Curare la sanità malata: la comunità del Gemelli in dialogo con i professori Antonini e Zamagni

Il nostro Servizio sanitario nazionale è in pericolo? Il principio universalistico che ha fatto del nostro sistema sanitario un modello da seguire è in crisi irreversibile?
Questi gli interrogativi alla base del volume “Pensare la sanità. Terapie per la sanità malata” (Edizioni Studium) presentato mercoledì 25 giugno nell’Aula Brasca del Policlinico Gemelli dagli autori Luca Antonini, vicepresidente della Corte costituzionale, e Stefano Zamagni, docente di Economia civile all’Università di Bologna, già presidente dell’Agenzia per il terzo settore e della Pontificia accademia delle scienze sociali, in dialogo con la comunità universitaria e ospedaliera.
A introdurre la discussione il Presidente della Fondazione Policlinico A. Gemelli IRCCS Daniele Franco. Presente il Preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica e Direttore scientifico della Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS Antonio Gasbarrini.
“Il titolo scelto, ‘Pensare la sanità’, vuole porre l’accento sul fatto che all’origine del nostro sistema sanitario c’è stato un pensiero forte – ha spiegato il Giudice costituzionale Luca Antonini -. Negli ultimi anni però questo pensiero è proprio ciò che è mancato. Ancor più che le risorse economiche sono proprio le idee su un tema cruciale come la sanità a venire meno. Secondo l’Istat lo scorso anno 4,5 milioni di italiani sono stati costretti a rinunciare alle cure, pur avendone bisogno, ma il pericolo più grande è che la sanità italiana diventi orfana di idee”.

Nel saggio gli autori sostengono l’urgenza di un cambio di paradigma per tornare a ‘pensare’ in chiave umanistica l’impianto concettuale del nostro SSN e suggeriscono una serie di ‘terapie’ prioritarie, che, se condivise, potrebbero evitare che la sanità italiana sia vittima di una tempesta perfetta.
Nel richiamare la medicina umanistica, nota anche come umanizzazione della medicina, Stefano Zamagni ha sottolineato che “nel modello attuale, che vede la malattia, più che la persona malata ci si limita troppo spesso a curare, trascurando il prendersi cura dell’altro: esiste il diritto alla cura e non all’essere presi in cura. Se decidiamo di andare nella direzione della medicina umanistica – ha detto Zamagni – bisogna intervenire con decisione nella fase della cosiddetta co-programmazione e co-progettazione. Chi opera nel terzo settore – ha concluso Zamagni – non deve accontentarsi solo della co-progettazione, ma deve chiedere e ottenere spazio nella cabina di regia della sanità, incidendo sull’organizzazione dei servizi e sull’indicazione delle priorità e degli obiettivi del sistema”.

Emiliana Stefanori










