Cuore, fumo zero, peso in ordine, intervista a Filippo Crea su Radio Vaticana. Giornata mondiale per il cuore, domenica 29 settembre.
Questa settimana su Radio Vaticana Italia, Effetti Collaterali, la rubrica settimanale realizzata in collaborazione con i medici della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, in onda tutti i giovedì alle ore 12.15 (e in replica lo stesso giorno alle ore 17.05 e la domenica alle ore 15.00), si parla di cuore, Eliana Astorri, conduce la trasmissione e intervista Filippo Crea, direttore del Dipartimento di Scienze Cardiovascolari e toraciche della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e ordinario di cardiologia della Cattolica.
Domenica 29 settembre, Giornata Mondiale dedicata alle malattie cardio-cerebro vascolari, responsabili, ogni anno di milioni di morti premature. “Negli Usa e in Europa occidentale si osserva, un po’ dappertutto, una riduzione del numero di fumatori – dice il professore Filippo Crea, - però, questo è controbilanciato da un aumento dell’obesità. Si fuma di meno e si mangia di più. Questo non è sorprendente perché di qualche gratificazione il nostro cervello ne ha bisogno. C’è una zona del cervello che deve essere ‘accarezzata’ da qualcosa, sennò ci deprimiamo. Se non è il fumo, finisce per essere il cibo. Il nostro cervello, purtroppo, è predisposto a queste piccole debolezze, però, ovviamente, abbiamo una volontà e dobbiamo esercitarla. Quindi, se vogliamo una vita lunga e felice: fumo zero e peso in ordine”. Il professor Crea fa notare che fra i giovanissimi c’è una ripresa del fumo e a proposito delle sigarette elettroniche afferma: “Stiamo imparando a conoscere che sono pericolose, quanto quelle tradizionali. Il rischio che già è emerso è quello di eventi avversi e acuti, soprattutto, a livello polmonare. E oltre al rischio acuto, c’è anche quello cronico e quello si identifica dopo anni di esposizione al danno. Per le sigarette tradizionali questo rischio è ben noto. Quelle elettroniche vengono utilizzate solo da pochi anni, quindi, questo rischio cronico potremo valutarlo fra dieci-venti anni”.
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