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Sempre meno cesarei grazie all’ostetricia personalizzata

12 February 2025

Una speciale ecografia, effettuata al momento del parto, consente di indicare al medico la procedura migliore da adottare per far nascere i bimbi che si presentino con la nuca rivolta posteriormente (malposizionamento ‘in occipite posteriore’), eventualità presente nel 10% dei casi. Grazie all’ecografia trans-perineale la maggior parte di questi bambini può nascere in sicurezza con la ventosa, senza dover ricorrere al taglio cesareo. Questo tipo di ecografia è un modo per personalizzare la gestione ostetrica del parto e fare, come si dice oggi, medicina di precisione; ma per il suo corretto utilizzo e interpretazione è necessario un training adeguato, da fare anche con l’uso del simulatore, come quello utilizzato al Policlinico Gemelli. I risultati di uno studio su American Journal of Obstretics & Gynecology (AJOG), firmato dal professor Tullio Ghi, danno le istruzioni per l’uso di questa metodica di indagine alle sale parto di tutto il mondo.

Il parto, una delle esperienze più forti nella vita di una donna, può in alcune circostanze andare incontro a degli intralci. Nel tentativo del bimbo di trovare la sua strada verso l’uscita, può verificarsi un ostacolo alla sua discesa e progressione lungo il canale del parto o può capitare che il piccolo, non tollerando bene le contrazioni dell’utero materno, possa andare incontro ad una condizione di ‘sofferenza’ rilevabile sotto forma di irregolarità del battito del cuore. In questi casi, il medico può vedersi costretto ad accelerare il parto con due modalità: attraverso un parto cesareo (in particolare se il bimbo non ha ancora raggiunto la parte più bassa del bacino della madre) o (se invece il bambino è già disceso nel canale del parto) ricorrendo alla ventosa, una coppetta morbida che viene applicata sulla testa, per estrarlo esercitando una trazione verso l’esterno (cosiddetto ‘parto operativo vaginale con la ventosa’). “L’impiego della ventosa, in mani esperte e in sale parto adeguatamente attrezzate – afferma il professor Tullio Ghi, Ordinario di Ginecologia e Ostetricia all’Università Cattolica del Sacro Cuore e Direttore della UOC di Ostetricia e Patologia Ostetrica di Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS – ha un tasso di successo molto alto. Tuttavia, c’è una piccola quota di casi in cui questa modalità di intervento fallisce; il medico non riesce ad estrarre il bimbo con la ventosa e si deve ricorrere ad un taglio cesareo d’emergenza, procedura che prevede l’estrazione dall’addome del feto e può esporre ad un maggior rischio di traumatismo la madre e il bimbo stesso, già incanalato nel canale del parto”.

“Tra i fattori di rischio che contribuiscono a questa rara eventualità del fallimento del parto operativo con la ventosa – prosegue il professor Ghi –  il principale è una malposizione del bambino che, anziché avere la nuca (l’occipite) posizionato anteriormente, cioè verso la sinfisi pubica, ha l’occipite posizionato posteriormente, verso l’osso sacro della mamma. In questi casi, la probabilità di fallimento del parto operativo con la ventosa è molto più alta”. Come fare dunque per orientarsi nella scelta ‘cesareo o ventosa’, visto tra l’altro che ben il 10% dei bimbi si presenta alla nascita in ‘occipite posteriore’?

La misura che guida la scelta dell’ostetrico. “Da oltre 15 anni – spiega il professor Ghi – i centri di ostetricia di riferimento propongono l’utilizzo dell’ecografia per scegliere tra parto operativo con la ventosa e taglio cesareo, allo scopo di valutare quale sia la procedura migliorare per far nascere il bambino. L’ecografia può essere effettuata in modalità classica, cioè posizionando la sonda sulla pancia della mamma per vedere se l’occipite del bambino è posizionato anteriormente o posteriormente. Ma una modalità di ecografia più innovativa ed efficace nel caso in cui ci sia necessità di accelerare il parto è quella trans-perineale; in questo caso la sonda viene posizionata sui genitali esterni della madre e si vanno a valutare una serie di parametri, che indicano la distanza del bimbo dall’uscita. Il nostro studio ha dato una risposta chiara su come individuare i casi nei quali il parto operativo con ventosa può comportare un rischio aumentato di fallimento”. Lo studio pubblicato sulla più importante rivista mondiale di Ostetricia, l’American Journal of Obstretics & Gynecology, ha valutato un ampio gruppo di donne, nelle quali l’ecografia addominale aveva confermato la condizione di occipite posteriore. “In questo gruppo ad alto rischio di fallimento della ventosa – spiega il professor Ghi – abbiamo cercato di capire quale fosse il parametro più predittivo di successo o insuccesso dell’estrazione con la ventosa. Lo studio ha dimostrato che il parametro più importante è la distanza testa (del bambino) – perineo (della madre); quando in un feto con occipite posteriore, questa misurazione è inferiore a 3,5 cm, il parto operativo con ventosa è sicuro e fattibile, perché il tasso di fallimento è vicino allo zero. I risultati di questo lavoro potranno essere di guida a tutti i medici che nelle sale parto del mondo eseguono parti operativi vaginali con ventosa sui feti in occipite posteriore”.

Non è necessario ricorrere sempre al taglio cesareo. “L’ostetricia negli ultimi anni – ricorda il professor Ghi – ha ricevuto un impulso a recuperare la naturalità del parto e a ricorrere al taglio cesareo solo quando c’è un’indicazione clinica mandatoria. Per anni si è ritenuto che il taglio cesareo fosse una scorciatoia per ridurre il rischio di eventi sfavorevoli in sala parto. Ma poi abbiamo capito che questo eccesso di tagli cesarei procura alle donne problemi nelle gravidanze successive (in particolare le anomalie della localizzazione della placenta), per le aderenze che si formano a livello addominale; mentre i bimbi che nascono col taglio cesareo hanno un adattamento alla nascita più difficoltoso, maggior rischio di malattie autoimmuni e di asma. Oggi abbiamo tanti strumenti, tra cui anche l’ecografia trans-perineale, che possono consentirci di selezionare meglio i casi in cui il parto può avvenire per vie naturali (sia spontaneamente, che con l’ausilio della ventosa), rispetto a quelli in cui c’è l’indicazione al taglio cesareo (che in un contesto virtuoso non dovrebbe essere superiore al 20% di tutti i parti, mentre la media italiana è intorno al 32%)”.

Un training ad hoc per imparare l’ecografia trans-perineale. “Questa forma di ecografia – conclude il professor Ghi – per essere una valida guida deve essere effettuata da mani esperte, è necessario cioè un training appropriato. Al Policlinico Gemelli è stato donato uno speciale simulatore (che il professor Ghi ha tra l’altro contribuito a sviluppare) sul quale tutto il personale medico di sala parto, gli specializzandi e le ostetriche si addestrano. Attraverso l’ecografia trans-perineale potremo sempre più scegliere per ogni singola paziente la modalità di assistenza al parto che meglio si attaglia alle sue peculiari caratteristiche, in un’ottica di medicina personalizzata”.

Maria Rita Montebelli

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