Effetti Collaterali, a Radio Vaticana si parla di Interceptor Project, per la diagnosi precoce della malattia di Alzheimer
Intervista a Paolo Maria Rossini, direttore dell'Area di Neuroscienze della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS
Il 25 aprile su Radio Vaticana Italia, Effetti Collaterali, la rubrica settimanale realizzata in collaborazione con i medici della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, in onda tutti i giovedì alle ore 12.15 (e in replica lo stesso giorno alle ore 17.05 e la domenica alle ore 15.00), si è parlato di Interceptor Project, per la diagnosi precoce della malattia di Alzheimer
Eliana Astorri che conduce la trasmissione ha intervistato il professor Paolo Maria Rossini, direttore dell’Area di Neuroscienze della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS.
Interceptor Project, per la diagnosi precoce della malattia di Alzheimer
E’ stato avviato uno studio sulla popolazione a rischio Alzheimer, promosso dal Ministero della Salute, Aifa (l’Agenzia Italiana del Farmaco) in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità e Aima (Associazione Italiana malattia di Alzheimer). Si chiama “Interceptor Project”, uno studio che valuterà 6 marcatori per possano ‘avvertire’ quando il disturbo cognitivo si sta trasformando in Alzheimer. “E’ un progetto di ricerca - riferisce il professor Paolo Maria Rossini, direttore dell’Area di Neuroscienze della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS - ma soprattutto di sanità pubblica, voluto fortemente dalle associazioni dei malati perché il problema di una diagnosi precoce è un problema molto sentito e ancora oggi abbiamo un ritardo di circa 18 mesi. Tra l’esordio dei primi sintomi e la diagnosi vera e propria, ed è un ritardo inaccettabile, perché comporta tutta una serie di ritardi a loro volta nella correzione, ad esempio, di cose sbagliate nello stile di vita, quale obesità, sedentarietà, nella correzione e il controllo di una serie di parametri clinici e medici come la pressione arteriosa, il diabete, la funzionalità tiroidea. Sono tutti parametri, tutti fattori di rischio che già oggi possono portare ad un ammorbidimento, ad una minore aggressività della malattia che si sta per esprimere. Il Progetto Interceptor si rivolge ad una popolazione di persone con disturbo cognitivo minimo che hanno, quindi, ai test neurologici, un solo dominio cognitivo alterato o anche di più ma ad un livello minimo che non impatta nella loro autonomia e capacità del vivere sociale, affettivo. E’ una popolazione molto numerosa perché in Italia ne contiamo oggi circa 800mila, ed è un serbatoio da cui derivano i futuri casi di demenza e, in particolare, di demenza di Alzheimer, perché la metà di queste persone, nell’arco di circa 3 anni, si ammaleranno di demenza, mentre l’altra metà non si ammalerà mai. Quindi, il dilemma, il rebus – prosegue il professor Rossini – sta proprio nel riuscire ad identificare il più precocemente possibile quali sono le persone all’interno di questo enorme serbatoio che si ammaleranno in modo da concentrare su di esse le risorse per una prevenzione, per una diagnosi precoce, per un intervento, farmacologico e non farmacologico, il più rapido possibile”.