rodriguez – ha già analizzato campioni biologici provenienti da oltre 20 mila individui con 33 tipi di tumori diversi; in questo modo è stato possibile individuare numerose mutazioni ‘actionable’ (cioè per le quali è possibile fare qualcosa) che hanno portato a mettere a punto diverse terapie a bersaglio molecolare (le prime ad arrivare sul mercato sono state il trastuzumab per il tumore della mammella e l’imatinib per alcune forme di leucemia). Negli ultimi 20 anni molti pazienti hanno beneficiato di queste e di altre terapie a target; purtroppo però molti non rispondono o mostrano solo una risposta passeggera. Ciò significa che in questa storia deve esserci un pezzo mancante”. È qui che subentra l’idea di integrare i risultati degli studi di genomica (TCGA) con quelli di proteomica (molto attivo al riguardo è il Clinical Proteomic Tumor Analysis Consortium – CPTAC) nella nuova branca della proteogenomica, con la speranza che questo possa aiutare a trovare le tessere mancanti del puzzle e offrire così ai pazienti terapie sempre più personalizzate, cioè non solo efficaci contro il loro tumore, ma anche con limitati effetti indesiderati. Il campo, oltre ad attirare l’interesse delle grandi company farmaceutiche impegnate sul fronte delle terapie oncologiche, ha visto scendere in campo anche la Sanità Militare statunitense, con il progetto APOLLO (Applied Proteogenomics OrganizationaL Learning and Outcomes), un network tra NCI, Dipartimento della Difesa e Dipartimento dei Veterans Affairs che ha lo scopo di portare la proteogenomica al letto del paziente. Sempre di recente è stato costituito anche l’International Cancer Proteogenome Consortium, un’organizzazione scientifica che vede la collaborazione dei principali centri di ricerca mondiali sulla proteogenomica. La strada del futuro dell’oncologia di precisione passa da qui e i frutti non tarderanno ad arrivare.

Maria Rita Montebelli

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