Giornata Mondiale dell’Aids: la gestione efficace della malattia
I giovani si caratterizzano ancora per essere i soggetti più colpiti.
Il punto con Roberto Cauda, Ordinario di Malattie Infettive all'Università Cattolica, campus di Roma e Direttore dell'UOC di Malattie Infettive del Gemelli
L’elemento di maggiore novità che caratterizza la giornata mondiale dell’AIDS 2019 è rappresentato in Italia dalla riduzione del numero di soggetti contagiati da HIV segnalati dall’ Istituto Superiore di Sanità , con una diminuzione del 20% rispetto al 2017. Questa è senz’altro una notizia positiva che però non deve minimamente far abbassare la guardia e distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica su questa infezione/malattia. I giovani si caratterizzano ancora per essere i soggetti più colpiti, specie nella fascia di età tra 25 e 29 anni. Purtroppo, è ancora elevato il numero di persone che giungono all’osservazione dei sanitari già in fase di malattia conclamata, vale a dire affetti da una condizione clinica compatibile con AIDS. Questo indica, da un lato, la scarsa informazione da parte di alcune categorie di soggetti sui rischi connessi a questa infezione e, nel contempo, sottolinea l’importanza di raggiungere un numero sempre maggiore di persone per offrire loro il test per identificare la presenza o meno dell’infezione. Infatti, la precocità dell’identificazione dei soggetti infettati ha il duplice effetto di diminuire l’incidenza delle forme più gravi di malattia e, al tempo stesso, in un’ottica di sanità pubblica, ridurre la diffusione dell’infezione. Pertanto, la giornata mondiale dell’AIDS 2019, deve essere l’occasione da parte di tutti i soggetti coinvolti: istituzioni, operatori sanitari, associazione di pazienti per promuovere due iniziative fondamentali di prevenzione, vale a dire l’offerta del test per precocemente identificare i soggetti infettati e l’inizio precoce delle terapie per ridurre la diffusione del virus. Un altro elemento importante dal punto di vista epidemiologico è la possibilità di somministrare in maniera preventiva ai soggetti esposti non infettati, farmaci anti HIV che riducono il rischio di contagio. Per quanto attiene le terapie anti HIV, queste, rispetto al passato, sono più efficaci ed anche molto ben tollerate e facili da assumere. Le associazioni di farmaci presenti in un’unica compressa assunta una volta al giorno, le semplificazioni terapeutiche che riducono il numero di farmaci (la dual therapy) e, a brevissimo, l’introduzione di farmaci iniettabili di lunga durata (un mese) rappresentano i capisaldi della moderna terapia anti HIV, che permettono oggi di controllare in maniera efficace l’infezione, anche se -è bene ricordarlo- il trattamento dura per tutta la vita. A questo proposito ricordo che presso l’Unità Operativa di Malattie Infettive della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS vengono attuate le più moderne terapie secondo le linee guida nazionali ed internazionali ed inoltre sono in corso trial clinici che utilizzano schemi terapeutici con farmaci di più recente introduzione. Non è peraltro tramontato l’obbiettivo ambizioso della c.d. “cura funzionale”, cioè poter disporre di combinazioni terapeutiche che consentano un controllo così efficace del virus da permettere la sospensione dei farmaci senza che ciò determini la ripresa dell’infezione. I successi raggiunti in questo settore dalla ricerca scientifica, fanno ben sperare che questo traguardo, pur non essendo dietro l’angolo, possa essere, forse non in tempi brevi, raggiunto. Un ulteriore elemento che in una giornata come questa è bene sottolineare, è rappresentato dalla situazione epidemiologica e clinica di questa infezione/malattia nei paesi a risorse limitate. Rispetto al passato, anche grazie agli sforzi della comunità internazionale, sempre più persone che vivono in questi paesi hanno avuto la possibilità di accedere a terapie efficaci. Questo ha permesso che in diversi paesi, ad esempio dell’Africa sub-sahariana, si sia raggiunto l’obiettivo di identificare un numero considerevole di soggetti HIV positivi e di trattarli con il conseguente efficace controllo dell’infezione: il cosiddetto obiettivo “90-90-90” dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
A questo proposito, mi fa piacere ricordare in questa giornata, tra i vari progetti realizzati nei paesi a risorse limitate dall’Ateneo e dalla Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS, quello in corso presso il Comboni Center a Gulu, Nord dell’Uganda, sponsorizzato sia dalla Conferenza Episcopale Italiana che dalla nostra Università, che ha come obiettivo la prevenzione dell’infezione da HIV nelle donne, come popolazione fragile ed a particolare rischio di acquisizione dell’infezione. Anche se il progetto è tuttora in corso ed è in una fase iniziale, il considerevole numero di donne arruolate e l’interesse da loro mostrato nell’essere parte attiva dello stesso, ci inducono a ritenere che i risultati, in termini di sanità pubblica, saranno sicuramente interessanti e potranno rappresentare un modello di intervento di prevenzione di HIV nella popolazione femminile africana.
Concludo questa mia breve riflessione sulla giornata mondiale dell’AIDS 2019 augurandomi che l’interesse per questa tematica, così rilevante per numero di soggetti colpiti e per vastità di diffusione, rimanga vivo nell’opinione pubblica e negli addetti ai lavori anche oltre questa giornata