Al Gemelli un Percorso clinico assistenziale per accompagnare al trapianto di rene
Il trapianto di rene, meglio se da donatore vivente, è la miglior terapia per i pazienti con insufficienza renale terminale. E a dimostrarlo sono le statistiche di sopravvivenza. A 10 anni dall’inizio del trattamento dialitico è ancora in vita il 20-30% dei pazienti, mentre a 10 anni da un trapianto di rene a sopravvivere è l’80% dei trattati. Il trapianto di rene da vivente è dunque la soluzione migliore che i nefrologi dovrebbero prospettare e offrire a tutti i loro pazienti; ma per implementare questa strategia è necessario un grande sforzo organizzativo e di programmazione che consenta di incardinare una serie di regole in un percorso agile e ben strutturato. Come quello presentato nel corso del webinar “Il percorso del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS dedicato alla persona candidata al trapianto di rene”.
“Ogni anno – ha ricordato il professor Antonio G. De Belvis, Direttore UOC Percorsi e Valutazione Outcome Clinici della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS – vengono effettuati presso il nostro policlinico 380 trapianti tra rene, fegato, cornea e midollo. Implementare i Percorsi Clinico-Assistenziali significa creare valore per il paziente. Il percorso trapianto di rene implementa la procedura ‘fast track’ per l’inserimento in lista d’attesa sia del paziente candidabile a trapianto da donatore vivente, che del potenziale donatore di rene vivente. Scopo di questa modalità gestionale è facilitare l’intero percorso ospedaliero dal momento dell’accesso allo Sportello Gemelli Trapianti di Rene (contattabile al numero 06-3015-3341 o via email: malattiarenale.trapiantorene@policlinicogemelli.it), fino alla valutazione multidisciplinare col Chirurgo trapiantologo e con il Nefrologo”.
Il moderatore della Tavola Rotonda del Webinar, professor Antonio Gasbarrini, Direttore del Dipartimento Scienze Mediche e Chirurgiche della Fondazione, ha sottolineato lo sforzo multidisciplinare dei professionisti perché oggi il trapianto da donatore vivente consente di offrire una miglior qualità di vita e una maggiore aspettativa di vita al paziente, permettendo anche notevoli risparmi per il Sistema sanitario. Questi iaspetti che sono stati poi approfonditi dai Coordinatori del Percorso, i professori Franco Citterio, Direttore della UOC Trapianti di rene e Giuseppe Grandaliano, Direttore della UOC di Nefrologia.
“Un percorso necessario questo – sottolinea il professor Citterio, presidente Fondazione Italiana Promozione Trapianti d'Organo (FIPTO) – per facilitare e accelerare l’offerta di un trapianto da vivente al paziente con insufficienza renale terminale ed evitargli la dialisi. Un quarantenne al quale venga offerto un trapianto di rene da donatore vivente ha un’attesa di vita di 40 anni, che scendo a 30 per il trapianto da donatore cadavere e a 15 con la dialisi. Ma già dopo appena 4 anni di dialisi, l’aspettativa di vita con un trapianto da vivente scende sotto i 30 anni. Inoltre, la dialisi ha un costo non indifferente: un paziente in trattamento emodialitico genera una spesa 25 volte superiore a quella della spesa sanitaria media pro capite.”
Ma molti pazienti, anche giovani, continuano a non prendere neppure in considerazione l’eventualità di sottoporsi ad un trapianto di rene. Per paura dei rischi che questa procedura comporta. Paura che diventa ancor più accentuata nei donatori. “Eppure – afferma con una battuta il professor Giuseppe Grandaliano – c’è chi sostiene che la probabilità di morte del donatore sia significativamente inferiore a quella del chirurgo che esegue il trapianto. Una buona caratterizzazione della coppia donatore-ricevente consente di escludere la presenza di patologie a rischio (renali, cardiovascolari, neoplastiche, metaboliche, infezioni croniche) nel donatore, di appurare la loro compatibilità immunologica e di esplorare gli aspetti psicologici. Per fare tutto questo, dietro la coppia donatore-ricevente si deve impegnare l’intero ospedale e solo attraverso la strutturazione di un percorso ben articolato è possibile mettere insieme tutte queste professionalità, in tempi brevi. Perché l’obiettivo deve essere quello di evitare al paziente di arrivare alla dialisi. Andrà naturalmente garantita alla coppia donatore-ricevente una sicurezza che non si esaurisce con l’atto del trapianto, ma che prosegue anche oltre”.
“Per un paziente con insufficienza renale terminale – conclude il professor Massimo Cardillo, direttore del Centro Nazionale Trapianti – non vi è terapia migliore del trapianto, ma quello da donatore vivente in Italia non è ancora ottimizzato. Il fabbisogno è di 3.000 trapianti di rene l’anno, ma riusciamo a farne solo duemila; resta dunque una lista d’attesa di 6.500 pazienti stabili, con un tempo medio di permanenza in lista d’attesa di 3,2 anni. Nel 2019 sono stati effettuati 1.797 trapianti di rene da cadavere, contro appena 340 da donatore vivente. Vanno dunque assolutamente potenziati i trapianti da donatore vivente, anche perché il trapianto da vivente consente di organizzare meglio l’intervento e la qualità dell’organo è migliore; negli ultimi 5 anni abbiamo registrato un segnale positivo, con un aumento del 12% di questo tipo di trapianti”.
Maria Rita Montebelli
Guarda il video della Fondazione Italiana Promozione Trapianti d'Organo (FIPTO)