Nella settimana nazionale della sclerosi multipla promossa da AISM l’esperienza del Centro della Fondazione Gemelli dedicato alla cura della patologia
Oltre 110.000 sono i pazienti in Italia con Sclerosi Multipla che è ai primi posti tra le malattie neurologiche croniche per costi sanitari e sociali.
Le cause sono ancora sconosciute, è considerata una malattia multifattoriale dove concorrono sia fattori genetici che ambientali, nessuno dei quali è però singolarmente determinante per l’insorgere della malattia. Data la sua complessità, oltre al trattamento di base e delle sue fasi acute, è fondamentale un approccio multidisciplinare presso centri specialistici dedicati che possano erogare anche trattamenti sintomatici, riabilitativi ed interventi a carattere psico-sociale, per permettere alle persone con SM di mantenere la miglior qualità di vita possibile.
La SM - spiega Massimiliano Mirabella, responsabile U.O. Sclerosi Multipla della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS -Università Cattolica del Sacro Cuore - colpisce giovani adulti tra 20 e 40 anni con netta prevalenza per il sesso femminile.
Non esiste ad oggi una cura definitiva, - continua Mirabella - ma una straordinaria espansione di opzioni di terapie farmacologiche per ridurre la frequenza di ricadute e l’accumulo di nuove lesioni, che rallentano il decorso della malattia e cercano di prevenire la disabilità e auspicabilmente migliorare la prognosi a lungo termine.
Nel corso dell’ultimo anno presso il Gemelli si sono accresciute le attività cliniche, grazie alla introduzione di nuove terapie farmacologiche, che per la prima volta sono disponibili anche per le forme progressive di malattia. Grazie alla collaborazione multidisciplinare con altri specialisti del Gemelli e dell’Università si è arricchito il percorso assistenziale che offre nuove possibilità di trattamento per le persone con Sclerosi Multipla.
Terapie personalizzate, sulla base delle caratteristiche individuali del paziente e dell’attività della sua malattia, anche per il trattamento delle forme più aggressive di malattia e della SM progressiva che erano finora orfane di terapie efficaci.
Una rilevante novità terapeutica, approvata per la forma recidivante-remittente e anche per la forma primariamente progressiva attiva, è rappresentata dall’utilizzo di anticorpi monoclonali umanizzati anti-CD20 che hanno come bersaglio i linfociti B (Ocrelizumab) per ridurre significativamente l'attivita' di malattia e la progressione della disabilita.
Ad oggi sono trenta i pazienti – spiega il neurologo - che hanno iniziato al Gemelli il trattamento grazie ad alcune sperimentazioni cliniche ed a un programma di uso compassionevole.
La rivista “The Lancet”, ha pubblicato recentemente dati di efficacia incoraggianti sui risultati dello studio di fase 3 denominato EXPAND, cui il nostro Centro ha partecipato, che prevedeva l’utilizzo di Siponimod, modulatore della sfingosina-1-fosfato analogo del fingolimod, in persone con SM secondariamente progressiva Queste nuove terapie hanno dimostrato di essere una prima risposta concreta a tutte le persone con forme progressive di malattia, primarie e secondarie, che non hanno avuto fino ad oggi adeguate proposte terapeutiche.
Una nuova terapia offerta ai pazienti con SM recidivante-remittente ad elevata attività presso il Centro Sclerosi Multipla del Gemelli è rappresentata da Cladribina, farmaco immunosoppressore per via orale, somministrato con brevi periodi di trattamento della durata di 4/5 giorni in due mesi successivi, ripetuti per due anni.
La terapia appare promettente, oltre che per la grande praticità di somministrazione per il paziente, soprattutto per l’effetto induttivo a medio-lungo termine sul sistema immunitario che può migliorare il controllo dell’attività infiammatoria alla base della malattia anche per diversi anni.
Nonostante queste nuove terapie di base della malattia, i disturbi della continenza urinaria e della motilità intestinale continuano a rappresentare per frequenza e severità un importante problema gestionale con impatto sulla qualità della vita di molti pazienti
Da settembre 2017 al Policlinico Gemelli grazie alla collaborazione tra la U.O. SM e il Centro di medicina e chirurgia pelvica femminile, diretto da Giovanni Scambia, si è potuto garantire alle pazienti affette da SM con disturbi uro-ginecologici, un punto di riferimento per i disturbi urinari e intestinali attraverso spazi ambulatoriali e un percorso diagnostico-terapeutico multidisciplinare dedicati anche per il proseguimento del follow-up nel lungo termine, buon esempio nell’ambito della “medicina di genere” oltre che di gestione delle terapie sintomatiche e della qualità della vita in SM.
Attiva al Gemelli è anche la collaborazione del centro SM con l’Uoc di Ematologia , diretta da Andrea Bacigalupo per la condivisione di un protocollo di trattamento di pazienti con malattia severa, non responsiva ad altri trattamenti, con trapianto di cellule staminali emopoietiche autologhe (aHSCT) come “rescue-therapy”.
Nella maggior parte dei pazienti con SM recidivante-remittente, la malattia può essere controllata da terapie già approvate e disponibili. Ci sono, tuttavia, alcuni casi aggressivi che continuano ad avere attività clinica con progressione acuta di disabilità e di risonanza magnetica (MRI) nonostante diversi trattamenti. Pur continuando a mancare studi controllati randomizzati prospettici per documentare definitivamente l’efficacia dell’aHSCT come terapia effettuabile nelle forme gravi di SM, numerosi studi dimostrano che le forme più aggressive di SM possono beneficiare di un'intensa immunosoppressione seguita da aHSCT. L’aHSCT è però un trattamento impegnativo che presenta problemi di sicurezza (rischio di mortalità di 0.5-0.2% negli ultimi studi) legati all'intensità della procedura utilizzata, alle condizioni cliniche del paziente e alla presenza di comorbilità.
Il trapianto dunque appare un'opzione ragionevole in casi, accuratamente selezionati, di SM aggressiva che nonostante il trattamento con terapie approvate anche ad alta efficacia, sono ancora attivi clinicamente e neuroradiologicamente, e sono quindi ad alto rischio di grave disabilità in un breve periodo di tempo.
Il suo uso deve essere preso in considerazione solo prima che il paziente sia irreversibilmente compromesso, quando è chiaro che la malattia ha un decorso clinico grave. Considerata l'esperienza pluriennale di Bacigalupo nell'uso di aHSCT in pazienti SM, è evidente che non soltanto questa opportunità contribuisce a completare l'offerta terapeutica per i pazienti afferenti alla nostra U.O. SM, ma potrà individuare nel nostro IRCCS un centro Hub di riferimento per tali trattamenti avanzati per la intera rete regionale del Lazio dei centri SM.