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Come riconoscere la pericolosità dei noduli tiroidei: la nuova la classificazione citologica delle lesioni alla tiroide

13 Novembre 2015
Archivio

I noduli tiroidei così frequenti nella popolazione italiana, soprattutto quella femminile, presentano a livello cellulare differenze che correttamente individuate determinano differenti scelte terapeutiche (chirurgica o farmacologica). Per questa ragione è di estrema importanza il risultato raggiunto da anatomopatologi ed endocrinologi di tutto il mondo, gli italiani in prima fila, nella classificazione citologica e istologica dei noduli alla tiroide al fine di identificare e distinguere i tumori meno aggressivi da quelli più aggressivi. Tale nuova classificazione della pericolosità dei noduli alla ghiandola a forma di farfalla sarà al centro del 10° Corso Multidisciplinare di Patologia e Citologia Tiroidea, che si svolgerà venerdì 13 e sabato 14 novembre a Roma, presso l’Aula Brasca del Policlinico universitario A. Gemelli (http://www.patologiatiroidea.it ).

Durante il Corso sarà presentata la classificazione italiana delle lesioni tiroidee riconosciuta a livello mondiale e pubblicata nel 2014 sul Journal of Endocrinological Investigation (JEI) dai membri del Comitato italiano SIAPEC-AIT (Società Italiana di Anatomia Patologica e Citologia diagnostica - Associazione Italiana della Tiroide) con il lavoro “Italian consensus for the classification and reporting of thyroid cytology”. La classificazione, elaborata da un gruppo di dieci esperti italiani tra cui i docenti dell’Università Cattolica di Roma Guido Fadda, professore aggregato di Anatomia e Istologia patologica, e Alfredo Pontecorvi, professore ordinario di Endocrinologia, sarà illustrata sabato 14 novembre dal professor Francesco Nardi della Sapienza Università di Roma.

La discussione si avvarrà del contributo dei maggiori esperti italiani e internazionali di citologia della tiroide, tra cui il prof. Zubair Baloch dell’Università di Pennsylvania di Philadelphia, USA.

La nuova classificazione italiana è nata dallo sforzo congiunto di anatomopatologi ed endocrinologi, con il contributo di chirurghi e medici nucleari, con l’obiettivo di calibrare al meglio l’approccio terapeutico, ricorrendo all’intervento chirurgico solo in caso di lesioni con forte probabilità di malignità e trattando con terapia farmacologia e follow-up le restanti lesioni che rappresentano la stragrande maggioranza dei noduli tiroidei (circa il 90%). Questo è uno dei principali elementi di differenza fra la classificazione italiana e le altre classificazioni nazionali  dei noduli della tiroide.

“La classificazione delle lesioni tiroidee è uno strumento indispensabile per orientare la scelta tra un approccio terapeutico di tipo medico - cioè con terapia farmacologica e perciò non invasiva- oppure di tipo chirurgico con l’asportazione della lesione - spiega il coordinatore scientifico del corso Guido Fadda,   Sono solo tre le comunità scientifiche al mondo – continua Fadda - che hanno compiuto questo sforzo: quella del Regno unito, l’Italia e gli Stati Uniti. Nel 2007 avevamo presentato la classificazione italiana SIAPEC-IAP, poi pubblicata nel 2008 e inclusa nelle Linee Guida Italiane per la Gestione delle Lesioni Nodulari Tiroidee. In quella classificazione si prevedevano 5 categorie diagnostiche, ognuna delle quali caratterizzata da una differente e appropriata terapia. Da allora – conclude Fadda - sulla base di un accurato monitoraggio delle esperienze degli altri paesi e della letteratura, un comitato ad hoc composto da 5 citopatologi della SIAPEC e da 5 endocrinologi, appartenenti alla Società Italiana di Endocrinologia e l’Associazione Medici Endocrinologi, ha curato  l’aggiornamento della classificazione. Il lavoro è stato pubblicato nel Maggio 2014 sulla rivista internazionale Journal of Endocrinological Investigation (JEI). La multidisciplinarietà di questo sforzo, a garanzia del migliore approccio terapeutico, è l’elemento che distingue la classificazione italiana da quelle statunitense e britannica”.

Due gli importanti elementi di novità dell’aggiornamento della classificazione italiana:

-              il primo è l’inserimento di un “rischio di malignità atteso” per ciascuna categoria diagnostica, in parziale analogia con la classificazione americana del 2008 denominata the Bethesda System (TBS) la quale, pur costruita su 6 classi di rischio di malignità invece che 5 come in quella italiana precedente, presenta molte analogie con quest’ultima per terminologia e suggerimenti operativi;

-              il secondo, che rende la classificazione italiana assimilabile sia a quella americana che  a quella britannica (aggiornata nel  2010 dal Royal College of Pathologists) è la suddivisione della categoria TIR 3 (indeterminato) in due sottocategorie (TIR 3A e TIR 3B) che presentano un rischio di malignità diverso e progressivo e che richiedono un trattamento diverso, clinico o chirurgico, per ciascuna di esse.

