Coronavirus, Daniela Chieffo: “Un’ora d’aria non basta ai bambini”
È “da intendersi consentito a un solo genitore, camminare con i propri figli minori in quanto tale attività può essere ricondotta alle attività motorie all’aperto, purché in prossimità della propria abitazione” (Circolare precisazioni spostamenti 31.03.2020).
A enunciarlo è la circolare del Ministero degli Interni diramata ai Prefetti al fine di delineare misure di restrizione previste per l’emergenza COVID 19.
Si può uscire dunque con un genitore e fare solo un piccolo giro intorno a casa. Ma il provvedimento ha sollevato molte perplessità, cui è seguito il chiarimento del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ieri sera nel corso della conferenza stampa in diretta Tv.
Ecco il punto di vista della dottoressa Daniela Chieffo, Psicologo e psicoterapeuta del Servizio di Psicologia Ospedaliera, Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS, docente di Psicologia generale all'Università Cattolica.
“’L’attesa serve a sublimare il desiderio, a renderlo più potente’, sosteneva Carl Gustav Jung nel Libro Rosso.
Il momento che stiamo vivendo tutti, che vede coinvolti anche i bambini, è straordinario perché sta cambiando il modo di vivere di ognuno di noi e le nostre dinamiche relazionali. Il distanziamento sociale può trasformarsi in un desiderio di vicinanza anche nei bambini, per non parlare degli adolescenti, abituati ad auto distanziarsi.
Ciò non toglie che lo stesso momento possa dimostrarsi come un’opportunità di crescita e di cambiamento, ma anche di conoscenza delle proprie risorse che credevamo non avere o perdute.
I bambini posti in una condizione di restrizione possono avere la possibilità di sviluppare il loro mondo immaginativo, la loro creatività, senza contare che in queste settimane hanno avuto la possibilità di avere i propri genitori vicini.
In questo periodo della loro vita, anche i più piccoli possono sviluppare un senso di responsabilità e di comunione e solidarietà che li renderà più forti e uniti nel futuro. I bambini che stanno vivendo questo momento, in casa e senza la possibilità di uscire, possono riscoprire in un futuro la grande opportunità di avere un mondo da conoscere e di stabilire rapporti di amicizia ancora più solidi e duraturi.
Indubbiamente, i bambini hanno bisogno di muoversi all’aperto, ma hanno anche bisogno di avere il confronto con i loro coetanei, uscire con modalità cosi restrittive potrebbe favorire l’angoscia. Al contrario, in uno spazio di intimità come la loro casa, si sentono al sicuro, ancora di più in una dimensione adeguatamente fornita di emozioni e attività.
Questo è un momento in cui i genitori devono trasmettere un senso di fiducia e di responsabilità non solo nei confronti dei propri figli, ma anche di coloro i quali in questo momento sono in difficoltà e soffrono, nei confronti di una comunità che mai come ora chiede aiuto.
Uscire per un’ora, senza avere la possibilità di incontrare un amico, e vedere negli occhi degli altri la paura del contagio, potrebbe comportare nel bambino un senso di colpa e di “costrizione” a cui non è abituato. Il bambino ha bisogno del contatto con l’altro, dell’empatia, oltre che dello spazio all’aperto.
Pur avendo una circolare che enuncia la possibilità di uscire in prossimità della propria abitazione, sarebbe più opportuno ancora per poco, organizzare attività a casa, giocando a pallone anche in piccoli spazi, ballare, cantare, giocare, vedere insieme delle fotografie, raccontare la storia della loro famiglia, collegarsi quanto più possibile con gli amichetti, fare di un piccolo spazio “un mondo” dando la possibilità di sentirsi al sicuro e di immaginare e gioire per tutto ciò che potranno costruire e vedere.
Per i genitori che probabilmente si sono sentiti traditi dalla scadenza del 3 aprile, questo sarà un momento che li avrà visti più impauriti e in difficoltà, ma che al tempo stesso li avrà fortificati e uniti”.
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