Arriva il farmaco che apre concrete speranze per i malati di fibrosi polmonare idiopatica
Un nuovo farmaco testato al Gemelli offre concrete speranze ai malati di fibrosi polmonare idiopatica, una grave malattia respiratoria dalle cause tuttora sconosciute, la fibrosi polmonare idiopatica. Si tratta della pentraxina-2 ricombinante i cui test clinici stanno dando risultati di grande interesse contro una patologia rara eppure dalla diffusione destinata ad aumentare, complice l’invecchiamento della popolazione.
La sperimentazione è coordinata dal prof. Luca Richeldi, Ordinario di Malattie dell’Apparato Respiratorio dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Pneumologia della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS. Ha coinvolto oltre 100 pazienti e i risultati ottenuti sono stati pubblicati sulla rivista “JAMA”, come parte di uno studio multicentrico di portata mondiale. Al Gemelli è attivo un Centro di riferimento regionale per le fibrosi polmonari che segue circa 300 pazienti con queste patologie respiratorie.
Le persone affette da fibrosi polmonare idiopatica subiscono la progressiva perdita della funzione respiratoria, che conduce alla morte generalmente per insufficienza respiratoria in media dai 3 ai 5 anni dopo la diagnosi. Purtroppo solo circa il 30% dei pazienti sopravvive 5 anni dopo la diagnosi, una prognosi peggiore della maggior parte delle patologie oncologiche. Si calcola che in Italia circa 5.000 nuovi casi di malattia siano diagnosticati ogni anno. Gli uomini sono i più colpiti, soprattutto in età oltre i 70 anni. Anche se la causa della fibrosi polmonare idiopatica resta sconosciuta, sono individuati come fattori di rischio il fumo di sigaretta, il reflusso gastroesofageo, virus respiratori ed esposizioni a inquinanti ambientali. In alcuni casi esiste una familiarità e circa il 30% del rischio di ammalarsi è su base genetica. I sintomi principali sono la fatica a respirare (soprattutto a seguito di sforzi fisici) e la tosse secca. Il sospetto diagnostico viene posto in genere sulla base di un esame Tac ad alta risoluzione del torace. I?farmaci oggi disponibili sono due (nintedanib e pirfenidone): entrambi fanno sì che la funzione polmonare venga persa più lentamente.
La pentraxina-2 ricombinante, il nuovo farmaco la cui sicurezza ed effiicacia sono oggetto dello studio di fase 2, somministrata per via endovenosa ogni 4 settimane per 6 mesi in 117 pazienti e confrontata con il placebo, ha ridotto significativamente il tasso di progressione della malattia, riducendo la perdita di funzione polmonare. Inoltre, i pazienti trattati con pentraxina-2 hanno mantenuto invariata la propria capacità di esercizio fisico, misurata con i metri percorsi durante il test del cammino in 6 minuti, mentre i pazienti del gruppo placebo hanno in media camminato 30 metri in meno. Il farmaco è stato ben tollerato dai pazienti inclusi nello studio. Questi risultati molto probabilmente saranno la base di un ulteriore studio di fase 3, in cui la pentraxina-2 sarà valutata in combinazione con i farmaci già esistenti per valutarne l’eventuale beneficio aggiuntivo.
“Si auspica che la fine delle sperimentazioni sarà tra meno di un paio di anni”, conclude il prof. Richeldi, sottolineando che “la fibrosi presenta un meccanismo di malattia comune a molte malattie che colpiscono praticamente tutti gli organi oltre al polmone, tra cui cuore, fegato, rene e cute. Si valuta che la fibrosi sia il meccanismo causale responsabile di circa un terzo di tutte le morti a livello mondiale. Quindi la scoperta di questo nuovo farmaco potrebbe aprire a nuove possibilità di cura anche per molte altre malattie caratterizzate dalla fibrosi come meccanismo di malattia”.
“Questo studio - sottolinea il prof. Filippo Crea, Ordinario di Cardiologia all’Università Cattolica e Direttore del Dipartimento di Scienze cardiovascolari della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS - aggiunge un nuovo importante tassello alla cura della fibrosi polmonare, malattia incurabile fino a pochi anni fa. È auspicabile che le conoscenze accumulate in questi ultimi anni nello studio della fibrosi polmonare possano ispirare nuovi approcci terapeutici anche nella cura di malattie di altri organi in cui sta emergendo un importante ruolo della fibrosi, a cominciare dallo scompenso cardiaco, pandemia in rapida espansione”.