Oggi è il World Arthritis Day. Le malattie reumatiche ai tempi del COVID-19
La raccomandazione degli specialisti ai malati: “Non interrompete le terapie!”
Tempo di bilanci ma anche di nuove iniziative da mettere rapidamente in campo per la salute delle persone affette da una malattia reumatologica. È questo il clima che si respira in occasione della Giornata mondiale delle Malattie reumatiche che si celebra oggi e che, mai come quest’anno, vuole essere un momento di awareness o presa di coscienza. Se, infatti, già in tempi normali c’è bisogno di fare informazione intorno alle malattie reumatologiche, che sono tra le più ‘fraintese’ e misconosciute di tutte le patologie pur interessando circa 5 milioni di italiani, mai come quest’anno, nel pieno della pandemia da COVID-19, i dubbi e le domande abbondano. Devo continuare a prendere la mia terapia immunosoppressiva? Cosa succede se la sospendo? Sono più a rischio di infezione da nuovo Coronavirus?
“Queste le domande che in tutti questi mesi sono giunte all’équipe di Reumatologia del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS” – ricordano il Dottor Stefano Alivernini, ricercatore di Reumatologia presso l’Università Cattolica, campus di Roma, e la Professoressa Elisa Gremese, associato di Reumatologia presso l’Università Cattolica, campus di Roma, che parlano a nome di tutti i medici dell’equipe che sono stati in prima linea durante gli scorsi mesi -. Nel periodo peggiore della pandemia la presa in carico dei pazienti ha subito cambiamenti notevoli e, come in altri ambiti, i contatti e le visite de visu hanno lasciato il posto a quelle virtuali”. I pazienti affetti da malattie reumatiche avevano già la possibilità di contattare l’équipe per email, ma durante il lockdown è stata attivata anche una linea telefonica dedicata (dal lunedì al venerdì per 12 ore al giorno). In molti casi è stato possibile sottoporli a un controllo da remoto; nei casi più gravi, nelle vere emergenze, in caso di effetti collaterali o di peggioramento della malattia, hanno avuto la possibilità di venire in ospedale on demand, sulla base di un filtro telefonico molto stretto. Anche i piani terapeutici sono stati spostati in un sistema virtuale, quindi il paziente in terapia con farmaci biologici poteva recarsi direttamente nella farmacia ospedaliera per approvvigionarsi del farmaco, senza dover passare dai medici. Alcune aziende farmaceutiche hanno inoltre attivato un sistema di consegna del farmaco a casa. Il fatto di avere il contatto diretto col paziente non li ha fatti sentire soli e non ha generato falsi miti o paure ingiustificate. Il telefono è stato un modo semplice ma efficace per continuare a stare al fianco dei pazienti in questi mesi di smarrimento e di visite rimandate ‘causa COVID-19’.
Farmaci immunosoppressori: non vanno mai sospesi da soli
“I pazienti in terapia con immunosoppressori o con farmaci che potevano modificare la risposta del loro sistema immunitario, temevano soprattutto di essere più a rischio di contagio. E alcuni hanno sospeso il biologico”. Ma i farmaci non vanno assolutamente sospesi e le eventuali modifiche terapeutiche devono essere concordate col medico curante. Sia la SIR (Società Italiana di Reumatologia) che l’EULAR (European League Against Rheumatism), ricorda la Professoressa Maria Antonietta D’Agostino, ordinario di Reumatologia all’Università Cattolica, campus di Roma, da pochi mesi alla guida dell’équipe di Reumatologia del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS, hanno diramato di recente un comunicato che ribadisce dei punti fondamentali: i farmaci non vanno sospesi perché è più pericoloso avere una ripresa della malattia, piuttosto che contrarre il COVID-19 (i pazienti reumatologici in terapia che contraggono il virus non hanno comunque un decorso più grave rispetto alla popolazione generale); in caso di ripresa della malattia o comparsa di nuovi sintomi è importante che i pazienti contattino subito i centri di riferimento. In questi mesi è stato attivato un registro italiano ed europeo che raccoglie tutte le segnalazioni di persone con malattia reumatologica che abbiano contratto COVID-19. Questo servirà a creare un database per dare delle risposte in caso di seconda ondata della pandemia. In ogni caso, dai numerosi articoli pubblicati nelle migliori riviste della disciplina si evince che le persone con malattie reumatologiche, non sono a maggior rischio di contrarre il COVID-19 e, in caso di infezione, non hanno un decorso peggiore di qualunque altra persona.
Migliaia di nuove diagnosi ‘perse’ in questi mesi
Resta comunque una nota dolente, ben messa in luce dalla recente ricerca commissionata da APMARR (Associazione Nazionale Pazienti con Malattie Reumatologiche e Rare) a “WeResearch”: in Italia c’è stata una riduzione del 40% delle nuove diagnosi di malattie reumatiche nei primi sei mesi dell’anno, con picchi del 70% al Centro-Sud.
Un problema non da poco perché il riferimento tempestivo allo specialista reumatologo, in caso di sospetto di una malattia reumatologica, è un fattore determinate per il miglior esito della terapia, e in fine della malattia, prima che si verifichino dei danni, non più cancellabili. Le malattie reumatologiche sono tradizionalmente considerate malattie degli anziani, vengono cioè confuse con i ‘reumatismi’. Ma questa è una fake news da sfatare assolutamente. A parte l’artrite reumatoide, che interessa almeno 400 mila italiani, patologie come le spondiloartriti, l’artrite psoriasica, il lupus, le vasculiti, e tutte le connettiviti che impattano in maniera globale il tessuto connettivo dell’organismo, esordiscono intorno ai 30-40 anni (o anche prima). Queste ultime inoltre colpiscono soprattutto le donne, spesso in età fertile.
Ma allora quando bisogna sospettare la presenza di una di queste malattie?
Per tutte queste patologie sono stati identificati dei campanelli d’allarme (red flags, bandierine rosse), validati sia dalla SIR che dall’EULAR. Queste bandierine rosse sono in pratica dei sintomi correlati all’infiammazione, che è la manifestazione alla base di queste malattie. Tra i sintomi principali, un’attenzione particolare deve essere portata al dolore articolare che sveglia la notte oppure che peggiora con il riposo, la persistenza dei sintomi per oltre 6 settimane (che indica una malattia cronica, e non disturbo destinato alla risoluzione spontanea). Da non tralasciare il fenomeno di Raynaud (la punta delle mani e dei piedi che cambiano colore con il freddo), che è comune in caso di sclerodermia o sindrome da anticorpi anti- fosfolipidi, e il mal di schiena tipico delle spondiloartriti, che appare nelle persone giovani (sotto i 45 anni) e che peggiora durante il riposo notturno e migliora col movimento. In presenza di questi sintomi è fortemente consigliata una visita dal reumatologo”.
La Giornata mondiale delle patologie reumatiche è un momento importante per aiutare a capire che queste patologie, cosi varie e cosi sconosciute, siano in realtà frequenti e potenzialmente pericolose, e che una diagnosi precoce può modificare il loro decorso e permettere di proseguire una vita normale soprattutto quando il loro esordio si manifesta nel pieno dell’età attiva.
Maria Rita Montebelli