Si parla a Radio Vaticana di Covid-19. Cautela sì, allarmismi no – Linfedema, come contrastarlo –
Si parla su Radio Vaticana Italia, Effetti Collaterali, la rubrica settimanale realizzata in collaborazione con i medici della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, in onda tutti i giovedì alle ore 12.35 (e in replica lo stesso giorno alle ore 19.12 e la domenica alle ore 15.00), condotta dalla giornalista, Eliana Astorri.
L’invito è quello di affrontare con pacatezza questa emergenza. “Credo che sia importante che, se uno vuole uscire da questa situazione di oggettiva emergenza e preoccupazione per il grande pubblico, per tutti noi direi, si debba mantenere i nervi saldi – commenta il professor Roberto Cauda, ordinario di Malattie Infetti dell’Università Cattolica e Direttore Area Clinica Microbiologia e Malattie Infettive Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS. “I giorni scorsi abbiamo assistito ad un proliferare di notizie e, soprattutto, ad una serie di numeri che venivano e che vengono aggiornati di ora in ora. Tutto questo ha creato, com’è giusto che sia, una legittima preoccupazione nelle persone. Però, io credo che i numeri vadano letti con attenzione, nel senso che tutti questi casi dei cosiddetti ‘contagiati’ non sono pazienti ammalati proprio perché questa malattia nell’80% dei casi decorre in forma lieve e solo in una piccola percentuale decorre in forma grave, in una piccolissima percentuale in forma gravissima con una mortalità, e al di fuori della Cina è stimata allo 0,8% secondo le casistiche. Il che non vuol dire, ovviamente, che non si possa considerare con grande attenzione il problema della letalità di questi pazienti, ma, a fronte di questi numeri, come dicevo, e considerando anche al netto di tanti casi asintomatici, quel numero di soggetti hanno il virus nel loro tampone nasale. Cosa vuole dire avere il virus? Vuol dire – prosegue il professor Cauda – che, grazie ad un test sofisticatissimo di biologia molecolare, si riesce a vedere anche singole copie del RNA virale. Avere un test positivo è qualitativo, cioè positivo/negativo, ma non ci può dire il test se c’è tanto virus, se il soggetto sarà molto contagioso, se svilupperà facilmente la malattia o se c’è poco virus e il soggetto è o non contagioso o molto poco contagioso e magari non svilupperà mai la malattia. I ricoverati sono una quota parte non significativa rispetto al numero globale dei cosiddetti contagiati. Quindi, la maggioranza rimane a casa sua in quarantena”.
“Il linfedema – spiega la professoressa Marzia Salgarello, responsabile del Centro per il trattamento chirurgico del linfedema e direttore dell’Unità Operativa Complessa di chirurgia plastica e ricostruttiva della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS - è una malattia cronica progressiva dovuta il più delle volte all’asportazione dei linfonodi e, quindi, la linfa non riesce a progredire perché si trova davanti una diga. La diga è rappresentata dalla cicatrice dell’intervento per l’asportazione dei linfonodi e dall’assenza dei linfonodi stessi. E’ soprattutto dovuta alle malattie oncologiche la linfoadenectomia (tumori al seno, tumori ginecologici, tumore della prostata e della vescica gravi) e c’è anche un linfedema primario che non è dovuto alla chirurgia, ma è un linfedema primitivo di natura malformativa, anche esso abbastanza frequente, purtroppo”. Fisioterapia, movimento dell’arto e indumento elastico hanno un ruolo importante per contrastare questa patologia, ma quando questo non basta si interviene chirurgicamente. “La novità da qualche anno – prosegue la professoressa Salgarello – è che i fisioterapisti si collegano con i chirurghi plastici e ricostruttivi. Attraverso dei mini by-pass molto superficiali (perché i collettori linfatici sono soprattutto superficiali), ecco, riusciamo con la microchirurgia a collegare i piccoli linfatici alle piccole vene e, quindi, a bypassare l’ostruzione”.