Le conseguenze della pandemia sulla psiche: dai fattori di rischio a quelli di resilienza
Che impatto ha avuto la pandemia di COVID sui pazienti psichiatrici? Se nella prima fase a predominare sono stati i sintomi depressivi, in questa fase sono l’ansia e l’angoscia a farla da padroni. La risposta è contenuta in uno studio appena presentato al congresso “La Psicoterapia al Tempo della Pandemia: la Salute Mentale nel Cuore della Salute Pubblica” dal professor Luigi Janiri, professore associato di psichiatria Università Cattolica, campus di Roma, responsabile della UOS Psichiatria, Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e presidente della Federazione Italiana Associazioni di Psicoterapia, che ha valutato come sono andati evolvendo una serie di sintomi della sfera psichiatrica dalla prima, alla seconda fase della pandemia. “Questo studio longitudinale, osservazionale – spiega il professor Janiri - è stato condotto su 245 pazienti (affetti prevalentemente, come prima diagnosi, da depressione maggiore, disturbo bipolare, disturbo d’ansia generalizzata, alcolismo, disturbi psico-somatici e disturbo ossessivo-compulsivo) che hanno verbalizzato spontaneamente un peggioramento della loro condizione psichiatrica a seguito dei problemi inerenti al lockdown, alla paura del contagio, ecc”.
Il COVID ha avuto effetti psichiatrici diretti (es. le fobie da contagio) e indiretti (quelli legati al lockdown e all’isolamento).
“Confrontando tre trimestri di osservazione (marzo-maggio 2020, giugno-settembre 2020, ottobre-dicembre 2020), abbiamo evidenziato un trend molto diverso nei sintomi per quanto riguarda la depressione e l’ansia; nella prima fase, c’è stato un importante rilievo di depressione, che poi si è ridotta nella terza fase (dal 12,5% al 5,9%). Al contrario, ansia e angoscia sono aumentate nella terza fase (passando dall’8,3% del primo trimestre, all’11,8%). Gli aspetti fobici (paura del contagio, fobia sociale, ecc) sono invece rimasti abbastanza stabili nelle tre fasi, compresa la seconda fase che ha visto una ‘remissione’ dei sintomi. Sono rimasti stabili tra la prima e la terza fase anche il discontrollo degli impulsi e i problemi lavorativi e relazionali”.
La prima ondata ha prodotto dunque più depressione, seguita apparentemente da una sorta di assuefazione al problema. L’angoscia e l’ansia invece sono aumentate nel tempo come atteso. “Dopo un evento di questa portata, che si prolunga così nel tempo, tende ad aumentare il livello di ansia e angoscia, sintomi che le persone sperimentano quando sentono di non avere via d’uscita. Molto interessante è anche che gli aspetti fobici, le paure del contagio sono rimaste più o meno invariate in tutti i periodi; i pazienti psichiatrici in altre parole, dalla prima fase in poi hanno continuato a sviluppare delle fobie di contagio”.
Per quanto riguarda la popolazione generale, nella prima fase della pandemia, gli esperti del Gemelli avevano ravvisato che alcune caratteristiche della personalità sembrerebbero esporre le persone ad un maggior rischio di disagio psicologico, rispetto ad altre, mentre altre risultano protettive.
“Avere relazioni interpersonali normali e abbastanza equilibrate (cosiddetti stili di attaccamento sicuri) o di tipo evitante (gli ‘orsi’, persone un po’ chiuse da un punto di vista relazionale) – spiega il professor Janiri -sembra avere un effetto protettivo dalle conseguenze della pandemia sulla psiche. Ecco perché, le persone un po’ asociali, nel periodo del lockdown per certi versi sono state meglio. Al contrario, avere alcuni tipi di temperamento di tipo depressivo, ansioso o anche ciclotimico, cioè avere già un umore predisposto ad essere sregolato, espone ad un maggior rischio. A maggior rischio anche gli insicuri, gli ansiosi rispetto all’approvazione dell’altro, quelli che sono un po’ ‘appesi’ agli altri dal punto di vista relazionale”.
“La situazione pandemica infettiva a breve, speriamo, si risolverà. Tuttavia –afferma il professor Gabriele Sani, associato di psichiatria all’Università Cattolica del Sacro Cuore, campus di Roma e direttore dell’UOC di Psichiatria Clinica e d’Urgenza della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS - gli esiti sulla salute mentale della popolazione saranno lunghi e, in parte, ancora da riconoscere. Per tale ragione, dobbiamo essere pronti a riorganizzare i nostri servizi per accogliere la domanda e fornire assistenza adeguata alla popolazione. Tra le varie iniziative, di concerto con il Servizio di Psicologia Clinica diretto dalla dott.ssa Daniela Chieffo, abbiamo recentemente istituito un ambulatorio di Psicotraumatologia coordinato dal dott. Giovanni Camardese, nel quale prendiamo in carico i pazienti che soffrono di patologia psichica a seguito dei traumi prodotti dalla pandemia Covid-19”.
Maria Rita Montebelli