Venerdì 13 novembre si discuterà di diagnosi istologica e terapia dei tumori tiroidei. Nella lectio magistralis della Prof.ssa Virginia A. LiVolsi dell’Università di Philadelphia (ore 15.00) saranno  presentati i “Parametri istologici di rilevanza clinica nel carcinoma differenziato della tiroide”, fulcro di una sessione focalizzata sul ruolo delle metodiche molecolari nella diagnosi e nella valutazione dell’andamento clinico dei carcinomi tiroidei.

Un altro tema molto interessante che verrà sviluppato nel corso della sessione riguarderà le caratteristiche molecolari dei carcinomi differenziati della tiroide con l’intervento del Prof. Yuri Nikiforov dell’Università di Pittsburgh: “Tumori differenziati non invasivi: una diagnosi molecolare?”. Entrambe le relazioni faranno riferimento alla nuova definizione della variante “non invasiva” dei tumori tiroidei denominata “NIFT” – non invasive follicular tumor with papillary-like structures”,  destinata a sostituire alcune forme di carcinoma papillare variante follicolare non invasivo che fino ad oggi, venivano trattate con asportazione totale della  tiroide e terapia radiante con iodio radioattivo anche se non mostravano potenzialità invasive o metastatiche.

Lesioni tiroidee. La classificazione italiana 2014

Per aumentare l’efficacia della diagnosi citologica su agoaspirato dei noduli della tiroide è stata elaborata da un gruppo di 10 esperti italiani, 5 anatomo-patologi (Francesco Nardi e Guido Fadda di Roma, Anna Crescenzi di Albano Laziale, Fulvio Basolo di Pisa e Lucio Palombini di Napoli) e 5 endocrinologi (Andrea Frasoldati di Reggio Emilia, Fabio Orlandi di Torino, Enrico Papini di Albano Laziale, Alfredo Pontecorvi di Roma e Paolo Vitti di Pisa) sotto l’egida delle Società Scientifiche di Anatomia Patologica (SIAPEC-IAP), e di endocrinologia (AIT) la nuova classificazione delle diagnosi citologiche dei noduli tiroidei. Questa prevede, come nella precedente, 5 categorie individuate secondo il rischio di insorgenza di una neoplasia maligna. La categoria TIR 1 individua le lesioni non diagnostiche, cioè quelle nelle quali l’agoaspirato non ha ottenuto una cellularità sufficiente per fare una diagnosi corretta: la strategia è quella di ripetere l’agoaspirato a breve distanza di tempo fino ad ottenere una quantità adeguata di cellule per classificare correttamente il nodulo. La nuova classificazione prevede, nell’ambito di questa categoria, la sottoclasse TIR 1C, che identifica le lesioni completamente cistiche, cioè non diagnostiche non per inadeguatezza del prelievo, ma per le caratteristiche proprie del nodulo. Questa categoria prevede la ripetizione dell’esame solo in  particolari contesti clinici e in genere, rispetto alla categoria TIR 1, ha un rischio di malignità molto basso (inferiore al 5%). La categoria TIR 2 individua le lesioni non neoplastiche, in particolare i noduli iperplastici (gozzo tiroideo) e le infiammazioni della tiroide (tiroiditi). Queste lesioni possono necessitare di una terapia farmacologica (generalmente L-Tiroxina) ma comunque nella maggioranza dei casi questi pazienti devono solo essere seguiti nel tempo in quanto il rischio di malignità è inferiore al 3%. La categoria TIR 3 è una categoria indeterminata, per la quale i criteri citologici non sono sufficienti, da soli, a stabilire se la lesione è benigna o maligna. Nella maggioranza delle casistiche tra il 10 e il 30% di questi casi risultano maligni all’istologia, tuttavia, in assenza di validi criteri per discriminare le lesioni, queste vengono asportate chirurgicamente. La classificazione italiana 2014 suddivide questa categoria in 2 sottocategorie, TIR 3A, con un rischio di malignità atteso del 5-10%, e la categoria TIR 3B con un rischio del 15-30%. Sulla base di questa suddivisione la chirurgia diventa il trattamento di scelta solo per la categoria TIR 3B mentre per la categoria a rischio minore il Comitato consiglia il follow-up clinico e l’eventuale riptezione dell’esame dopo 6 mesi dal primo. La chirurgia rimane invece il trattamento di scelta per la categoria TIR 4 (sospetto per carcinoma papillare) in quanto la probabilità di malignità nelle diverse casistiche è compresa tra 60 e 80% dei casi. La categoria TIR 5 raggruppa tutte le lesioni maligne. Per questa categoria, abbastanza disomogenea, non esiste una terapia unica ma, nella maggioranza dei casi, rappresentati dai carcinomi differenziati derivati dalle cellule follicolari tiroidee (oltre 95% di tutte le neoplasie tiroidee), la terapia è la tiroidectomia totale con asportazione dei linfonodi peritiroidei per stadiare la neoplasia.

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